- 24 Novembre 2005
In Italia ci sono il Senato, la Camera e Porta a porta, la terza camera, quella che molti sostengono essere anche più importante delle prime due. Il Grande Officiante è Bruno Vespa, il più famoso giornalista televisivo d’Italia. E anche il più controverso. I politici, di destra e di sinistra, ne parlano quasi tutti benissimo. Il sospetto è che non vogliano giocarsi la poltrona del salotto televisivo più visto.
Molti dei colleghi giornalisti ne parlano male rimproverandogli di aver detto, da direttore del Tg1, che il suo editore di riferimento era la Dc. Di lui hanno detto di tutto. Che è parziale, che è succubo dei potenti, che è arrogante con i deboli, che banalizza la politica. Hanno detto perfino che è figlio di Mussolini. Le date coinciderebbero. È nato il 27 maggio 1944. Mussolini arrivò in Abruzzo nove mesi prima.
Ti senti mussoliniano?
«Bè, la mascella».
Hai mai smentito?
«Ma cosa vuoi che smentisca».
Non saresti il primo figlio naturale di Mussolini.
«Effettivamente siamo in parecchi».
Tu sei l’italiano più attaccato e più adulato che io conosca.
«Attaccato più che adulato. Sono l’unico moderato che riesce a stare su piazza da così tanto tempo».
Mi sono annotato i peggiori insulti. Li vediamo uno per uno?
«Porta a porta sta al pluralismo come un secchio d’acqua sta al lago D’Orta. L’ha detto Crozza. Ma è satira».
Il Foglio ha elencato le trasmissioni nelle quali non hai presentato i tuoi libri.
«Il fatto che i miei libri abbiano successo dà fastidio ai miei colleghi. Scrivere va bene, ma vendere è insopportabile».
Presenti il tuo libro in tutte le trasmissioni televisive tranne la Messa. L’anno scorso Giorgio Lauro e Flavia Cercato, i conduttori della Tv che balla, ne hanno contate 34.
«Trovami un libro che abbia tanti ineditiquanto il mio. Finora ci sono stati 229 lanci di agenzia e le anticipazioni di 40 quotidiani hanno già formato un volume».
C’è il sospetto che tu sia adulato.
«La trasmissione che mi ospita, come minimo, non perde ascolto. Perché gli ospiti vanno in televisione? Per promuovere qualcosa. Ma io sono un dilettante rasoterra al confronto di Celentano. La parte più fantastica dei suoi contratti con la Rai non è la barca di miliardi che gli danno. Con uno starnuto di Celentano ci paghiamo un anno di Porta a porta, ma che dire degli spot che gli fanno per sei mesi, dei dischi che promuovono?».
Pier Luigi Celli, ex grande capo della Rai, diceva: «Siamo tutti impegnati a promuovere i libri di Vespa».
«Una battuta simpatica. Celli, appena arrivato alla Rai, tentò di segarmi. Poi, siccome è una persona perbene, si è comportato correttamente».
Anche Dematté voleva licenziarti.
«I professori hanno rappresentato il periodo più buio delle televisione. Era il terrore».
Sei equivicino, come ha detto Ferrara?
«C’è un’altra trasmissione in cui ci sia sempre il sospiro di destra e il sospiro di sinistra? Prendi le tonnellate di articoli che parlano male di me. Nessuno indica una scorrettezza».
La scrivania di ciliegio…
«Quella è una formula. Il presidente del Consiglio mi parlò del contratto con gli italiani e io gli dissi: “Un momento, lo sceneggiamo”. Lo rifarei trecento volte».
Compreso il risotto di D’Alema, il tennis di Amato, il cane di Buttiglione, la bicicletta di Prodi?
«Il maggioritario ha portato l’esigenza di conoscere meglio le persone».
Andrà avanti così?
«Oggi c’è meno voglia di vedere Apicella con Berlusconi».
Berlusconi tu lo frequenti?
«Due o tre volte l’anno per il libro».
Quando Berlusconi è andato a Ballarò, accettando il dibattito con l’opposizione, che cosa hai provato?
«Mi sono incavolato. Ma poco dopo ho detto: è caduto il muro di Berlino. Era una svolta. Era alla canna del gas e doveva dimostrare ai suoi alleati di avere ripreso in mano la situazione».
Lo hai rimproverato?
«No. Anzi, mi sono detto: benissimo, mai più senza confronto».
E i giornalisti che gli fanno le domande? Gli farai scegliere sempre quelli graditi?
«Noi gli proponiamo una rosa. Non solo a lui, a tutti. Ho scoperto odi incredibili, persone che non si parlano. Tutti hanno dei giornalisti sgraditi. Tutti. Tutti. Tutti».
Tu ti faresti intervistare da Giorgio Bocca? Ha detto che Porta a porta è uno scannatoio e che Vespa è sfacciatamente fazioso, la negazione del giornalismo oggettivo.
«Prima di rispondere devo rivedere le cassette di quando Bocca lavorava per Berlusconi a Rete 4. Potrei imparare qualcosa».
Cossiga…
«Con Cossiga c’è un rapporto d’amore».
Ha detto che non ti considerava un giornalista e che avevi animo servile.
«Poi ha fatto ammenda e siamo diventati molto amici».
Quando Alberto La Volpe ti ha sostituito a capo degli Speciali del Tg1 tu ti sei vendicato «dimenticando», da conduttore del Tg1, di lanciare un suo servizio.
«Sbagliai. E il direttore Albino Longhi giustamente mi sospese».
Paolo Galimberti diceva che le tue interviste erano dei minuetti…
«Sulla stampa italiana non mi pare di vedere tutti questi massacri di politici».
Forse si riferiva alla stampa anglosassone…
«Dan Rather ha fatto delle interviste francamente sgarbate. Quando giro per l’Europa molti vengono ad intervistarmi e si complimentano per la qualità di Porta a porta».
Marcelle Padovani ha invece scritto che quando deve spiegare ai colleghi francesi che cos’è Porta a porta non sa che cosa dire.
«Non so in quale secolo lo abbia scritto. Oggi farebbe bene a guardarsi Cento minuti per convincere, su France 2. Sotto la testata c’è scritto: “Da un’idea di Bruno Vespa”».
Anche Biondi, che è un tuo amico, dice che hai le briglie mosce, che se ne vanno tutti soddisfatti o rimborsati.
«Forse perché non viene invitato spesso».
Le cattiverie di Curzio Maltese…
«Dille».
Tu sei uno degli autori comici più amati…
«Perfetto».
Neppure Fede fa interviste così sdraiate…
«Il massimo, certo».
Tu sei a favore di chiunque sia potente…
«Maltese ha già perso una causa in Cassazione».
Per queste parole?
«Queste sono carezze».
Lia Celi su Cuore scrisse che avevi tanti nei quanti scheletri nell’armadio…
«Oh Signore mio».
Quanti nei? L’Italia deve sapere.
«Ogni volta che me li hanno contati è venuto fuori un numero diverso».
Venticinque?
«Possiamo raggiungere un accordo su questa cifra».
E toglierli?
«Ogni tanto qualche dermatologo ci prova. Ma resisto fieramente».
Giura che non ne hai tolto nemmeno uno.
«Ne ho tolti, ma in altre parti del corpo. In faccia, recentemente, me ne hanno puliti due o tre con il laser».
Quindi fai qualche cosa?
«Li fotografo. Una volta all’anno faccio la mappa della mia faccia».
E siamo arrivati a Furio Colombo. Tu l’hai definito: il mio unico nemico.
«L’ho anche definito “la guida Michelin dell’avvocato Agnelli”. Come molti liberali si è travestito da comunista. È comodo sai? È come quando ti metti un paio di pantofole dopo aver portato delle scarpe strette. A me è capitato soltanto un periodo, durante il compromesso storico. Ero diventato l’alfiere della democrazia. Che meraviglia! Il caso Moro, la tenuta democratica, la linea della fermezza, un orgasmo continuo. Dal ’76 al ’79. Poi sono ritornato lo stronzo di prima».
Anche per molti di sinistra è comodo travestirsi da liberali.
«In Italia chi sta a sinistra vive meglio. La sinistra abbraccia, è una grande mamma».
L’Unità è cambiata da quando Colombo è stato «dimesso»?
«È diventata meno aggressiva. Nei miei confronti si era arrivati a duecento attacchi in qualche mese. Scrivevano cose mostruose. Ma è sempre un giornale tostissimo, direi in controtendenza rispetto al carattere di Padellaro. Padellaro è sempre stato un giornalista molto cauto. Al Corriere era quello che faceva i pezzi più democristiani. Ma di carognate ne fa anche lui: 24 ottobre, titolone di prima pagina,“Rai, Vespa recapita agli italiani la nuova lista nera di Berlusconi”. Questo non è odio? Io avevo solo fatto un piccolo scoop».
Ti ricordi quando hai detto, rivolto a Lucia Annunziata: «La vita mi ha insegnato che chiunque mi abbia fatto del male alla fine non ha tratto benefici»?
«Tutti quelli che mi hanno votato contro al Tg1 sono venuti poi a dirmi che avevano sbagliato. Tutti tranne una».
Busi?
«Lei».
La rivolta delle donne…
«Non fu una rivolta delle donne. Fu una rivolta di quelli che si volevano riposizionare. Molti fecero la congiura sperando di andare al mio posto».
Barbara Berlusconi mi ha detto che le piaci moltissimo ma mischi troppo Berlusconi con le Lecciso.
«Se hai una striscia devi sfogliare ogni giorno una pagina diversa. Un giorno la politica, un giorno la cronaca, un giorno il costume. Un giorno Berlusconi, un giorno Cogne, un giorno la Lecciso».
Su Cogne hai esagerato…
«Rileggi i giornali. Le pagine dedicate all’arresto di Anna Maria Franzoni sono tante quante quelle delle Torri Gemelle».
La casetta…
«Ma sui giornali non si fanno le stesse cose? I percorsi, le piantine, i grafici. Lo faccio io e succede un casino».
La Dandini dice che sei volgare…
«Senti chi parla. Se io facessi un decimo di quello che fa la Dandini verrei impiccato agli alberi di viale Mazzini».
Giovanni Sartori ti rimprovera di non aver detto mai che Berlusconi è un bugiardo, come ha fatto Maurizio Costanzo.
«Non mi piace offendere. Che poi qualche volta Berlusconi si dimentichi di aver detto una cosa e ne dica un’altra, questo è vero».
Berlusconi aveva detto che non si sarebbe più presentato se non avesse ottemperato ad almeno quattro dei cinque punti del contratto con gli italiani.
«Ti rispondo come mi ha risposto una fonte insospettabile, Marco Follini. La contabilità facciamola fare agli esperti. Ma se parliamo della direzione di marcia, allora si può dire che il contratto è stato rispettato».
Sul contratto si parlava di direzione di marcia?
«Questo governo è sfigatissimo. Ma Berlusconi ha fatto più di quanto non gli venga riconosciuto».
Per essere un comunicatore…
«Glielo dissi tre anni fa: “Non mi sarei aspettato che un governo presieduto da lei avesse un difetto di comunicazione”. Mi sarei aspettato un governo che vendeva fumo alla grande. L’altra sera ho detto a Gianni Letta: “Vedi Gianni, tu non verrai mai in televisione ma saresti l’unico a poter controbattere con i fatti”. E lui ha detto: “È vero”».
Magalli sostiene che qualche volta sei stranamenteduro con i forti e gentile con i deboli. È perché sai in anticipo che un forte sta diventando debole e viceversa.
«Troppo raffinato per me».
Qualcuno rifiuta i tuoi inviti?
«Ultimamente non ha accettato l’invito Cofferati. Ma il mio invito non è mica una cartolina di precetto».
Nuccio Fava diceva che sei un ragazzo ruspante e rampante.
«È vero. Vengo dalla provincia. E come a tutti ami è piaciuto fare carriera. Non è che Fava sia andato con i frati trappisti. Io ho fatto una carriera normale, senza salti, partendo dalla transitabilità delle strade. E mandando notiziole al Tempo dall’Abruzzo».
E la politica?
«Non sono mai entrato in una sezione di partito. Ma in Abruzzo la cultura era democristiana. La Dc aveva il 50 per cento dei voti. Io simpatizzavo per Natali».
Quali politici frequenti oggi?
«Nessuno».
Nessuno, nessuno?
«Ho vecchi rapporti di amicizia con Marco Follini, dai tempi in cui lui era consigliere d’amministrazione della Rai».
I risultati delle elezioni del 2001 li hai aspettati con Rutelli…
«Certo, ma per il libro. In pizzeria».
Durante la stessa campagna elettorale del 2001 ti accusano di aver preso parte a una cena con Bossi, Berlusconi, Fini, Buttiglione, la Mussolini, a Napoli.
«Quelli che mi rimproverano avrebbero pagato anche il biglietto per esserci. C’era stata una manifestazione di An. Approfittando della confusione riuscii ad infilarmi con loro da Brandi, la pizzeria. Fui accolto a tavola e ne uscì un capitolo del libro».
Ti rimproverano di aver recensito il vino di Mannino…
«Il migliore passito di Pantelleria che abbia mai bevuto. Perché mi rimproverano?».
Quale è stato il tuo share più alto?
«Il calcio della Mussolini a Katia Belillo. Forse è stato il punto di massimo ascolto della storia della televisione».
Non è stato un gran momento…
«Io ero rimasto scandalizzato. Sospesi la registrazione e decisi di tagliare quella scena perché ritenevo che le istituzioni facessero una figura meschina. Poi scoprii che mi stavano dando del censore».
Chi ti dava del censore?
«Celli aveva ricevuto molte telefonate. Gli telefonò anche Ezio Mauro, il direttore di Repubblica, sospettando che volessimo nascondere qualcosa. Allora ho detto a Celli: “Non faccio il censore e mando tutto in onda”. Oltretutto la Mussolini e la Belillo volevano che mostrassimo la rissa. Ognuna delle due voleva far vedere che gliele aveva mollate».
Nella polemica contro Colombo hai detto: «Scegli otto puntate mie e mettiamole a confronto con otto trasmissioni che scelgo io». Vuoi confrontare chi è più partigiano?
«Certo».
E quali programmi sceglieresti tu?
«Tra Biagi, Benigni, Luttazzi, Santoro, Guzzanti non c’è che da scegliere».
Baget Bozzo ha detto: «Porta a porta è la cosa più utile che ci sia per il centro-destra».
«Forse intendeva dire che il larghissimo fronte moderato non ha punti di riferimento. Porta a porta, pur avendo sempre uno di qua e uno di là, è una trasmissione moderata. Senza Porta a porta i moderati italiani non avrebbero condizioni di parità con la sinistra».
I moderati italiani non avevano rappresentanza da Santoro?
«Io sono un ammiratore di Santoro. Ma l’equilibrio non è la sua virtù principale».
Non provi imbarazzo a pubblicare i tuoi libri da una casa editrice di Berlusconi?
«Nella Mondadori pubblicano fior di autori di sinistra, da D’Alema in poi».
Ma con tutte le case editrici che ci sono…
«Sono io che porto soldi alla Mondadori, non il contrario. Quando Berlusconi mi chiede come sta andando il mio libro io rispondo: “Per me bene, per lei benissimo”».
E la polemica sul tuo contratto alla Rai rinnovato fino al 2010?
«Pubblichiamo tutti i contratti Rai e poi vediamo chi è il favorito».
Perché se la pigliano tutti con te?
«Perché esisto. Sono la vittima delle stagioni dell’odio. È possibile che io debba leggere che sono un’anomalia da eliminare?».
Un contratto fino al 2010 firmato un anno prima della scadenza del precedente è un’anomalia.
«Dovevo scegliere se andarmene o no».
Avevi un’offerta?
«Avevo la possibilità di andarmene. Dovevo chiedere il permesso a Beppe Giulietti?».
Guadagni un sacco di soldi.
«Guadagno».
Potresti dirci quanto.
«Verifichiamo quello che costano programmi concorrenti pubblici e quanto rendono. Porta a porta costa un quinto di quanto rende. Con meno di due spot si paga».
Lo sai che nel presepe napoletano hanno aggiunto la statuina di Bruno Vespa?
«C’è da parecchi anni. Se resiste una ragione ci sarà».
Gioco della torre. Gasparri o La Russa?
«Sono Castore e Polluce. Se cade l’uno, si tira dietro l’altro. Lo sa bene Fini».
Mentana o Minoli?
«Dicono che Minoli mi detesti perché non l’ho invitato quando era in disgrazia. Ma faceva il manager da un’altra parte. Salvo Mentana. Giuro che questo giudizio non è influenzato dalla mia memorabile partecipazione a Matrix».
Minoli ha detto: «Per Vespa dovrei occuparmi soltanto di antica Roma».
«Fa un programma di storia. Se fossi in lui eviterei di occuparmi di Mia Martini. Nei libri di storia è un po’ complicato trovarla».
Ricci o Bonolis?
«Butto giù Ricci, senza esitazione. Lui farebbe la stessa scelta con me».
Petruccioli o Annunziata?
«Salvo Petruccioli. Lucia mi ha pugnalato alla schiena».
Cofferati o Bertinotti?
«Cofferati ha una supponenza imbarazzante. Bertinotti è un signore».
Di Pietro o Travaglio?
«Solo Travaglio può indurmi a salvare Di Pietro».
Infatti Travaglio non l’hai mai invitato…
«Con Travaglio c’è un solo posto in cui incontrarsi, il tribunale».
Mastella o Cirino Pomicino?
«Salvo Mastella, perché di ribaltone ne ha fatto uno solo. Pronto a far risalire sulla torre Cirino Pomicino appena avrà deciso su quale ramo fare il nido».
Bellillo o Mussolini?
«Butto la Melillo. Sono il figlio del Duce no? Come potrei buttare mia nipote?».
Quanta gente è passata da Porta a porta?
«Quattromila persone forse».
Quattromila persone e non mi hai mai invitato?
«Ero convinto che non saresti venuto. Adesso ti sei impegnato pubblicamente a venire».
Era solo una domanda. Perché eri convinto che non sarei venuto?
«Non lo so, una volta ne abbiamo parlato e ci siamo detti: “Figurati se viene!” Comunque ti arriverà l’invito e annoterò l’eventuale rifiuto».
Annota subito: rifiuto fin da adesso! Conflitto di interessi.
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