- 20 Maggio 2004
Per Piero Fassino è un mascalzone. Per i comunisti italiani è il numero due, dopo Oliviero Diliberto. Per i vecchi amici è Yul, a causa della sua testa pelata come Yul Brinner. Maria Laura Rodotà, quelli con la testa lucida come lui (Velardi, Rondolino, Minniti, La Torre) li chiamava Lothar. Sull’onda, la pelata era diventata trendy e si era diffusa, ma Marco Rizzo, 43 anni, rivendica la primogenitura. «Mi sono rasato a zero 22 anni fa al campeggio». Ma non era un look da fascista? «Un po’. Una volta dei compagni che non mi conoscevano, a una manifestazione, mi volevano picchiare. Erano gli anni Settanta. Io ero del Movimento studentesco torinese».
A Torino c’era anche Fassino.
«Era buffissimo. La sua testa, nei cortei, si vedeva da lontano. Gli facevamo sempre uno scherzo cattivissimo. Ma non posso raccontarlo».
Poi alla fine lo racconti.
«C’era uno, con una voce poderosissima, che urlava “Fassinoooooo!”. Fortissimo. A quel punto la sua testa, che sovrastava i ragazzini della Fgci, si voltava e un coro di 10 mila persone urlava: “Lungo e cretino!”. Ci cascava sempre».
Con Fassino non vi siete mai presi.
«Ha detto che sono un mascalzone».
Tu gli avevi aizzato contro i disobbedienti.
«Ma non è vero. Avevo criticato il fatto che fosse andato a una manifestazione al Campidoglio insieme a Bondi».
È stato aggredito nel corteo pacifista. Nerio Nesi si è perfino dimesso dal tuo partito a causa di questo incidente.
«Nerio è un amico. Ma in questa storia ha proprio sbagliato tutto».
Stai a vedere che la colpa è di Fassino.
«Certo. È entrato nel corteo a testa bassa, in coda, accanto a quelli che volevano contestarlo. L’incidente se lo è cercato».
Fassino è la tua bestia nera.
«Quando gli servi ti saluta con affetto. Quando non gli servi fa finta di non vederti».
Antipatico?
«Mai come Bertinotti. Per Bertinotti provo un’antipatia totale, politica ed umana. Fassino, poveraccio, non merita…»
Poveraccio?
«Dire poveraccio lo fa incazzare di più?».
Penso proprio di sì.
«Non ho astio verso Fassino. Con il fisico che ha, non mi procura rabbia».
Hai mai fatto a botte?
«Da piccolo tante volte».
E scontri alle manifestazioni?
«Noi degli istituti tecnici contavamo poco. Eravamo considerati carne da macello per gli scontri di piazza. Ci mettevano sempre in testa ai cortei. Dietro c’erano i liceali con le belle ragazze che gli spremevano i limoni per i lacrimogeni».
A voi non vi spremevano i limoni.
«A noi non spremeva niente nessuno. Con quelli dei licei c’era conflittualità anche ideologica. Noi, studenti proletari, loro, borghesi privilegiati».
Belle contraddizioni.
«Abbiamo fatto anche dei documenti contro i liceali. Dicevamo: siete dei figli di papà che dopo un po’ si piazzano bene».
Ne ricordi qualcuno?
«Gianni Vernetti. Era di Lotta Continua. Adesso è deputato».
Anche tu adesso sei deputato.
«Ma lui è della Margherita. È andato prima con i Verdi, poi con Adornato. Me lo sono ritrovato a Montecitorio che leggeva il Popolo. Non ho resistito: “Gianni, avresti mai immaginato di finire a leggere il Popolo a Montecitorio?”. È stato allo scherzo. Ha detto: “Sono sempre stato anticomunista!”».
Tu invece alla fine ti sei iscritto al Pci.
«Ma sempre in contrasto con la linea ortodossa. Ricordo, nel 1984, un mio intervento molto duro contro Diego Novelli. Lo feci nero. Quando nacque Rifondazione io divenni il primo segretario a Torino. Alle prime elezioni, a Torino, battemmo pure i Ds, 14,5 per cento contro 13,8».
Anche a te gli scioperi danno gioia, come al compagno Bertinotti?
«Bertinotti non ama gli operai. L’operaio che fa sciopero non gode, soffre. Bertinotti è estremista e subalterno allo stesso tempo. Non vede l’ora di rompere qualsiasi trattativa. Ma se io andassi in guerra non vorrei mai un generale come lui. È uno che scappa».
È vero che i calvi piacciono alle donne?
«Dipende dalla testa. Se ce l’hai bislunga no. Io ce l’ho regolare».
Voi Lothar sembrate tutti uguali.
«Uguali? Forse somiglio a Minniti. Ogni tanto mi scambiano per lui. Ma lui è piccolo e mingherlino».
E gli altri?
«Rondolino è un flaccido, Velardi è un cicciotto. E anche un po’ tracagnotto, non ha collo, ha la testa incassata sul tronco. L’unico decente è La Torre».
Ti piacciono?
«Di Velardi ho una pessima opinione».
Che cosa ha fatto?
«Non puoi stare nello staff del primo presidente del Consiglio post comunista e poi organizzare le campagne per candidati di destra».
Voltagabbana?
«Voltagabbana».
Per ambizione?
«La passione politica non esiste più».
E Bertinotti ha passione politica?
«Bertinotti ha una passione assolutamente autocentrata e narcisa. È l’esatto contrario di quello che appare».
Sei invidioso perché è sempre in tv?
«Soprattutto in quella di Berlusconi. Nell’ultima campagna elettorale era al quinto posto per minutaggio sulle reti Mediaset, primo del centro-sinistra. Il secondo del centrosinistra era al 20° posto».
Tu hai fama di sciupafemmine. Pino Pisicchio racconta che durante le trattative per le candidature dell’Ulivo pensavi soprattutto alle donne. Hai detto: «Ma qui non si scopa mai?».
«Non è così. Le trattative erano interminabili. Quindici giorni senza interruzioni, mangiando panini. Un giorno scoppiai: “Ma nessuno qui ha voglia di tornare a casa e di farsi una scopata?”».
Quindici giorni di seguito?
«Ogni tanto ci interrompevamo e dormivamo su una poltrona. Una tortura. Continui battibecchi. Il responsabile dei Verdi era un tal Pieroni, antipaticissimo, che faceva il leccapiedi con i Ds. Un giorno per dispetto finsi di inciampare e gli versai una bottiglia di Coca Cola addosso».
Sei vanitoso.
«No. Sono caparbio, determinato, anche un po’ figlio di puttana».
Le gente dice che sei un piacione alla Rutelli.
«Non voglio essere paragonato a Rutelli. Io mi vedo in canottiera con belle macchie di sugo davanti».
Sei più bello tu o Bertinotti?
«Io. Più bello dentro di sicuro».
E fuori?
«Bellezze diverse».
Più bello tu o Diliberto?
«Siamo complementari. Lui affascina gli intellettuali, è colto, pacato. Io sono passionale, figlio di operai. C’è un patto tra di noi, lui fa il numero uno e io sto dietro di lui. Non tanto dietro, ma dietro».
Prima o poi gli farai le scarpe.
«No. Io non voglio fare il numero venti. Ma il due lo faccio serenamente. Mi basta stare nella torre di comando».
Chi è la più bella del Parlamento?
«Sono poche le belle. La Prestigiacomo sembra Olivia, coscia, ginocchio e caviglia uguali. La Melandri è vanitosa e ha le caviglie grosse. La Matranga poteva essere una bella donna. Ma una volta».
Che ne dici della polemica sul terzismo? Tu sei terzista?
«No. Io sono un uomo di parte».
Anche il terzista è uomo di parte. Ma riconosce i torti della sua parte e le ragioni degli avversari.
«Io no. Sono disposto a riconoscere le doti umane. Ma quelli che stanno dall’altra parte sono avversari, spesso nemici».
Che senso ha definirsi comunisti oggi?
«È una domanda seria. Le proposte che facciamo noi quotidianamente potrebbe farle un socialdemocratico. Diciamo cose di buon senso. Non chiediamo i soviet».
Allora perché sei comunista?
«Perché vorrei, per i figli dei nostri figli, una società dove il denaro non sia l’unico elemento che informa i rapporti individuali e sociali».
Il comunismo ha perso.
«L’uomo è egoista e ha sconfitto il comunismo. Ma un elemento regolatore ci vuole. Negli anni Ottanta negli Stati Uniti un top manager guadagnava 30 mila volte di più del salario minimo. Adesso il rapporto è uno a 600 mila».
Salari uguali per tutti?
«No. Ma se tu sei il più bravo giornalista d’Italia e io lo spazzino più sfigato, accontentati di guadagnare dieci volte più di me, non seicentomila volte più di me».
Un comunista vero dovrebbe dire: a ognuno secondo i bisogni.
«Anche Marx, oggi, aggiornerebbe le sue idee».
La differenza fra un comunista come Rizzo e un comunista come Bertinotti?
«Bertinotti non è comunista».
Prendiamo un rifondarolo qualunque.
«Il comunista italiano porta un fardello più pesante. Cerca di fare avanzare anche di poco la condizione reale di quelli che vuole difendere. Il rifondarolo non si sporca le mani. Preferisce l’opposizione, più semplice e più divertente».
I difetti di Cossutta e di Diliberto?
«Cossutta ha un complesso di inferiorità verso gli intellettuali. Per esempio ha sempre patito Ingrao. Il difetto di Oliviero è un certo ritardo di reazione, una nonchalance che può diventare pigrizia».
Chi ti piace a destra?
«Non mi viene in mente nessuno».
Alla sinistra piace Casini.
«Casini è pericoloso: porta i voti dall’altra parte. E frega Prodi. Sai che governo mi piacerebbe? Un governo sincero, senza le facce presentabili. Con Bondi, Schifani, Vito, La Russa, Previti, Gasparri, Bossi, Borghezio. I peggiori. Non bisogna farsi incantare da Casini e Follini perché sono proprio loro che ci infinocchiano».
Gioco della torre. Melandri o Prestigiacomo?
«Prestigiacomo. Ma solo perché sta dall’altra parte».
La Melandri?
«È finta. A Ballarò ha fatto fare una figurona a Letizia Moratti. Non era preparata e non sapeva che cosa dire. Ha azzerato tre anni di lotte. La Melandri è un Bertinotti donna».
Costanzo o Vespa?
«Butto Costanzo, perché è subcultura che devasta. La subcultura berlusconiana».
E Vespa?
«È un bravo professionista fazioso».
Lui dice di essere imparziale.
«Quelli della destra li fa parlare. Se cerchi di ribattere lui ti fa un’altra domanda. Se torni sull’argomento ti interrompe. Fa incursioni verbali studiatissime e conduce con grande maestria. Se ha dieci ospiti, sette sono di destra e tre di sinistra».
Tratta bene anche D’Alema.
«Ti credo. Con D’Alema premier Vespa è passato da una a quattro serate».
Socci o Floris?
«Socci è un militante di destra che fa fare una pessima figura alla destra e anche a se stesso».
Adornato o Bondi?
«Adornato è un poveraccio. Bondi è tutto ciò che io odio: l’adulazione, il voltar gabbana, l’arroganza. È uno che potrebbe condannarti a morte. Da ragazzino cantava Bandiera Rossa. Poi è stato sindaco comunista. Una volta da Socci gli ho mostrato una foto di dieci anni fa: era con la bandiera rossa dietro a uno striscione del Pci. È rimasto annichilito».
Giorgino o Marzullo?
«Marzullo è talmente barocco che forse è autentico. Butto Giorgino. È antipatico e raccomandato».
D’Alema o Fassino?
«Butto giù Fassino. D’Alema, nonostante le sue malefatte, non si è mai pentito di essere stato nel Pci».
Quali malefatte?
«Non ha impedito lo scioglimento del Pci, ha fatto la Bicamerale e ha stretto il patto di ferro con Bertinotti contro Cofferati».
Parliamone.
«Cofferati ha portato tre milioni e mezzo di persone in piazza. In quel momento valeva il 25 per cento dei voti. Per D’Alema e Bertinotti è stato un tale trauma che hanno deciso di schiantarlo. E lui ha dimostrato di essere un codardo».
Il patto di ferro sarebbe: toglietemi di mezzo Cofferati e io sto con voi alle prossime politiche.
«Grosso modo».
Guardala in positivo: è tranquillizzante. Vincete le prossime elezioni.
«Certo. Ma è molto meno tranquillizzante dal punto di vista della vita quotidiana di quelli che vogliamo rappresentare».
Nel frattempo tu stai nella stessa coalizione di Mastella e Cirino Pomicino.
«Pur di battere Berlusconi sto anche con Mastella. Ma non c’è nulla che mi unisca a lui. Il suo pensiero ha l’elasticità di una mozzarella. Hai visto i suoi occhi?».
Che hanno i suoi occhi?
«Sembrano trapiantati. Quando ti parla hai la sensazione che gli occhi non siano i suoi, che siano azionati da un telecomando gestito da un altro».
E Pomicino?
«Pomicino no, è troppo. Sulla questione morale non si transige».
E come si risolve questo problema?
«Farò di tutto, alle prossime politiche, perché Pomicino non sia candidato».
E se te lo trovassi nel tuo collegio?
«Non voterei per la mia coalizione».
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