- 23 Novembre 2006
Comprò una Lazio disastrata e le fece vincere lo scudetto. Dopo una carriera in giro per il mondo, divenne il braccio destro di Gardini. Agnelli lo voleva alla Fiat. Ma Sergio Cragnotti si mise in proprio e costruì un grande impero imperniato su Cirio e Del Monte. Poi il crollo. La Cirio non ha i soldi per ripagare un bond da 150 milioni. Il sistema bancario lo abbandona. La Banca di Roma di Geronzi, che lo ha sempre sostenuto, gli chiede di uscire dalla Lazio. La Cirio viene fatta fallire. Lui finisce in galera per bancarotta fraudolenta. Adesso ha scritto un libro. Un calcio al cuore.
Perché un libro?
«Per essere di insegnamento ai giovani».
Dice sul serio?
«Io nella mia vita ho precorso i tempi. Ho lavorato in gruppi che avevano una strategia mondiale. Questo è il consiglio che do ai giovani. Non pensare al proprio futuro legato al proprio Paese. Guardare al di là del proprio giardino».
«La progettualità deve essere assistita, non combattuta. Oggi si parla di innovazione. Ma cosa si vuole innovare? Prima bisogna costruire. L’unica impresa che funziona oggi è quella del parastato. La Fiat è parastato, la Finmeccanica è parastato. Parastato assistito».
Qual è stato l’errore che ha causato il suo fallimento?
«Non mi riconosco in un fallimento. Stavo lavorando tranquillamente. Trattavo col sistema bancario il rinnovo di un bond».
Erano 150 milioni di euro.
«La Cirio era una società sana. Col fallimento hanno incassato più di 700 milioni di euro».
Sia indulgente con me, di economia capisco poco. Lei ha preso 150 milioni di euro e non li ha resi. C’è gente che le ha dato dei soldi e li ha persi.
«
Il fatto è che lei non aveva i soldi per estinguere il debito.
«Pagavo regolarmente gli interessi. Altre volte avevo avuto un problema di scadenza di un bond e avevo ottenuto
Lei è partito da zero ed è arrivato in cima. Ad un certo punto era il manager più pagato d’Italia.
«Sono stato vicepresidente della Montedison. Guadagnavo due miliardi e mezzo. Oggi è pochissimo».
Lei è di origini umili…
«Mio padre lavorava alle Poste, mia madre era casalinga. Io mi sono diplomato ragioniere nel 1960 e sono andato a lavorare alla Bomprini Parodi Delfino».
Politica?
«Zero. Nel ’68 avevo 28 anni, ero sposato e avevo dei figli».
In famiglia tutti laziali?
«Mio fratello Giovanni lazialissimo, gli altri due Toro e Juve. Mia moglie e mio figlio Andrea erano romanisti. Quando ho preso la Lazio hanno abdicato…».
Che vergogna. Suo figlio è diventato laziale?
«Un traditore!».
È contento di aver preso la Lazio?
«Senza grandi conoscenze calcistiche l’ho portata al primo posto nel mondo. Per due anni siamo stati in testa alla classifica Fifa davanti a Real Madrid, Arsenal, Inter, Milan. La Juventus era tredicesima».
Lei è il presidente che ha speso più di tutti. Perfino di Moratti.
«Nella Lazio facevo grandi acquisti ma anche grandi vendite. In un anno facemmo 148 miliardi di plusvalenza. Vieri l’ho comprato a 50 miliardi, l’ho venduto a Moratti a 90. Con Nedved abbiamo guadagnato 75 miliardi, con Veron 40».
Veron, al quale avete fornito un passaporto falso…
«Una società specializzata ci aveva detto che tutto era a posto. Se poi questa aveva corrotto l’impiegato del comune che ne potevo sapere? L’avevo anche pagata profumatamente».
Appunto, un po’ troppo.
«Un giocatore straniero che ti diventa italiano vale molto di più. Anche il doppio. Posso pure pagare mezzo miliardo di lire a chi mi trova le prove che si tratta di un oriundo».
Chi sono i grandi tifosi della Lazio? Mimun…
«Buono quello. Quando vincemmo lo scudetto Mimun non faceva altro che abbracciarmi. Dopo la caduta l’ho incontrato in un ristorante. Quando ha visto che c’ero io se ne è andato».
Capita quando si è in disgrazia.
«Capita con le persone meschine».
Ci sono stati altri «Mimun»?
«Tutti quelli che chiedevano di andare in tribuna d’onore. Scomparsi tutti. Quando andai in galera solo uno, un grande laziale, mi ha mandato un mazzo di fiori, Francesco Rutelli».
E Berlusconi?
«Amorfo totale. Nessun segnale di conforto».
Lei un giorno ha parlato dei «moralisti alla Mancini»…
«Anche lui spingeva la cacciata di Cragnotti dalla Lazio. Quando me ne sono andato la gestione della Banca di Roma gli ha aumentato lo stipendio da
Come sono gli altri presidenti? Gaucci…
«È simpatico e buono. Non è un avido assetato di potere. In occasione del fallimento del Perugia gli è mancato il carattere. Non bisogna mai scappare».
Gazzoni Frascara…
«È roso dall’invidia per i successi degli altri. Con il Bologna non ha fatto grandi cose e allora si è messo a guardare l’erba del vicino e a denunciare».
Moratti…
«Comprava tanto, come facevo io, ma non vendeva. Lui ha quest’ottica: il giocatore diventa patrimonio della società e se lo tiene stretto».
Galliani…
«Un ottimo dirigente di calcio. Ma ha preteso di fare il presidente della Lega. E ha gestito il problema dei diritti televisivi facendo contemporaneamente il venditore e il compratore».
Parliamo di Moggi.
«Aveva alle spalle l’avvocato Agnelli. Gli si aprivano porte e finestre da tutte le parti. Sapeva relazionarsi bene, aveva un contatto politico col sistema, con tutti i presidenti. Questo gli ha portato notorietà».
Ma era bravo?
«No. Non è mai stato un grande conoscitore di calcio».
Una volta lei disse di Italo Allodi: «Fu molto peggio di Moggi».
«Come maneggione».
Moggi sostiene che Allodi aveva inventato il sistema per cui le ultime partite del campionato erano tutte «addomesticate»…
«C’è sempre stata una specie di sottoaccordo silenzioso… Lo fanno anche i calciatori, spontaneamente. Si guardano negli occhi e dicono: “Questa partita si pareggia”. E si pareggia».
E gli arbitri?
«La loro carriera dipende da troppi fattori. Questo crea sudditanza politica. L’arbitro castiga senza tentennamenti il calciatore della squadra inferiore e prima che tiri fuori il cartellino rosso contro una squadra importante ci pensa 20 volte!».
Lei è passato dalla squadra piccola alla squadra grande…
«E infatti il comportamento degli arbitri cambiò. All’inizio ci hanno fatto perdere qualche scudetto. Poi, come nel caso di Collina e di Perugia-Juventus, hanno favorito la nostra vittoria. Viene da pensare».
Esisteva la cupola?
«Certamente! Le telefonate lo dimostrano».
Anche i giornalisti vengono fuori un po’ male…
«C’è stato un evidente vassallaggio da parte di alcuni».
Cercavate anche voi la loro complicità?
«I giornalisti si offrivano».
Non ha mai avuto buoni rapporti con la stampa…
«Hanno scritto che sbaglio i condizionali, i vestiti, le cravatte. Ma io so da dove venivano quegli attacchi».
Da dove?
«Da qualche alto dirigente della Montedison. Il mio successo gli aveva tolto potere».
A lei vengono attribuite simpatie di destra.
«Forse a causa degli Irriducibili».
La curva più nazista del calcio italiano.
«Quei tifosi ci hanno danneggiato nell’immagine internazionale. Cantavano inni fascisti, esponevano svastiche. Ma riuscimmo a moderarli».
Di Canio ha rovinato tutto.
«Di Canio me lo avevano offerto tante volte. Ma dissi sempre di no. Conoscevo la sua intolleranza alla disciplina. Invece Lotito l’ha preso. Il più grande errore della sua vita».
Se Di Canio avesse fatto il saluto romano quando era lei il presidente?
«Lo avrei cacciato».
Lei oggi che cosa possiede?
«Non posseggo più niente. Sono nullatenente».
Come vive?
«Con la pensione».
E io ci credo?
«Non ho autisti, non ho macchine, non ho grosse pretese, non faccio vita mondana. La famiglia ha le sue case, i suoi beni».
Stento a considerarla nullatenente.
«C’è chi parla di un grande tesoro nascosto. La Guardia di Finanza ha scandagliato ovunque. Se ci fosse stato qualcosa…».
Ha chiuso per sempre con il suo mondo?
«Non mancano né esperienza né forze. Sarei pronto a tornare in battaglia. Ma oggi debbo occuparmi del mio processo. In battaglia si va con la mente libera o si prendono cazzottoni».
Lei fu accusato di corruzione per aver assunto le figlie di due funzionari che avrebbero dovuto giudicare la sua richiesta di finanziamenti europei per la Cirio…
«Chiuso. Prescritto. La Cirio non ha mai chiesto finanziamenti euroepi».
Prescritto ma vero…
«Mi avevano detto: “Assumi mia figlia alla Lazio”. Una, dopo sei mesi, se ne è andata. L’altra se ne è andata recentemente».
Che grana giudiziaria le è rimasta?
«Bancarotta fraudolenta per la Cirio».
In che cosa consisterebbe la fraudolenza?
«A conoscenza del fallimento del gruppo avrei emesso il bond per coprire il buco. Una sciocchezza ma ti devi difendere. Periti, controperiti, bilanci da esaminare. Io ho 67 anni. Ne avrò 80 quando staremo ancora a parlare della Cirio».
Lei per chi vota?
«Perché?».
Così!
«Una volta votavo per Craxi. Poi per Berlusconi. Adesso non voto più. Troppa amarezza».
Berlusconi…
«…è un grande conoscitore di calcio. Molto più di Moggi».
Gioco della torre. Controcampo o Domenica Sportiva?
«La DS è meno politicizzata. Piccinini è troppo indirizzato. La sua è una trasmissione scandalistica, non sportiva».
Mughini o Mosca?
«Mosca è divertente, coreografico. Mughini filosofeggia, fa l’intellettuale. Ma il calcio non ha nessuna intellettualità».
Moggi o Giraudo?
«Giraudo è più imprenditore e meno azzeccagarbugli».
Di Pietro o la Boccassini?
«La Boccassini è politicizzata e cattiva».
Vespa o Mentana?
«Vespa è prolisso e costruito. Mentana è più spontaneo».
Della Valle o Galliani?
«Della Valle sembra uno di quei nuovi presidenti che hanno scoperto il calcio, si credono grandi maghi e sanno tutto loro».
Totti o Del Piero?
«Salvo Totti. Ma deve andare via da Roma. Non ha più motivazioni. È pieno di soldi, 12 milioni di euro netti all’anno. Venduto tre anni fa Totti avrebbe fruttato 70 milioni di euro. La Roma potrebbe giocare senza Totti mettendo al posto suo uno giovane che corre tre volte più di lui».
Ma è la bandiera della Roma!
I giocatori-bandiera sono la rovina delle società.
Ventura o De Filippi?
«
Chi vince il campionato?
«Moratti sicuramente. Ha la squadra più forte, il livello del campionato è molto basso e lui se lo merita. Avrà la grande soddisfazione di indossare uno scudetto stravinto e non strappato dalle magliette di altri».
Nessun commento.