- 31 Maggio 2004
La mamma di Raffaella Carrà, Iris Pelloni, disse una volta: “Raffaella ama molto i bambini ma credo che non si sposerà. A volte scherzando mi dice: “Vorrei avere un bambino. Fammelo tu che non ho tempo”. Ha avuto molti flirt: è molto volubile in campo sentimentale. E’ una donna che sarà infelice da vecchia. E’ destinata a restare sola”. Una predizione. Oggi Raffaella è alla guida della trasmissione televisiva più orientata sulla famiglia che ci sia.
Lei è sicuro che mia mamma abbia detto questo?
C’è scritto su un giornale.
Mia madre era molto restia a concedere interviste.
Però era preveggente.
Io non ho mai incontrato, se non nella fase adolescenziale, grandi amori che volevano assolutamente sposarmi…
Il calciatore della Juventus, Gino Tacchini…
Non mi sono mai sentita di legarmi. Io non vorrei dare la colpa a mia madre. Ma l’esempio che avevo in casa non era di quelli che ti spingevano al matrimonio. Lei sognava per me quello che non aveva avuto lei. Ma io in amore non ho mai avuto l’incontro fulminante. Il primo amore vero l’ho incontrato a 26 anni, Gianni Boncompagni.
Piaceva a sua madre?
Scherza? Fuoco e fiamme! Gianni mi ha insegnato tutto: l’autoironia, il senso dell’umorismo, il sarcasmo, e anche un po’ di cinismo. Mia madre non era d’accordo: Gianni era separato, aveva tre figlie.
E perché niente figli con Gianni?
Avere un figlio quando c’erano già tre bambine non era proprio una esigenza primaria. Io prima dovevo soddisfare egoisticamente il mio rapporto d’amore. In quel momento è esplosa una carriera internazionale molto forte. Non ebbi la forza di dire mettiamo su famiglia. Era più forte quest’altra. Sono passati gli anni e ho incontrato Sergio. Ed è nato tutto un altro rapporto. I 18 anni della mano nella mano, degli sguardi dolci che non avevo mai vissuto. Anche lui aveva una bambina ed era separato.
Non ce ne sono tanti di uomini liberi e senza figli sul mercato.
Ma quando io avevo 16 anni ce ne erano. Ma non mi piacevano perché io avevo bisogno di un uomo.
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- 27 Maggio 2004
Qualcuno lo considera l’erede di Michele Serra. La rubrica di Massimo Gramellini, dieci righe, ogni giorno sulla prima pagina della Stampa, è di quelle che possono uccidere. Guai a quel politico che entra nel suo mirino. Non importa essere di destra o di sinistra. Gramellini non sta da nessuna parte. Ma si diverte di più con la sinistra. Certa destra, dice, fa satira da sola. Basta guardarla per ridere. La sinistra no, si prende sul serio, è permalosa. Veltroni, per esempio…
Veltroni è la tua vittima sacrificale.
I personaggi pubblici sono dei simboli che mi aiutano a raccontare il mondo. Veltroni non è Walter Veltroni. Veltroni è il veltronismo, quel mondo a metà tra cinema, politica, spettacolo, quel cazzeggione superficiale che dice la prima cosa che gli viene in mente. Tu non diresti mai “Va’ dove ti porta il cuore”. Lui invece non se ne vergogna.
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Alla festa per i dieci anni di Forza Italia c’erano tutti attorno a Silvio Berlusconi. Gli ideatori, i fondatori, gli ideologi, i primi parlamentari. Tutti quelli che avevano compiuto il miracolo di creare dal nulla un partito e portarlo al successo in pochi mesi seguendo fedelmente l’intuizione del signore delle televisioni. A fare gli onori di casa era stata scelta lei, la più bella, Stefania Prestigiacomo, la giovane imprenditrice di Siracusa, ministro delle Pari Opportunità. Tutto attorno un’atmosfera di festa e di adorazione per il capo.
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- 24 Maggio 2004
A Bergamo c’erano due giornali, uno degli industriali e uno della Curia. Vittorio Feltri finì in quello della Curia. Faceva il critico cinematografico. Erano i tempi di Pietrino Bianchi, critico del Giorno, Giovanni Grazzini, del Corriere della Sera, Alberico Sala, del Corriere d’Informazione. C’era già Morando Morandini alla Notte. Pietrino Bianchi una volta arrivò a Bergamo e disse a Feltri: “Come critico sei una schiappa. Ma sei un grande cronista”. Feltri ci rimase male. Ma Bianchi aveva visto giusto. Sono ricordi di 40 anni fa.
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- 20 Maggio 2004
Per Piero Fassino è un mascalzone. Per i comunisti italiani è il numero due, dopo Oliviero Diliberto. Per i vecchi amici è Yul, a causa della sua testa pelata come Yul Brinner. Maria Laura Rodotà, quelli con la testa lucida come lui (Velardi, Rondolino, Minniti, La Torre) li chiamava Lothar. Sull’onda, la pelata era diventata trendy e si era diffusa, ma Marco Rizzo, 43 anni, rivendica la primogenitura. «Mi sono rasato a zero 22 anni fa al campeggio». Ma non era un look da fascista? «Un po’. Una volta dei compagni che non mi conoscevano, a una manifestazione, mi volevano picchiare. Erano gli anni Settanta. Io ero del Movimento studentesco torinese».
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- 13 Maggio 2004
La sua rubrica si chiama l’«Anticentro». Giordano Bruno Guerri, 53 anni, scrittore e giornalista, direttore dell’Indipendente, odia la moderazione. «È una vita che combatto chi accontenta tutti e non fa mai niente di deciso», spiega. È la persona adatta, Guerri, per parlare di terzismo. Dice: «Se terzismo è dare un colpo al cerchio e uno alla botte sono contro»
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- 6 Maggio 2004
Tanti anni fa era un democristiano doc. Aveva cominciato con la Costituente e in seguito era diventato più volte ministro. Di lui, i nemici, raccontavano che quando era magistrato aveva chiesto l’applicazione della pena di morte per un condannato. E dicevano anche che era un po’ bigotto e che aveva maltrattato una signora, in un ristorante, scandalizzato dalla scollatura troppo audace.
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