- 4 Settembre 2000
Albiera, Allegra, Alessia. Difficile pensare che il papà, Piero, non si sia divertito con i loro nomi. Altri nomi: Tignanello, Sassicaia, nomi famosi nel mondo della gente che conta e nelle enoteche più raffinate, etichette di vini di grandi qualità e di alti costi. Antinori, nome nobile nel gotha dell’aristocrazia e rispettato nel gotha dell’industria enologica. Albiera, Allegra, Alessia, muovono passi riservati all’interno dell’azienda di famiglia ancora dominata dalla risolutezza e dalla genialità del papà. Comunicazione, rami secondari, progetti sperimentali. Si stanno facendo le ossa. Ma non è un azzardo immaginarle fin d’ora alla guida dell’azienda dopo aver mandato il padre in pensione.
Alessia, Allegra, Albiera, come era la vostra vita prima del vino?
Albiera: Liceo classico a Firenze. Niente di fantasioso.
Allegra: Collegio in Svizzera. Non andavo troppo bene a scuola: ero indisciplinata, irrequieta.
Alessia: Scuola americana a Firenze e poi università a Milano. Agraria. Diploma in viticultura e enologia.
Allegra: In collegio stavo proprio bene. Eravamo tutte uguali. Facevamo tutte la stessa vita.
Perché Allegra e Albiera non hanno fatto l’università?
Altiera: Ci fu detto che non ce ne era bisogno.
Però Alessia, la piccolina…
Alessia: Quando è arrivato il turno della piccolina, ce ne erano già due di sorelle in azienda. Io potevo continuare a studiare. Anche perché mio padre aveva finalmente capito che un po’ di teoria non fa male.
Come eravate da ragazzine?
Albiera: Io ero la prima e ho avuto l’educazione più rigida, vecchio stile. Da parte di mia madre soprattutto. Fino a 18 anni non potevo mettere piede in un locale pubblico. I miei amici potevano fare quello che volevano. E io no. Due anni dopo che mi ero sposata, ho preso il coraggio di fumare in pubblico.
Allegra: Con me le cose sono leggermente migliorate, ma solo perché me ne stavo nel collegio in Svizzera.
Alessia: Io ero sicuramente più libera. Comunque, fino a 17 anni, rientro alla mezzanotte. Poi fortunatamente me ne sono andata a vivere a Milano.
Tutte e tre a lavorare col papà. Come ha fatto a convincervi?
Alessia: Io avrei voluto fare Storia dell’Arte. Ma mio padre disse: perché non vai a fare il corso di enologia a Milano? Mi ha convinta così.
Allegra: Dopo il collegio andai in America a lavorare nella cantina Mondavi. Per un paio di mesi, in un negozio. Mi divertii come una pazza.
Albiera. Ancora oggi parlano di lei in Napa Valley.
Allegra: Per forza, avevo la mia casa, la mia macchina, la mia autonomia dopo due anni di collegio. Una pacchia.
Albiera: Io cominciai facendo una vendemmia. Poi dei lavori in cantina. Poi un viaggio per fare delle presentazioni. Poi una vendemmia ancora. Piano piano, quasi senza accorgertene, venivi risucchiata dall’azienda.
Inserimento dolce e artigianale. Vostro padre è un furbone.
Albiera: Senza spinte. Prova, vedi se ti piace. Un master in comunicazione. Immagine. Pubbliche relazioni. Poi mi fu data l’opportunità fantastica di occuparmi di una azienda in Piemonte, in autonomia.
In azienda c’erano dei signori che ne sapevano sicuramente più di voi…
Albiera: Se sei umile e disponibile ad imparare…
Alessia:…non hai problemi…
Allegra: …però non è facile entrare in una azienda dove ci sono manager che sanno il fatto loro. Ti guardano tutti con grande attenzione…
Che cosa fate in azienda?
Albiera: Io ho un figlio piccolo quindi i miei compiti sono da ridefinire. In futuro farò la parte commerciale, quella che mi diverte.
Allegra: Io mi occupo di immagine, comunicazione e progetti speciali. Adesso ho fatto partire l’agriturismo.
Alessia: Io mi occupo di progetti sperimentali. Per esempio l’olio surgelato.
Surgelato?
Alessia: Si conserva meglio. E’ l’ideale per i ristoranti.
Siete uguali o diverse?
Allegra: Totalmente diverse. Come il giorno e la notte. Tutte e tre determinate, appassionate, unite. Ma Albiera è più chiusa, introversa, ponderata, equilibrata. Ramo Gherardesca.
Albiera: Allegra al contrario di me è estroversa…
Con quel nome!
Albera: Ha una enorme capacità di relazionarsi con le persone. Dovunque. Con chiunque. Ramo Antinori.
Allegra: Se mi trovo in una situazione nella quale devo seguire le cose perfettamente, alla regola, non mi riesce. Imparerò.
Se non ci fosse stato il vino, che cosa avreste fatto?
Allegra: Qualunque cosa con gli animali, con i cavalli.
Albiera: Architettura.
Le case sarebbero rimaste dritte.
Allegra: Le mie invece sarebbero crollate!
Sarebbero crollate, ma ridendo.
Alessia: A me sarebbe piaciuto fare la giornalista di viaggi.
A chi non piacerebbe?
Albiera: E’ straordinario come mio padre sia riuscito a incastrare le cose in maniera tale che tutte e tre abbiamo il nostro settore. E che a tutte e tre piaccia fare quello che facciamo.
Andate d’accordo?
Alessia: Si.
Mai risse?
Albiera: Da piccole. Grandi dispetti.
I mariti che fanno?
Albiera: Mio marito tutta una serie di cose virtuali. Internet e varie. Quelle cose che non si capisce bene che cosa siano.
Sei sicura che lavori?
Albiera: Lavora lavora, ma vai a capire che cosa fa! Ha una azienda che si occupa di Internet, una che si occupa di Cd Rom. New Economy. Hai capito?
No.
Allegra: Il mio è di Prato. Lavora in una azienda tessile di proprietà della famiglia.
Voi bevete vino?
Allegra: Mica tanto.
Albiera: Io abbastanza.
Bevete vini della concorrenza?
Albiera: Sempre.
Traditrici.
Albiera: Non mi diverte per niente bere il nostro vino quando usciamo.
E i vostri bambini che cosa bevono?
Albiera: Coca Cola. L’adorano.
E tu li picchi?
Albiera: No, ma gliene faccio bere il minimo indispensabile.
Il papà vendette l’azienda a causa vostra…
Alessia: E la ricomprò a causa nostra. All’inizio, avendo tre figlie femmine, ebbe dubbi sul fatto che potessimo entrare in azienda. E vendette una grossa quota. Poi quando si rese conto che volevamo occuparcene, la ricomprò.
Allegra: Papà è una persona con una capacità straordinaria di conoscere tutto, di capire tutto in profondità.
Alessia: E’ un uomo d’affari con un grande amore per la terra.
Amore di figlie. Un po’ esagerato. In fondo vostro padre ha ereditato.
Albiera: Ha ereditato una azienda molto piccola. Che adesso è molto grossa.
Riuscite a tenere separata la famiglia dal lavoro?
Albiera: Per forza, se no mi si confonde la testa. Quando vado a casa spengo l’interruttore.
Allegra: Io invece chiedo consigli, aiuto. Mi sono sposata da poco. Sono in un momento di organizzazione.
Alessia: Io abito nell’appartamento sotto i miei genitori, ma sono sempre da loro a mangiare e non parliamo che di lavoro.
E’ vero che le aziende famigliari sono rissosissime e che alla fine si sfasciano, a volte le famiglie a volte le aziende?
Albiera: Bisogna fin da principio avere molto chiaro che una cosa è l’azienda, 180 persone con 180 famiglie che ci lavorano, e una cosa sono i dissapori, i momenti di incomprensione famigliari.
Ci riuscite? Dimenticate le tensioni quando tornate a casa?
Albiera: No, sinceramente no, è difficile.
Alessia: Le aziende famigliari funzionano se c’è uno che comanda…
Allegra: Se la famiglia funziona, è come avere una Ferrari, si accende e si parte a pieni giri. E non c’è manager che tenga. Nel momento in cui famiglia e lavoro si mescolano troppo, succede un macello.
I vostri nomi cominciano tutti per "A"? Per risparmiare sulle posate d’argento?
Allegra: Quando mia madre mi aspettava stava leggendo un libro intitolato “Allegra”. Un libro tristissimo.
E i figli di Alberia come si chiamano ?
Alberia: Uno Vittorio e l’altra Verdiana.
Ma allora ce l’avete come vizio!
Alessia: Abbiamo anche molti cani che cominciano con la A e anche cavalli. Asterix, Asso…
Alberia: Io per ripicca ho chiamato un cane Zullo, con la zeta, per dire basta.
L’unica spiegazione plausibile, comunque, resta quella delle posate.
Alessia: Ma no. E’ un caso.
Sembrate tutte e tre molto ottimiste.
Alberia : Io le cose negative le tiro fuori subito. Poi metabolizzo e tiro fuori anche le altre.
Allegra : Io invece il contrario. Io mi entusiasmo. Poi magari ho la delusione dopo.
Alessia: Anche io mi entusiasmo. E poi in un secondo tempo, ci ragiono.
Quale è il momento più bello per chi produce vino?
Allegra: Quando si vendemmia.
Alberia: No, quando lo si vende il vino a qualcuno che ti dice quanto è buono.
Allegra: Meglio allora quando lo stappi e lo bevi.
Alessia: Quando capisci che hai lavorato bene, hai comprato il vigneto giusto, l’hai impostato bene, tutto funziona bene. Quando vai in giro a presentare il vino e vedi le facce contente.
Chi è la più insopportabile di voi tre?
Allegra: Io mi assumo la parte di più insopportabile. L’importante è essere qualche cosa. Meglio insopportabile che nulla.
Albiera: Ognuno ha i suoi difetti.
Ho capito, ritiro la domanda. Voi vi sentite contadine o industriali?
Allegra: L’anima del viticultore è ancorata alla terra.
Albiera: Certo, quello che riusciamo a produrre lo dobbiamo alla terra. Ma ci vuole anche l’anima commerciale. Non basta avere un buon prodotto, bisogna anche essere capaci di venderlo. La nostra famiglia è sempre stata abile nel vendere. C’erano altre famiglie che facevano vino e avevano storie come la nostra. Anzi, meglio della nostra. Ma non avevano la sensibilità per capire che cosa voleva il mercato.
Allegra: La nostra abilità commerciale è dovuta al fatto che non siamo fiorentini al cento per cento. La nonna Carlotta Gherardesca era per più di metà americana. E anche il nonno Nicolò aveva la madre mezza americana. E’ il sangue americano che ha fatto grande la nostra azienda.
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