- 9 Gennaio 1990
ROMA – Tra le tante vittime delle esternazioni del presidente della Repubblica occupa un buon posto Stefano Rodotà, presidente del Pds. Rodotà più di una volta ha criticato Francesco Cossiga. Lo ha fatto quando Cossiga se la prese con Orlando e con Pintacuda, poi dopo il messaggio alle Camere sulle riforme istituzionali. Ogni volta il presidente della Repubblica ha replicato pesantemente mettendo sempre in risalto le origini "borghesi" del presidente di un partito che fu "operaio". A Rodotà il "Secolo XIX" ha chiesto di chiarire i suoi rapporti con Cossiga, le polemiche, e la sua opinione sulla frenetica attività di "esternazione" del presidente della Repubblica.
– Come spiega Rodotà questo finale di settennato così turbolento?
"E’una vicenda molto interna al mondo della Dc che si può capire solo analizzando quello che è stata la Dc degli anni passati. Io ho trovato molto rivelatrice una frase recente di Cossiga: "Ho dovuto uscire allo scoperto perché nessuno mi difendeva e ho dovuto difendermi da solo". E’ probabile che qualcosa si sia spezzato nel meccanismo democristiano. In che cosa non veniva difeso Cossiga? Gladio, P2 che non a caso sono i temi che ritornano ossessivamente? Forse Cossiga si è sentito il Moro degli anni Novanta, pronto per essere sacrificato perché aveva avuto parte – magari minore – in vicende che altri avevano gestito. Può darsi che per questo motivo abbia maturato una straordinaria avversione verso il suo partito e sia sceso in guerra usando la carica che ha".
– Questa interpretazione in un certo senso giustifica Cossiga…
"La guerriglia che Cossiga ha ingaggiato ha cambiato completamente faccia alla istituzione "presidente della Repubblica" che ha finito per essere immersa nelle polemiche interne di un partito. Il problema è se un presidente della Repubblica che ritenga di trovarsi nella situazione in cui Cossiga dice di essersi trovato possa usare la sua carica per fare un regolamento di conti. Chiunque si fosse trovato al posto suo avrebbe dovuto tacere oppure lasciare quella carica per potersi difendere con la massima libertà".
– Comunque lei parla di un Cossiga che si difende. Mentre l’impressione che si ha è di un Cossiga perennemente all’attacco…
"No, lui comincia quando ha la sensazione di essere mollato e quindi è costretto a passare alla lotta aperta per bloccare quello che lui vede come un complotto…"
– Il famoso complotto del Pds per fargli dare le dimissioni?
"Sì. Ma se complotto c’è stato, è stato in casa sua. Comunque c’è anche un altro problema".
– E cioè?
"Se la via seguita, quella di avere delle assoluzioni autoritative, come quella che si è avuta finora su Gladio, sia la più corretta. Noi non conosciamo carte essenziali per stabilire se Gladio fosse o no legittima. Per ora stiamo alla parola di alcuni protagonisti e a un parere dato dall’avvocatura dello Stato su un testo che non conosciamo. Un paradosso: dice che quello è legale ma non mi fa vedere l’oggetto della valutazione".
– Dopo Cossiga è più difficile pensare ad una riforma in senso presidenziale?
"Ne sono convinto. Anche da prima dell’accellerazione delle esternazioni che c’è stata in agosto, avevo scritto che l’argomento più forte contro la Repubblica presidenziale era la prassi inaugurata da Cossiga. Oggi parlare di Repubblica presidenziale, anche nell’ipotesi socialista in cui il presidente rimane quello che è oggi, ma eletto direttamente, è una ipotesi non più proponibile. Oggi semmai abbiamo il problema contrario: ridefinire il suo ruolo e la sua posizione. Il presidente della Repubblica chiede ed ottiene di parlare in tv a reti unificate per intervenire nella lotta politica: una scelta di questo genere altera la parità delle armi. A questo punto chi ha ruoli e responsabilità, all’interno di questo sistema, a cominciare da un parlamentare, ha il problema se questo deve diventare un sistema monocorde oppure un sistema nel quale il pluralismo si esprime anche nella possibilità di armi, non dico perfettamente pari, ma certamente non di uno squilibrio così spaventoso. E se il presidente coperto dalla sua "irresponsabilità" si mette a parlare di un cittadino qualunque? Sul tappeto, per il legislatore, ci sono moltissimi problemi per ridefinire la sua figura".
– Non è un problema che si potrebbe affidare alla "misura" del suo successore?
"Certamente. Si diceva anche con Pertini. Infatti, in tutta la prima parte della presidenza Cossiga non condividevo del tutto la critica al suo grigiore, Trovavo comprensibile che dopo la presidenza pirotecnica di Pertini Cossiga fosse intenzionato a restituire un modello più discreto di presidente. E comunque io stesso, all’inizio, ho criticato Cossiga perché non faceva abbastanza uso delle sue prerogative. Oggi però siamo sicuramente in una situazione che è andata così oltre la stessa ipotesi Pertini che pensare all’aggiustamento spontaneo attraverso la personalità non mi pare possibile. Dobbiamo pensare seriamente alla ridefinizione della figura".
– I candidati li conosciamo: Spadolini, Andreotti, Craxi, Forlani. Questi quattro danno garanzie?
"Non voglio più giurare sulle persone dopo avere clamorosamente sbagliato su Cossiga. Oggi non dà garanzie nessuno da questo punto di vista. L’apparizione televisiva: si può pensare ad una vera discrezione del presidente della Repubblica dopo che si sono accumulati prima il messaggio di fine anno, poi il messaggio agli studenti, poi l’intervento in qualsiasi occasione ritenesse opportuno? Il suo successore forse farà uso più discreto della televisione, ma il problema di fondo rimane sia che parli 200 volte in un anno sia che parli 15. Quest’anno grazie alla televisione è stato creato un soggetto politico molto forte, il soggetto politico Cossiga e anche a suo modo una linea istituzionale, molto molto alternativa, e qualcuno ha detto eversiva".
– Anche il Tg3 ha dato il suo contributo…
"Qui non c’è solo il problema di chi dice: io faccio le mie scelte giornalistiche. Facendo certe scelte giornalistiche, si favorisce la creazione di una posizione politica. Le telefonate mattutine dei direttori dei Gr non erano dirette imparzialmente a tutto il mondo toccato politicamente da Cossiga. Anche l’intervista del direttore del Tg3 Curzi va vista in questa prospettiva".
– Ma appunto si dice che sono scelte giornalistiche…
"Certamente. Ma io non sono mai stato invitato da un Tg o un Gr pubblico a dare una risposta "in voce" alle accuse che Cossiga mi aveva rivolto. C’è un problema di uso democratico dei mezzi di informazione che in queste occasioni è stato gravemente violato. E’ curioso che Cossiga abbia posto la stessa questione che ho posto io quando si è trovato in difficoltà nel caso Vespa".
– Quindi anche Curzi ha sbagliato, secondo lei?
"Queste sono scelte che lui ha fatto. Se lui avesse fatto l’intervista al presidente della Repubblica che gli dava questa possibilità, benissimo. Ma oggi l’intervista a Cossiga ha un significato molto particolare, cioè continuare a dare unilaterlamente voce alla sua posizione".
– Come è cominciata la sua polemica con Cossiga?
"Io ho fatto delle critiche a Cossiga ma che riguardavano comportamenti istituzionali. Mi sono sempre ben guardato dall’attaccare Cossiga su vicende personali o private. Una critica netta ci fu dopo l’attacco di Cossiga ad Orlando e Pintacuda. Con alcuni miei amici giuristi scrivemmo che questo tipo di attacco non era tra le prerogative del presidente della Repubblica. Da quel momento sono cominciati attacchi personali, che si sono acuiti dopo la mia elezione alla presidenza del Pds".
-Lei aveva rapporti personali con Cossiga?
"Si, ottimi, ci davamo del tu. Quando io ero presidente del gruppo della sinistra indipendente e ci furono le elezioni presidenziali, io feci nel gruppo un’operazione assolutamente garantista a favore di Cossiga. Qualcuno disse che bisognava discutere sull’opportunità di votare Cossiga per i suoi rapporti con i servizi segreti. Io risposi che bisognava portare dei fatti concreti. Cossiga per il ruolo che ebbi allora mi fu molto grato".
– Il Pds fu il primo a dire che Cossiga stava esagerando…
"Fu Dp, per prima, a chiedere ufficialmente l’impeachment. Poi in parecchie occasioni Occhetto disse che Cossiga si era posto al di là dei suoi limiti. Ma il primo ad usare questa espressione è stato Craxi. Quando Cossiga da Londra fece quella specie di legittimazione del Pci che stava cambiando, Craxi disse: attenzione il presidente sta andando al di là di quelli che sono i poteri e le funzioni che gli sono attribuiti dalla Costituzione. E anche Martelli ogni tanto, durante la polemica sulla grazia a Curcio ha detto qualcosa del genere. Oggi sono i democristiani a dire che Cossiga è andato oltre. Queste reazioni dimostrano che le preoccupazioni destate da Cossiga non sono state la fantasia di singole persone. Variamente, in momenti diversi, partiti diversi hanno detto la stessa cosa".
– Cossiga però parla di un complotto…
"Crederci vuol dire dare corpo a preoccupazioni e fantasmi. Resta il fatto che da tanto tempo si nota una insofferenza nei suoi confronti in ambienti democristiani.
– La gente però è clamorosamente con Cossiga…
"Questo è un fatto che va verificato. Quando lui dice che ha scelto di parlar semplice e di parlar comune, il confine col parlar banale può essere superato molto facilmente. In ogni caso la tv non ha proposto alla gente la dialettica ma solo la parola e la versione di Cossiga".
– Che cosa pensa dell’atteggiamento di Cossiga su Gladio e P2?
"Se non aveva nulla da nascondere, doveva rispondere a Casson, doveva favorire la pubblicazione di tutti i documenti. Invece non ha per nulla favorito il chiarimento sulla questione che non è una mania di alcuni, ma un problema che riguarda il modo in cui questo Stato viene gestito".
– E perché l’ha fatto?
"Non lo so. Non avendo elementi, non posso dire nulla. Quello che mi preoccupa è la serie di "riabilitazioni": mi appare come qualcosa che non va bene. Io ho tutto il diritto di avere dei dubbi di fronte a questo atteggiamento "autoritativo". Mi sconcerta in particolar modo questo suo voler chiudere tutta una serie di partite del passato".
– Però Cossiga dice che non si deve chiudere sul discorso stragi…
"E’ vero, ma non bisogna dimenticare che a Gladio ci si è arrivati indagando sulle stragi. E’ un po’ difficile continuare a cercare la verità sulle stragi senza voler chiarire che cosa è stata l’organizzazione Gladio".
– De Mita ad un certo punto ha risolto il problema sostenendo che Cossiga non sta tanto bene…
"Io non voglio assolutamente parlare di questo. Forse Cossiga all’inizio poteva sembrare in preda al malumore. Poi però c’è stato un disegno molto argomentato anche se molto discutibile. Dire che è malato è un modo facile di liberarsi di questa presenza ingombrante. Io ne faccio un problema istituzionale. Quando Cossiga dice che ha dovuto usare questo stile perché nessuno lo difendeva, questa non è la reazione di un matto, è la reazione di una persona raziocinante che usa male le istituzioni. Quando lui dice che ritiene che in questo Paese tutto va male e che in quanto presidente della Repubblica deve esercitare un ruolo dinamico per uscire da questa situazione, non è il discorso di un folle. Io critico la procedura che lui sceglie perché è al di fuori degli schemi costituzionali, critico l’uso della televisione, il cadere nelle polemiche personali, e critico anche il risultato perché il risultato è di avere frenato e non accellerato il processo. Ma non mi sogno di dire che sono pazzie".
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