- 29 Luglio 2004
Michela Vittoria Brambilla, 37 anni, rossa di capelli, è l’affascinante presidente dei giovani imprenditori di Confcommercio, titolare di aziende di prodotti alimentari, figlia di un industriale di trafilerie. Qualcuno l’ha definita il presidente più sexy d’Italia. Lei è passata dal concorso di Miss Italia alla rappresentanza degli interessi dei commercianti e degli imprenditori del terziario. Tanto per capirci: quelli accusati di evadere l’Iva e di causare l’inflazione. Dice: «Non conosco commercianti che abbiano conti correnti alle Isole Cayman».
Sta dicendo che i conti alle Cayman ce li ha un’altra categoria di imprenditori?
«I poveri dettaglianti non hanno capitali all’estero. Non è tra di loro che bisogna cercare gli evasori».
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- 22 Luglio 2004
Aveva già comprato il biglietto per Strasburgo. Poi è arrivata la notizia. Non è stata la Zanicchi a battere Gawronski per 152 voti. È stato Gawronski a battere la Zanicchi per 147 voti. Tutto si era svolto all’insegna del fair play. Lui, sconfitto, aveva detto: «Essere sconfitti da una signora è meno doloroso». E lei, vincitrice, aveva detto: «Gawronski è un uomo di classe». Poi il ribaltamento.
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- 15 Luglio 2004
Perché un grande sindacalista non diventa mai un grande politico? Qualche settimana fa Ottaviano Del Turco ha dato la sua spiegazione: perché è vissuto come uomo di parte. Questa settimana vado a sentire Sergio D’Antoni, un altro caso da manuale. Da leader della Cisl è stato uno dei più potenti sindacalisti del dopoguerra. Poi ha tentato l’impresa di ricostruire il grande centro democristiano. Ha vagato per un centro disabitato, è approdato in una poco accogliente destra berlusconiana e adesso ha parcheggiato nel partito di Mastella. La spiegazione di D’Antoni è più realista di quella di Del Turco. Dice che i politici non vedono di buon occhio l’arrivo del sindacalista affermato, non accettano che si inserisca automaticamente negli alti livelli.
Il grande sindacalista arriva in politica e dice: «Eccomi qua, sono un leader».
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- 8 Luglio 2004
È uno dei più famosi e cattivi politologi italiani. Di formazione liberale, è diventato un idolo della sinistra, anche di quella più radicale. Giovanni Sartori, 80 anni, ripercorre, nell’immaginario della gente, la strada di Indro Montanelli. La sua autonomia di pensiero e la sua indipendenza di giudizio lo pongono spesso in contrasto con il mondo di Berlusconi. Tanto basta per farlo diventare un campione della libertà, perfino negli ambienti girotondini. È l’unico italiano che non è mai andato nel salotto di Bruno Vespa. «Non è esatto. Ci sono andato una volta».
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- 1 Luglio 2004
Decine di comici in libreria, vignette su tutti i quotidiani, umorismo in televisione, al cinema, alla radio. Teatri esauriti. Overdose di risate ovunque. È vitalità o crisi? Il fatto che ci siano molti comici vuol dire che c’è molta buona comicità in giro? E soprattutto: che cosa c’è da ridere? Serena Dandini, autrice comica, conduttrice tv, direttore artistico dell’Ambra Jovinelli, spiega: «Più i tempi sono duri, più l’evasione di una risata ti aiuta. Questa guerra infinita, queste elezioni infinite, questo buco dell’ozono infinito, quest’ansia infinita spingono alla risata».
Il livello è basso.
«Certo. Uno fa il provino. Ha un buon tormentone. Viene subito preso e sbattuto in televisione. Quando non funziona più si butta. Usa e getta. E si creano dei disadattati. Aldo, Giovanni e Giacomo hanno fatto una gavetta di anni.
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