- 1 Gennaio 1980
E’ la fine dei misteri del caso Moro? “Io vorrei, ma non è così. Dietro le Brigate Rosse restano ancora molte ombre. Cinque processi non sono bastati a dissolverle”.
Alberto Franceschini, fondatore delle Brigate Rosse insieme a Renato Curcio, non ci sta a chiudere la storia degli anni di piombo senza aver completato l’operazione trasparenza. Mentre tutti, dai politici ai terroristi, sembra abbiano una voglia matta di archiviare, lui continua a porre domande. L’occasione gliela dà la conclusione del quinto processo Moro: Maccari è stato condannato all’ergastolo dopo aver confessato di essere il famoso ing. Altobelli, “quarto uomo” della prigione di via Montalcini dove insieme a Mario Moretti, Anna Laura Braghetti e Prospero Gallinari ha sequestrato, interrogato, condannato e infine ucciso il presidente della Dc Aldo Moro.
Allora Franceschini che cosa c’è che non la convince ancora?
“Dico solo una cosa: il “quarto uomo” era stato descritto da Valerio Morucci come una persona colta, preparata, in grado di reggere il confronto con Aldo Moro. Io lo conosco Maccari. E’ un borgataro. Assolutamente non all’altezza”.
E allora?
“Allora se lui è il “quarto uomo”, allora vuol dire che c’era anche un quinto uomo. Cosa del tutto probabile”.
Perché? Non bastavano loro?
“La Braghetti usciva tutti i giorni per fare finta di andare a lavorare, Moretti andava avanti e indietro per mezza Italia, perché doveva gestire i rapporti con il comitato esecutivo, Maccari era preso da problemi logistici e anche lui usciva spesso. Con Moro restava solo Gallinari? Un rischio troppo grosso. Impensabile”.
Insomma si continua coi misteri…
“Se Maccari ha fatto quel che dice di aver fatto, se addirittura – come sostiene Adriana Faranda – è stato uno di quelli che ha sparato ad Aldo Moro con la mitraglietta, possibile che finito tutto se ne è tornato tranquillamente a casa? Tutti gli altri in clandestinità, e lui a casa? Come se niente fosse successo?”
Si farà mai chiarezza su tutto?
“E chi lo sa? Troppe contraddizioni, troppi impicci. Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ha dichiarato alla Commissione Moro che l’appartamento di via Montalcini, in agosto, quattro mesi dopo l’assassinio di Moro, era stato individuato e messo sotto controllo dall’Ucigos. I brigatisti hanno effettuato il trasloco in settembre. E l’Ucigos se ne stava a guardare?”
E questo è il terzo mistero. Ce ne sono altri?
“Molti altri. Una signora ha dichiarato di aver visto la Renault rossa fuori dal garage alle 6,30 di mattina. Anche i racconti dei brigatisti concordano sul fatto che a quell’ora è stato ucciso Moro. Ma Moro – secondo la perizia medico legale – è stato ucciso dopo le 9,30. E il cadavere è stato ritrovato alle 12,30”.
Ci aiuti a dipanare la matassa.
“Moro potrebbe essere stato ucciso in qualche altro posto. Chissà dove lo hanno portato in quelle sei ore. Perché nessuno ne parla? Quali luoghi, quali persone bisogna tenere nascosti?”
Quali?
“E chi lo sa? Magari lo sapessi”.
Senta Franceschini, lei è uno dei fondatori delle Br. Fino al 1983, quando si è dissociato, era anche uno dei capi, anche se in prigione. Possibile che nessuno dei suoi compagni le abbia detto come sono andate le cose?
“Era una delle regole ferree che ci eravamo dati: chi finiva in prigione non contava più nulla. Quando sei “nelle mani del nemico” sei troppo vulnerabile. Poi c’era un’altra regola: non si fanno domande”.
Quando arrivava qualcuno in prigione di che cosa parlavate?
“Di politica. Io ho cominciato a fare domande solo da quando mi sono dissociato”.
E perché?
“Volevo capire. Avevo troppi sospetti”.
Quali?
“Il dubbio di essere stato strumentalizzato da quegli stessi che volevo combattere. Essere stato preso in giro dai miei nemici. Io devo capire: il sospetto di avere fatto oggettivamente il gioco di Andreotti non lo sopporto”.
Vogliamo continuare con i misteri ancora irrisolti?
“Un testimone oculare, un ingegnere che passava per via Fani in motorino, ha visto un uomo scendere dalla macchina guidata da Moretti e cominciare a sparare “come Tex Willer”. Quest’uomo non è mai stato individuato, anzi in tutte le ricostruzioni Moretti è da solo in macchina. Lo stesso testimone parla di una moto di grossa cilindrata con a bordo un uomo e una donna che gli hanno sparato colpendo il parabrezza del suo motorino. Anche di questa moto non si sa nulla. E’ scomparsa nei racconti e nelle ricostruzioni”.
Forse sono solo particolari insignificanti…
“Moro viene caricato su una 132 blu e poi trasbordato su un furgone in una piazza frequentatissima, in un’ora di punta. Ma nessuno ha visto niente e lo stesso furgone è letteralmente sparito nel nulla e non è mai stato ritrovato. Il rapimento di Moro ha degli elementi assolutamwente incomprensibili”.
Che cosa è che non si capisce?
“La prima regola che ci eravamo dati era che gli autori del rapimento non dovevano essere gli stessi che avrebbero gestito il rapito. Una precauzione assolutamente elementare. Quando organizzammo il rapimento del giudice Sossi, un commando lo prelevò e lo consegnò a me, a Margherita Cagol e a Piero Bertolazzi. Invece risulta che Moretti e Gallinari hanno partecipato sia all’azione di via Fani che alla prigionia di Moro. Insensato e rischioso”.
Poi c’è via Gradoli…
“Beh, la storia della seduta spiritica di Romano Prodi è ridicola e non vale nemmeno la pena di parlarne. Ma quando – alla fine – scoprono il covo di via Gradoli, perché viene subito data la notizia? “.
Che cosa c’è di strano? Comprensibile orgoglio.
“Comprensibile orgoglio? Quando il generale Dalla Chiesa scoprì il covo di Robbiano di Mediglia, lo imbottì di agenti, aspettò che i brigatisti tornassero e li prese di sorpresa. Se avessero fatto la stessa cosa con via Gradoli avrebbero catturato Moretti”.
Come fa ad eserne così certo?
“Quella mattina Moretti era uscito da via Gradoli molto presto. Doveva andare a Firenze per una riunione. Là vide il telegiornale che dava la notizia di via Gradoli. Uno del comitato esecutivo, presente alla riunione, mi ha raccontato che Moretti tirò un sospiro di sollievo. “Se non avessi visto la tv”, disse, “sarei tornato e mi avrebbero beccato””.
Ma perché, secondo lei, non si vuole fare chiarezza?
“I brigatisti sperano in un definitivo colpo di spugna. E il colpo di spugna è più facile se non c’è più nulla da scoprire”.
Ma anche i politici dicono che non c’è niente da scoprire…
“E quindi vuol dire che è proprio il contrario. Io penso che al di là della consapevolezza dei brigatisti, ci sia stato un gioco sporco del potere contrabbandato come inefficienza. Non li hanno saputi fermare o non li hanno voluti fermare?”
Non faccia domande. Dia le risposte.
“Io non metto in discussione la buona fede dei brigatisti. Dico però che ci poteva essere qualcuno al di sopra che li ha giocati”.
C’è stato un periodo in cui molti politici si davano da fare parecchio per capire. Flaminio Piccoli girava come una trottola da un carcere all’altro per parlare con i brigatisti…
“Forse per un genuino desiderio di verità. O forse perché voleva scoprire se esistevano veramente i nastri e il video dell’interrogatorio di Moro. Come se ne temesse i contenuti”.
Quei nastri non sono mai venuti fuori. I brigatisti sostengono di averli distrutti…
“Bugie. Noi delle Br pensavamo di essere al centro della storia. Non avremmo mai distrutto dei documenti del genere. Una volta preso il potere, sarebbero diventati un grande cimelio rivoluzionario. Quei nastri esistono, qualcuno ce li ha ancora da qualche parte. Se qualcuno li ha distrutti non è stato certo un brigatista. Io i nastri di Sossi li ho tenuti”.
C’è ancora un altro mistero, quello del prete – don Antonello Mennini – che sembra abbia visto Moro in prigione…
“Appunto. Le sue telefonate, intercettate, farebbero pensare ad un incontro tra lui e Moro. Ma il Vaticano lo ha spedito da qualche parte in Africa. E nessun giudice ha sentito il bisogno di andare a fare quattro chiacchiere con lui”.
E le telefonate che cosa dicono?
“La bobina più importante – c’era da giurarlo – è scomparsa”.
Effettivamente, ci sarebbero diverse altre cose da dire. E mi piacerebbe proporre personalmente qualche interrogativo ad Alberto Franceschini.
Che ne dice, è possibile realizzare un incontro a voce e attorno a un tavolo co Franceschini, per analizzare insieme alcune documentazioni, che non sono mai state lette con sufficiente attenzione?
Io sono disponibile …
Un saluto da Otello Martini