- 13 Aprile 2006
Ho scritto questo libro anziché suicidarmi». Così scrive Marcello Veneziani nella prefazione della Sposa invisibile. Intellettuale caro alla destra, politologo, filofoso, Marcello Veneziani ci ha abituato a ben altri libri. Improvvisamente, mentre la lotta politica si radicalizza, lui si dedica ad un saggio sulle donne che sa tanto di disimpegno.
Sarà per la sua vicenda personale, una dolorosa separazione che lo ha portato ad un passo dalla depressione? Sarà perché questa destra gli piace sempre meno? Un anno fa ha sorpreso tutti con una pubblica lamentazione su Libero, il quotidiano di Vittorio Feltri. Mia moglie – diceva – sta bruciando i miei libri, sta vendendo a pezzi la mia biblioteca, non so come fare per fermarla. Dice oggi: «Per uno scrittore che ama i libri, attentare alla sua biblioteca è un atto di barbarie. Ma confesso di essermi pentito di aver scritto la lettera a Libero. Io volevo mantenere riservata la mia vita privata».
Non hai scelto il sistema migliore.
«Ero disperato perché vedevo che non riuscivo in altro modo a fermare la distruzione della mia biblioteca. Ogni volta che riuscivo a rientrare in casa, in sua assenza, trovavo libri strappati, bruciati. O scomparsi. Uno stillicidio. Comunque la mattanza si è fermata, ho recuperato i libri ed è finita con una consensuale».
La destra non è considerata molto affezionata ai libri, in genere. Sembra la legge del contrapasso.
«Ma quei pochi di destra che li amano dovrebbero essere tutelati».
Perché non si estinguano, come i camosci.
«Ho sempre sostenuto che quelli di destra sono più equilibrati rispetto a quelli di sinistra».
Che c’entra?
«Gli elettori di sinistra sono faziosi perché leggono solo libri di sinistra. Quelli di destra sono equilibrati perché non leggono niente, né libri di destra, né libri di sinistra».
L’universo femminile è così importante per te?
«Mi sono addentrato nell’universo femminile come uno dei massimi inesperti. Ero appassionato da un intreccio di circostanze, cioè dal fatto che nel ’900 mi colpiscono più le donne che gli uomini, Maria Zambrano, Hannah Arendt, Margherita Yourcenar».
La tua situazione sentimentale attualmente?
«Sono in cerca di fidanzata. Anzi spero che qualcuna mi stia cercando».
E Irene Buffo, l’intrigante fanciulla, sua fidanzata, che fu fotografata con te con provocante scollatura alla festa dei dieci anni di An. Che fine ha fatto?
«Acqua passata. È una cara amica, non è la mia fidanzata».
Se tu potessi fare un governo di sole donne…
«Primo Ministro, con tutti i suoi difetti, Letizia Moratti».
Agli Interni?
«La Finocchiaro. Allo Spettacolo Alessandra Mussolini. Anzi, all’avanspettacolo».
Battutaccia.
«Ritanna Armeni al ministero del Lavoro e dei Sindacati. All’Economia Adriana Poli Bortone. La Santanché alle Finanze, visto che le è toccato studiare per fare la relazione della finanziaria. E la Carlucci ai Trasporti così la smettono di farle contravvenzioni. Infine voglio trovare un posto per Serena Dandini. Alla satira. E poi per renderle la vita difficile le diamo anche le infrastrutture».
La cosa più folle che hai fatto per amore?
«Sono in deficit. Non ho mai fatto follie per amore».
Sinceramente: consiglieresti ad una donna di mettersi con uno come te?
«Se ha pazienza sì. A quale donna piace uno che fugge, che è scettico sull’amore e non fa follie?».
Dove sei nato?
«A Bisceglie, in Puglia, da una famiglia interamente proiettata sulla scuola. Padre preside, madre insegnante. Io avevo una grande passione per la Fiorentina. Hamrin, Montuori, Albertosi, Chiarugi, Pesaola, Bernardini. Già da allora avevo la passione dell’opposizione, mi incuriosivano le squadre che non vincevano».
Sei ancora della Fiorentina?
«Lo sono ancora, ma in modo totalmente disinformato. Anche se per una volta, a Capri, mi sono trovato sulla cosiddetta barca di Della Valle. Cosiddetta. Era lunga 80 metri. Stavano vedendo la partita dei viola e appena salii a bordo la Fiorentina segnò. Mi costrinsero a rimanere in quanto portafortuna. Ma è l’ultima partita che ho visto della Fiorentina».
Torniamo a Bisceglie.
«Intorno ai 14 anni cominciai a dimenticare il calcio e a leggere: Borghese, Candido… A casa erano moderati, oscillavano dalla destra monarchica a quella missina. Salvo votare Dc quando c’era la chiamata anticomunista».
A quei tempi i figli contestavano i genitori.
«Io contestavo il mio tempo. Contestavo il ’68. Entrai nel Fronte della Gioventù. Per l’università andai a Bari, mi iscrissi a filosofia, una facoltà interamente di sinistra. Devo dire per onestà che io presentavo sempre programmi alternativi, su Nietzsche, Gentile, Junger e me li accettavano sempre. Mi diedero pure la lode per la tesi su Evola».
Violenze?
«Una volta fummo inseguiti da una quarantina di persone più grandi di noi. Noi eravamo cinque. Scappammo in sezione e loro ci assediarono. Ci fu anche una piccola rissa. Arrivarono i carabinieri e finimmo sotto processo. In aula, per errore, venni messo nel gruppo della sinistra. Mi contestarono di aver urlato contro i miei: “Sporco fascista è arrivata la tua ultima ora, ti taglierò il canerozzolo!” Che nel linguaggio locale vuol dire “gola”. Io mi vergognavo. Mai avrei usato parole come “canerozzolo”».
Ricordi il primo amore?
«Pierangela, aveva due anni meno di me, mi piaceva molto. Una storia finita prima di cominciare».
Eri un conquistatore?
«Ero un imbranato. Ho sempre preferito la passività. Speravo che fossero le donne ad accorgersi di me».
Tua moglie la conoscesti al paesello?
«Sì. Moglie e buoi dei paesi tuoi. Visto l’esito della moglie proverò con i buoi».
Il lavoro?
«Giornalista nella redazione barese del Tempo, direttore Gianni Letta. Poi mi chiamò a Roma il Giornale d’Italia. Cominciai anche ad occuparmi di libri. Per Ciarrapico curai e ripubblicai l’opera omnia di Mussolini. Pubblicai libri per le edizioni Volpe grazie a due sponsor d’eccezione, Prezzolini e Ugo Spirito, scrissi elzeviri per il Tempo grazie ad Augusto Del Noce. E Montanelli mi inventò come editorialista al Giornale».
Eri iscritto al Msi?
«Ero considerato un intellettuale di destra, visto con molto sospetto dal Msi».
Ti sentivi fascista?
«A me l’espressione “fascista” piaceva. Mi dava l’idea di trasgressione, di massima libertà. Come dare un pugno nell’occhio del prossimo. Ma non ero fascista. Leggevo Evola che dal fascismo mi allontanava piuttosto che avvicinarmi. Lui criticava alcuni lati populisti, tribunizi, demagogici del fascismo».
Predappio, il saluto romano, eja eja alalà?
«Qualche saluto romano sicuramente l’ho fatto. Ma la paccottiglia fascista a me non piaceva. Anche se…».
Anche se?
«Ho avuto un busto di Mussolini in casa. Civetteria».
Mussolini era un grande statista, parola di Veneziani.
«Ho definito “grande statista” anche Stalin. Non è un giudizio di valore ma di statura. Sono stati dittatori, hanno eliminato la libertà. Stalin è stato un sanguinario. Ma hanno realizzato grandi cose».
I grandi statisti italiani?
«L’ultimo grande politico del nostro Paese è stato Bettino Craxi».
Condannato, fuggito, latitante…
«Tutti gli aspetti negativi del craxismo li conosco. Io ero con Mani Pulite, ho fatto il tifo per Di Pietro. Però Craxi resta un uomo di grande statura politica».
Quando hai smesso di tifare Di Pietro?
«Quando ha scelto la politica. Il politico Di Pietro non si è rivelato all’altezza del poliziotto-magistrato. D’altra parte Fini non sarebbe stato sdoganato da Berlusconi se non fosse stato prima sdoganato dai giudici milanesi. Tutta la destra dovrebbe ringraziare Mani Pulite».
In che cosa sei di destra tu? Dio, patria e famiglia?
«Do importanza alla tradizione, alle radici, alle origini, alla famiglia. Non sono un cattolico praticante ma ho un senso religioso della vita».
E sulla guerra?
«Sono sempre stato contrario alle guerre del Golfo. Una posizione che mi allontana dal centrodestra ma mi avvicina alla tradizione cattolica del nostro Paese».
An – hai detto una volta – ha preso il peggio della destra e non il meglio…
«Oggi è andata oltre: naviga nel nulla. Fini è riuscito a depistare il proprio elettorato. Prima i nostalgici, poi i cattolici, poi i conservatori. È inseguito dai suoi elettori e fa di tutto per non essere raggiunto».
Non ti piace molto.
«Non è vero. Ha un bel timbro di voce. È un ottimo speaker. Mi ricorda Mike Bongiorno».
Una volta ti piaceva. Eri il suo ghost writer.
«Mai stato. Anzi, ti confido un segreto, alcuni anni fa fu Berlusconi a chiedermi di essere il suo ghost writer. Ma la cosa finì lì. Io non riesco a pensare con la testa di un altro».
Nemmeno la svolta di Fiuggi ti è piaciuta?
«Fu fatta male. Fini si liberò del fascismo come di un calcolo renale. Scelse la via urinaria al post-fascismo».
Oggi?
«Questo governo ha fatto anche cose buone. Ma nulla che faccia pensare che An è stata al governo».
Chi è più a destra oggi?
«Nessuno. La destra è sede vacante. Tutto si ferma nei pressi di un centro moderato».
Hai detto: Pera è il vero leader della destra…
«Era una semplificazione. Pera ad un certo punto con alcune posizioni ha espresso la cultura conservatrice in Italia».
Pera il filoamericano.
«Non condivido Pera al cento per cento. Il suo filo-americanismo, il suo fallacismo non mi vanno bene».
Dieci anni fa diceva l’opposto di quello che dice oggi.
«Un po’ mi da’ fastidio. Ma quando vedo che i libri che parlano dei temi a me cari sono scritti da persone di sinistra…».
Ti riferisci…
«A Giampaolo Pansa, a Luca Telese, a Mirella Serri. A questo punto ben vengano i piccioni viaggiatori come Pera. E poi…».
E poi…
«La battuta è orrenda. Se arrivo a Pera evidentemente siamo alla frutta».
Faccio finta di non aver sentito. Su Libero hai scritto che il ruolo della destra viene assunto da attori professionali provenienti dalla sinistra. Guzzanti l’ha presa male.
«Voleva essere una battuta. Per dire che si erano calati bene nella parte. Non volevo dire che erano in malafede».
Guzzanti ha detto che sei una maestrina in camicia nera. Che rimani sempre un fascista.
«Guzzanti ha problemi seri. Come fa una persona che sta nel centrodestra a dire che lui è di sinistra? Ha bisogno di analisi. Ha dei problemi con se stesso. E poi, che c’entrava il fascismo? Succede spesso. Io dico: che brutto tempo. E mi rispondono: “Fascista”. A chi mi dà del fascista io do del cretino».
Brutta abitudine di certa sinistra…
«Vedi? Ha ragione Guzzanti. È ancora di sinistra».
Berlusconi ti piace?
«L’accanimento nei confronti di Berlusconi me lo rende simpatico. E anche le sue esagerazioni. Ma non lo frequento. Sono stato uno dei pochi italiani che ha rifiutato un suo invito nella villa in Sardegna».
Un po’ snob come atteggiamento.
«Ho un pregiudizio sacrale della cultura. E poi non sopporterei di essere coinvolto in qualche fotografia tipo quella delle Bermuda con la corte in mutande a fare jogging».
Lucia Annunziata diceva, ai tempi della Rai, che prendevi ordini da Berlusconi.
«Si riferiva ai consiglieri in genere. Ma a me, in privato, diceva che non parlava di me».
Prendevi ordini da Berlusconi?
«Le uniche volte che Berlusconi mi ha telefonato esprimendo critiche ho risposto che non ero d’accordo».
Su che cosa?
«Su Blob e sul rientro di Santoro. Berlusconi aveva letto una mia intervista in cui dicevo che sarebbe stato giusto che Santoro tornasse in video».
Dopo l’editto bulgaro avevi detto che saresti sceso in piazza se avessero cacciato Santoro.
«Debbo fare autocritica. Mai avrei pensato che si sarebbe potuti arrivare a questo. Fu un errore, un autogoal».
L’autocritica va bene. Ma non sei sceso in piazza.
«Sono sceso in piazza, con i miei mezzi. Scrivere un editoriale sul Giornale, in difesa di Santoro, equivale a scendere in piazza, no?».
E quando eri consigliere in Rai?
«Ad un certo punto si creò un grande allarme nel centrodestra perché io ero per il rientro e Rumi sembrava d’accordo. Alberoni e Petroni erano contrari. Quindi era decisivo il ruolo dell’Annunziata. Se l’Annunziata avesse portato in consiglio la questione Santoro avrebbe avuto la maggioranza e Santoro sarebbe rientrato. Ma l’Annunziata non la portò in consiglio».
Parliamo della censura a Sabina Guzzanti, il caso Raiot.
«Avevo rivisto la puntata, insieme agli altri del consiglio di amministrazione, nello studio dell’Annunziata. Era furibonda. Era la più agitata. Noi ogni tanto, sotto sotto, sorridevamo quando appariva la Guzzanti che imitava l’Annunziata. Ma ci trattenevamo. Alla fine fu l’Annunziata la più dura. Da lei venne un invito implicito al direttore generale a sospendere il programma».
Che ricordo ti è rimasto di quei due anni da consigliere?
«Ho passato due settimane a ricevere complimenti per la nomina e due anni a sentirmi dire: “Dimettiti”. Dalla nomina alla nomination. Appena capirono che ce ne stavamo andando si passò dal servilismo che nessuno chiedeva all’atteggiamento sprezzante esagerato».
I voltagabbana sono ovunque. La destra ha il più fresco, Fisichella: da An alla Margherita.
«Ha sbagliato. Avrebbe dovuto ritirarsi, magari con un cenno di disgusto. Ma non scegliere il campo avversario. Si sentirà a disagio in quella coalizione, con gli zapateristi, i no global, i transessuali. Ma non lo chiamerei voltagabbana».
Gioco della Torre. Bagaglino o Zelig?
«Pingitore e gli altri non sono stupidi. Fanno una scelta di target. Sanno che larga parte del pubblico italiano vuole quel tipo di umorismo. E glielo danno».
Ma a te il Bagaglino piace?
«Mi è capitato di vederne dal vivo degli spezzoni. L’ho trovato niente male».
Mughini o Mosca?
«Butto Mughini perché è juventino. E poi ha quegli occhiali che mi danno fastidio alla vista».
Casini o Follini?
«Butto Follini. Non si può giocare una partita facendo il tifo per la squadra avversaria».
Bobo o Stefania?
«Bobo è la pessima caricatura di suo padre».
Guzzanti o Adornato?
«Adornato è stato una specie di eclissi solare. È passato dalla sinistra estrema a quella moderata, a Occhetto, poi a Segni, poi a Berlusconi. Un politico quattro stagioni. Ma i suoi passaggi sono stati sfumati. Guzzanti è stato un voltagabbana istantaneo. Salvo il purgatorio di Cossiga. Però non li vedo con acredine: non sono andati via da casa mia per andare in un’altra casa. È avvenuto il contrario».
Cosa cambia?
«Il camaleontismo, che non apprezzo, è bilanciato dalla loro intelligenza».
Mussolini o Santanché?
«Alessandra mi è molto simpatica».
Con lei hai litigato.
«Avevo detto che si è trovata a destra per via del cognome, mettendo a profitto il nonno. Reagì in maniera mussoliniana con il suo linguaggio molto, molto, molto…».
Molto?
«Molto diretto».
«Vaffanculo Veneziani». Disse così.
«Una definizione di grande portata teorica».
E «Meglio fascista che frocio»?
«Una battuta grossolana. Ma anche un modo per semplificare. Dimentica la seconda parte della battuta e vedi in positivo la prima parte. È un modo per riaffermare un’identità difficile. Ci vuole fegato a dire una frase del genere no?».
Ci vuole fegato, sono d’accordo.
«In un Paese dominato dal politically correct, in cui bisogna sempre mettere in ogni film che i gay sono buoni e che i fascisti sono cattivi».
Fisichella o Tremaglia?
«Mannaggia… ma che razza di cose chiedi».
Ti chiedo se è peggio licenziare un gay oppure dire che l’Europa è in mano ai culattoni.
«Non credo che Fisichella abbia licenziato il suo consulente per quel motivo. E per Tremaglia era solo una battuta di cattivo gusto».
Perché la destra ha sempre questo problema dei gay?
«Nella sfera privata ognuno è libero di fare quello che vuole. Ma l’elevazione a modello pubblico o l’equiparazione tra una coppia gay e una famiglia per un uomo di destra non vanno bene».
Quindi tu sei d’accordo con Fini quando dice che un gay non può fare il maestro.
«Se da maestro veicola modelli che riguardano la sua vita privata…».
E se i modelli li veicola un eterosessuale?
«Un gay può creare dei problemi. Ha tutti i diritti del mondo. Ma se oltre che gay è anche pedofilo…».
I pedofili sono quasi sempre eterosessuali…
«Possono essere sia l’uno che l’altro».
E allora?
«Se veicolare modelli etero vuol dire educare a formarsi una famiglia allora preferisco».
Sgarbi o Guerri?
«Sono amico di entrambi. E sono così autolesionisti che si buttano da soli».
Una volta stavi cercando Sgarbi e lo hai trovato in una stanza dell’Hotel Majestic. Nudo. Insieme a Barbara Alberti e Rosa Fumetto.
«C’è una spiegazione. Aveva posato nudo per la copertina dell’Espresso. Io volevo che posasse per L’Italia Settimanale, vestito. Era nella fase esibizionistica. Fu divertente. Io avevo l’impermeabile. Non capivo chi fosse il maniaco, se io con l’impermeabile o lui nudo».
Lei è troppo forte e condivisibile!