- 10 Giugno 2004
Faccia da bel bambino e vocetta stridula. Da stroncare la carriera a chiunque volesse cimentarsi con la tv. Invece Mario Giordano, 38 anni, è un personaggio televisivo popolare, di buona audience, sia col suo tg, Studio Aperto, che con le trasmissioni, Lucignolo e l’Alieno. Quando lavorava a Pinocchio con Gad Lerner, era diventato il Grillo Parlante, quello che aveva da ridire su tutti. Vado da lui nella speranza che sia rimasto quello di un tempo.
Da ragazzino ti prendevano in giro per la tua voce?
«Mi prendono in giro più adesso. D’altronde la mia voce dà fastidio anche a me. Quando la prima volta Maurizio Costanzo mi invitò, io rifiutai. Ero convinto di non potermi presentare in tv».
E poi sei diventato il «Grillo Parlante».
«All’inizio facevo le schede. E le leggevo in riunione. Un giorno Roberto Fontolan, vice di Lerner, disse: “Prova a registrarne una”. Provai e Gad mi mandò in video».
Eri così anche a vent’anni?
«Ero ancora più bambino. Domenico Agasso, vecchio piemontese, mio maestro al Nostro Tempo, quando mi mandava a fare un servizio serio, mi diceva: “Giordano, vada a comprarsi una barba finta”».
Il Nostro Tempo era il giornale cattolico dove hai conosciuto Marco Travaglio. Lui sostiene che eri di sinistra, allora.
«Lui era berlusconiano».
Travaglio dice che tu vedi berlusconiani dovunque. Lui dice che è sempre stato montanelliano.
«A quei tempi essere montanelliano voleva dire essere berlusconiano».
Ti era simpatico?
«Gli debbo molto. Mi ha insegnato le prime regole del giornalismo. Ma simpatico è parola grossa. Lo ricordo determinato. Raramente sfiorato dal dubbio. Aveva una formazione da integralista cattolico».
Travaglio ti ricorda «grassoccio e con le guance rosse».
«È vero, arrivavo dalla campagna. Sono nato ad Alessandria. Ma il paese delle vacanze e delle amicizie era Canelli dove andavo a fare le vendemmie da mio nonno. Giocavo a pallone e a pallacanestro. Ero tifosissimo del Torino. Ho fatto il liceo classico Piana, quello di Umberto Eco. E di Cristina Parodi. Era già bella».
Ti piaceva?
«Era proprio un altro universo. Non si filava per niente quelli come me».
Quanto guadagnavi al Nostro Tempo?
«Cinque mila lire a pezzo».
Poi la collaborazione al Giornale.
«Sempre grazie a Travaglio. Gli davo una mano a fare lo sport da Torino. Poi Avvenire, Epoca, Repubblica. Gavetta. La prima assunzione fu all’Informazione di Pendinelli. Poi Feltri. Scrissi due articoli.
Il secondo lo pubblicò in prima pagina e dopo una settimana mi assunse».
Quindi Gad Lerner. Grillo Parlante in bicicletta.
«Era l’epoca di Prodi e facevo l’anticiclista. Andavo sul posto a vedere le cose».
Praticamente un Gabibbo.
«Un Gabibbo serio».
Politicamente come ti collochi?
«Chi fa questo mestiere non deve schierarsi».
Per chi voti?
«Non lo dirò mai, e non andrò mai sul palco a presentare un partito politico».
Orrendo attacco al maestro Lerner.
«Io sono più simile a Feltri. Anche lui ha delle idee che esprime di volta in volta, a volte sembra leghista, a volte fascista, a volte anarchico».
Sarai mica terzista!
«Io non sono cerchiobottista».
Cerchiobottista non è terzista. Il terzista è un uomo di parte disposto a riconoscere torti suoi e ragioni degli altri.
«Non è terzismo, è senso civico. Basta essere una persona intelligente».
Gad Lerner è terzista?
«Io gli voglio un bene dell’anima, ma non è terzista».
Perché non mi dici per chi voti?
«Perché è irrilevante».
Tanto lo so che voti per Berlusconi.
«Pensa come vuoi».
Dimmi dei tuoi famosi 30 giorni al Tg1.
«Mi aveva chiamato Lerner. Me ne sono andato quando lui ha dato le dimissioni».
Signorile solidarietà.
«A dire la verità se restavo mi facevano a polpette».
Avevano già cominciato?
«Non ero riuscito nemmeno a farmi dare una scrivania. Nessuno mi voleva. Passavo la giornata aggirandomi per i corridoi in cerca di una stanza. In quei trenta giorni non ho fatto praticamente nulla».
Non hai lasciato tracce di te alla Rai.
«Solo lo stupore del capo del personale. Mi disse: “Non ho mai visto un inviato che dà le dimissioni dalla Rai”».
Sei tornato al Giornale.
«Il giorno prima di dare le dimissioni avevo detto a Belpietro: “Se mi dimetto tu mi ripigli?”. Risposta: “Alle stesse condizioni di prima. Non una lira di più”».
Carogna.
«Ho vissuto un’estate in cui credevo di essere diventato moderatamente ricco e mi sono ritrovato come prima».
Sul Giornale hai scritto della «fedele e disastrosa gestione del Tg1 di Borrelli».
«Fedele e disastrosa? Non ricordo».
Te la faccio vedere.
«Ci credo. Ma non ricordo».
Eri più coraggioso una volta. Che fine ha fatto il Grillo Parlante?
«Forse lo pensavo, se l’ho scritto».
E cosa pensi degli altri direttori?
«Sono tutti bravissimi».
Dio mio!
«Non farmi litigare».
Condividi la scelta di Lilli Gruber di candidarsi?
«Fa venire qualche dubbio sulla sua obbiettività precedente».
Una scelta fatta anche da altri: Fede, Badaloni, Nuccio Fava, Del Noce…
«Io sono contrario. Un giornalista non si deve schierare. I giornalisti hanno una funzione simile a quella dei giudici».
Voglio un giudizio su Mentana.
«È bravissimo».
È considerato meno berlusconiano di Mimun. Non ti pare strano?
«Hai descritto una situazione di fatto, è così. Il Tg5 si è guadagnato stima e rispetto da tutti però anche il Tg1. Molti degli attacchi a Mimun sono strumentali».
Tu ti vanti di non aver mai preso buchi a Studio Aperto. Il Tg1 è un colabrodo. È per questo che lo attaccano.
«A me il Tg1 piace».
Vabbé ho capito.
«No, guarda, è veramente bello. Mi piace come Mimun mescola gli argomenti».
Qualcuno dice che il tuo non è un tg.
«Un tg che parla ai ragazzi può escludere i personaggi del Grande Fratello? Se ne stanno accorgendo anche i giornali. Il Corriere della Sera ha mandato Cazzullo a raccontare la storia di Costantino».
Parlami di Emilio Fede.
«Fede ha creato l’informazione qua dentro e gli siamo tutti riconoscenti».
Sei un furbetto. Hai introiettato la prudenza. Parlami del rampante Giorgino, noto per litigare con Mentana in diretta.
«Onestamente attaccare Giorgino non presente non l’ho trovato un gesto di grande signorilità».
Fantastico! Stai criticando Mentana!
«Però ho trovato l’intervento in diretta di Giorgino francamente eccessivo».
Di nuovo cerchiobottista. Ora voglio nomi di voltagabbana.
«Torni alle vecchie interviste?».
Visto che sei così sfuggente.
«La Pivetti è una che ha avuto diecimila trasformazioni. Dalla croce vandeana alle borchie, da Scognamiglio a Platinette. Ma mai in soccorso dei vincitori. Così come Mastella. Applica al suo partito il vecchio sistema delle correnti della Dc. Non sono voltagabbana».
Quando vince la destra i movimenti sono verso destra. E viceversa. Pomicino sarebbe andato con Mastella se i sondaggi avessero dato la destra perdente?
«Però non è un voltagabbana. Dice le cose che ha sempre detto».
E Mastella? Ti immagini la rabbia di un fascista che ha votato Mastella?
«Il vero voltagabbana è solo chi modifica gli equilibri politici».
Intendi Bertinotti?
«Bertinotti non è un voltagabbana».
Bossi?
«Bossi sì. Una volta lo è stato».
Alleluja.
«Però quelli che votavano Lega hanno continuato a votarla».
Volevo ben dire. Senti, facciamo una trattativa. Tu mi dici il nome di un voltagabbana e io smetto di tormentarti.
«Ma non è da Grillo Parlante dire quello che dicono tutti».
D’Antoni? La Malfa? Guzzanti? Bondi? Adornato? Scognamiglio? Dini? Savelli? Foa? Ferrara? Marcenaro? Liguori? Cicchitto? Amato? De Michelis? Martelli? Carrara? Bertucci? Su, non è difficile.
«Hanno solo cambiato idea. Di tutti questi il caso più doloroso, perché coinvolge l’aspetto umano, è Amato».
Vedi che se ti applichi…
«Ti sembro sfuggente?».
Sei sfuggentte. Te la metto su un piatto d’argento: quelli di Lotta Continua che volevano cambiare il mondo e si sono accontentati di un posto da direttore?
«È l’evoluzione naturale della persona. La rivoluzione la vuoi a venti anni».
Tu avresti mandato via Biagi e Santoro?
«Io non manderei via mai nessuno. Sono per moltiplicare. Però mi infastidisce il martirio di alcuni personaggi amati».
Infastidisce anche i martiri.
«Molta gente prima lavora e poi non lavora. Gente viene e gente va. Da Minoli in poi».
Ma loro due sono proprio scomparsi dagli schermi. Come Travaglio. Tu l’hai mai intervistato a Studio Aperto?
«Io no».
Perché non lo intervisti? Vende un casino di libri. È letto dai giovani. Per i tuoi telespettatori Travaglio non esiste.
«Non facciamo presentazioni di libri. Non abbiamo neanche presentato quello della Fallaci».
Tu daresti una rubrica a Travaglio?
«Una rubrica a Travaglio no».
Perché no?
«Perché sono contrario alle rubriche».
La Carlucci mi ha detto che Italia 1 è piena di comunisti. Si riferiva a te?
«Italia 1 è un spazio in cui convivono voci diverse. C’è però anche qualcuno che fa da censore su tutto il resto».
Cioè?
«A me piace molto l’imitazione che mi fa De Luigi ma mi infastidisce il tono della Gialappa’s quando decide che cosa è bene e che cosa è male».
Il tuo giornalista di punta?
«Gabriella Simoni ha coperto tutta la guerra in maniera egregia, meglio della Botteri, molto meglio della Gruber. È la migliore inviata italiana».
Hai visto la festa di Forza Italia? Non ti è sembrata un tantino adulatoria?
«Tutte la manifestazioni di partito, quando riescono bene, sono adulatorie. Da Craxi in poi. Ed è giusto che il militante di un partito sia un adulatore. Se ci sono pochi adulatori, le sale sono vuote e i partiti si preoccupano».
Fammi la classifica degli adulatori.
«Non ci penso nemmeno».
Ma che razza di Grillo Parlante sei?
«Io ero Grillo Parlante. Adesso sono direttore. Ruoli diversi».
Studio Aperto va alla grande.
«L’ho preso al 4 per cento, quello della sera, e adesso la media è oltre il 12 per cento. Quello di pranzo era al 12 per cento e adesso fa il 18 per cento. Tutto questo senza particolari traini. I nostri spettatori ce li conquistiamo uno per uno».
La televisione che non ti piace?
«Quella di cui mi debbo occupare, i reality show. Ma anche tutto il piagnisteo di Amici. Genitori che scrivono ai figli, fidanzati che piangono, Costantino e le sue ragazze. Faccio tanti servizi su Costantino, ma proprio non riesco a guardarlo».
Berlusconi lo conosci?
«L’ho intervistato a fine marzo. La volta prima lo avevo sentito al telefono in autunno. Questo per dirti la frequenza».
Sei riuscito a piazzare delle domande fra le sue risposte?
«Una quindicina».
L’hai interrotto quando prendeva fiato?
«Io sono bravissimo a interrompere».
Che cosa pensi delle sue gaffe?
«Lui è spontaneo e dice cose in sintonia con la gente. È una certa intellighenzia perbenista che le considera gaffe».
Gli islamici… la civiltà superiore…
«Non è una gaffe. Lo pensano tutti e credo con buone ragioni».
Schulz… il kapò…
«Non è una gaffe. Un particolare, incidentale, marginale, è stato ingigantito».
Mussolini che mandava in vacanza i dissidenti…
«Non è una gaffe. Sono estrapolazioni di un discorso. Senti, ieri D’Alema ha detto che i giornalisti si occupano solo di pettegolezzi. Se lo avesse detto Berlusconi che cosa sarebbe successo?».
Qual è la critica che ti è bruciata di più?
«Mi dà fastidio quando mi attaccano sulla voce, sull’aspetto. Come quel genio assoluto di Giancarlo Dotto, che tra l’altro è pagato riccamente da Mediaset. Sull’Espresso ha scritto un’intera pagina sulla mia ambiguità sessuale».
In occasione di cosa?
«A dicembre avevo fatto un’intervista a Platinette e alla Pivetti. Dotto ha scritto che c’era un uomo vestito da donna, una donna che si veste come un uomo e in mezzo io, uno con la voce così, con l’aspetto così. “Ambiguità sessuale totale”. Livello basso, diciamolo».
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