- 2 Dicembre 2004
Lui è l’uomo del 61 a 0, il cappotto che il Polo ha imposto all’Ulivo alle ultime elezioni politiche in Sicilia. Gianfranco Micciché. È anche l’uomo che qualcuno volle coinvolgere nello scandalo della coca al ministero dell’Economia, un paio di anni fa. Si poteva anche sospettare, a voler essere maliziosi, che fra i due episodi ci fosse correlazione. Il successo crea invidia. Però, a dirla tutta, quando lessi del pusher fotografato mentre entrava nel ministero, non mi meravigliai più di tanto. Micciché lo ricordavo, quando ero direttore di Cuore, disegnato mentre sniffava coca dal suo amico d’infanzia Vincino Gallo. L’ipergarantista Vincino. Micciché, come la mettiamo? Mangiando gamberoni alla griglia e bevendo vino siciliano davanti alla sua casetta nel parco delle Madonie Gianfranco Micciché parla di tutto. Da un po’ di tempo si agita. Quando si parla di rimpasti, di lui non si parla. Quando si parla di coordinatori nazionali, lui rimane a bocca asciutta. Nonostante quel 61 a 0. O forse per colpa del 61 a 0?
«Io non amo fare la vittima. Ma in quella storia della droga fui vittima».
Una polpetta avvelenata?
«Una cosa combinata».
Un trabocchetto di Forza Italia?
«Spero di no».
Perché non dici con coraggio: «Andate a quel paese. Io sniffo tutta la coca che mi pare».
«Non direi la verità. Non nego di aver fatto uso di coca da giovane. E non mi pento. Ma ciò che faccio oggi è diverso da quello che facevo quando avevo vent’anni».
Perché Vincino ti disegnava che sniffavi?
«Perché lo sapeva bene…».
Musotto ha detto che sei un politico con un gran fiuto.
«Battuta cretina. Troppo facile e troppo squallido. Musotto si è pentito e mi ha chiesto scusa pubblicamente».
Torniamo a quel 61 a 0, madre di tutti i tuoi guai.
«Fu un errore. Ma non l’ho fatto apposta. Vincemmo anche dove dovevamo straperdere. Fu un errore e l’ho pagato. Il giorno dopo le elezioni un politico importante, Lillo Mannino, mi disse: “Quelli del tuo partito te la faranno pagare”. E così è stato».
Quelli che te l’han fatta pagare tu li hai chiamati «i talebani».
«Storie antiche, superate».
Lotte fra l’anima democristiana e quella Fininvest.
«L’anima Fininvest non esiste più».
Dell’Utri.
«Per me esisterà a vita. Ma il suo perenne stato da imputato non gli permette più di occuparsi del partito e quindid non è più tra quelli che eprendono le decisioni con Berlusconi. Oggi, il più alto in grado tra gli uomini ex Fininvest sono io, ma non mi si fila nessuno. Ogni mese Berlusconi mi telefona che sarò ministro. E non lo sarò mai».
I nomi dei talebani?
«Quelli che si opposero a che io diventassi coordinatore nazionale. E avevano fatto tanti errori».
Esempi di errori?
«I 14 deputati persi per le liste civetta. Un errore di cui avevo avvertito tutti. Dissi: “Se prendiamo il 30 per cento perdiamo 16 deputati”. Berlusconi disse: “Verificate questa cosa che dice Gianfranco”».
Forse non lo capirono.
«Era una persona troppo intelligente, il talebano, per non capire».
Il talebano? Diciamolo: Scajola.
«Certo. Lui pensava che avremmo preso il 25 per cento che avrebbe garantito l’elezione di tutti i suoi amici».
Mi perdo nella legge elettorale.
«Berlusconi, appena eletti, alla prima cena, c’erano tutti, ebbe la malaidea di dire a Scajola: “Gianfranco te lo aveva detto”».
Imperdonabile. Gli altri talebani? Bondi? Allora contava poco.
«E oggi conta? Leggi i giornali. Si parla di rimpasto. Tutti parlano, tutti dicono la loro, tranne Forza Italia. Bondi è assente».
Tu ce l’hai con Bondi e con Cicchitto.
«Ce l’ho con loro perché non valorizzano il partito. Pensa che ho fatto di tutto perché diventassero coordinatori».
Hai sbagliato?
«Non sono contento».
Non sei contento di te.
«Non sono contento di loro. Tengo troppo a questo partito. Talebani o non talebani, prima c’era un coordinatore, Scajola».
Chi potrebbe essere adesso?
«Prima dell’operazione dei talebani, con i miei amici più intimi, sostenevo che migliore di me non poteva esserci nessuno».
Ti dispiace di non fare il ministro?
«Un po’ mi rompe ma non perché non faccio il ministro».
Perché allora?
Perché Berlusconi non è messo nelle condizioni di farmelo fare».
Sicuro?
«Tutte le volte che mi incontra dice che devo fare il ministro».
E tu?
«Io gli dico sempre sì. E poi niente. Ora basta, mi sono scocciato. Eppure lui aveva vicino a sé un gruppo di persone brave».
Chi?
«Gli uomini Publitalia. Dell’Utri, Cipriani, Loiucco, Martusciello. Ma Berlusconi patisce l’accusa di fare un partito-azienda. Il partito-azienda c’è stato per tre mesi. Ma oggi dove sta tutta questa azienda?».
È vero che vuoi fare Forza Sicilia?
«Ho proposto a Berlusconi di fare un partito unico di centro in Sicilia. Forza Italia in Sicilia prende più voti dell’Udc in tutta Italia. Eppure l’Udc ha il presidente della Camera, aveva il commissario europeo, due ministri, due viceministri, sette sottosegretari. Noi siciliani niente».
Eri di Lotta Continua. Ti senti voltagabbana?
«Assolutamente no».
Perché no?
«Perché ho scoperto che cosa sono. Mi hanno mandato per vent’anni in piazza a gridare: “Libertà!”. Fino a quando ho capito che la sinistra non voleva dire libertà ma regime, imbroglio, bugia. Quindi oggi li odio.».
Quando eri in Fininvest votavi a sinistra?
«Berlusconi mi diceva: “Sei comunista e juventino”».
Fede anche era juventino, poi è diventato milanista.
«Fede ha il diritto anche di diventare donna se Berlusconi glielo chiede. Lo adora».
E tu?
«Anch’io. Lo adoro perché è una persona di una generosità straordinaria. Quando sono andato via da Fininvest, mi spettavano 200 milioni. Me ne ha dati 810, la cifra che mi serviva per comprare la casa».
Dell’Utri sostiene che a Berlusconi si deve sempre dire di sì e poi fare quello che si vuole.
«Ha ragione. Alle elezioni del 61 a 0, Berlusconi mi vietò di fare l’accordo con Fiamma Tricolore. Io gli dissi sì e poi lo feci, disobbedendo. Fu la chiave del successo».
Sei uno litigioso?
«Direi di no».
Hai rischiato una rissa al ristorante Camponeschi, a Roma.
«Per una battuta».
Racconta.
«È passata vicino a me una ragazza e mi ha dato involontariamente un colpo di anca. Io dissi: “Finalmente il governo Berlusconi ha avuto un colpo di culo”. Arrivò Raf, il cantante, suo fidanzato e mi disse: “Venga fuori”. Io dissi: “Era una battuta innocente. Se lei pensa che fosse un’offesa le chiedo scusa”. Lui: “Venga fuori”».
Sei andato fuori?
«Scherzi? Ero terrorizzato. Camponeschi è sotto casa di Previti. Tutti gli uomini della sua scorta assistevano alla scena».
E sono intervenuti?
«Presero di peso Raf e lo buttarono fuori. Lui andò dai carabinieri e denunciò il fatto».
Aveva le sue ragioni.
«La sua è stata una reazione legittima, ma è anche vero che certa gente ha sempre bisogno di pubblicità».
Chi ti piace a sinistra?
«Chi non ha rubato, e sono pochi. Chi è intellettualmente onesto e sono ancora di meno. Chi non è violento. Ne rimane uno solo, Marco Boato».
Tu sei di destra?
«In economia. Sulla fecondazione artificiale sono di sinistra».
Non ti pare che Berlusconi abbia messo troppi avvocati nel suo partito?
«Forse è stato un errore, ma lo ha fatto in buona fede».
Il capo dell’adulazione nei confronti di Berlusconi?
«Tajani. Non ho mai visto nessuno più adulatore di lui. Adulazione pura, credo per amore».
Gioco della torre. Tremonti o Siniscalco?
«Butto Siniscalco».
Il tuo ministro.
«Io adoravo Tremonti. È antipatico, avaro, non ama il Sud, però è un personaggio debole. Non aveva mai il coraggio di chiedere aiuto ma ne aveva tanto bisogno».
Tu glielo avresti dato?
«Gliel’ho dato. Quando cercava di fregare i soldi al Sud gli sanguinavano gli occhi, io mi accorgevo subito e paravo il colpo. Tremonti non riusciva a nascondere quello che faceva. Siniscalco è un po’ più difficile».
Più bravo?
«Più torinese».
Dell’Utri o Berlusconi?
«Butto Berlusconi».
Ma veramente?
«L’amore che ho per Dell’Utri è secondo solo a quello che ho per alcuni miei familiari stretti».
Se alla fine venisse condannato in quanto mafioso?
«Nessuna sentenza al mondo potrà convincermi che Dell’Utri è un mafioso».
Mangano era un mafioso, stava a casa Berlusconi. Ce lo aveva portato Dell’Utri.
«Posso sapere che qualcuno è un mafioso soltanto se viene arrestato e condannato. Mangano era un ragazzo di vent’anni, non aveva condanne. E aveva vent’anni».
Aveva 33 anni.
«E se anche avesse avuto una condanna… Per assumere uno stalliere si deve chiedere la fedina penale?».
Anche tu ogni tanto sei sospettato.
«Le prove che sono contro la mafia, le aveva anche Caselli».
Cioè?
«Basterebbe tirare fuori tutte le mie intercettazioni per dimostrare che sono contro la mafia. Mi intercettano da sempre, 24 ore su 24».
Le quaranta telefonate del tuo amico Fecarotta, processato per mafia…
«È più di un amico. Abbiamo vissuto una vita insieme nello stesso ambiente».
Non era un mafioso conclamato?
«Abbiamo fatto parte degli stessi salotti per decine di anni, quelli frequentati da tutta Palermo, anche da persone insospettabili come Giuseppe Ayala».
Vespa o Costanzo?
«Vespa è servile, ma rispettoso delle persone che ha in studio. Costanzo decide prima chi deve uscire male dalla trasmissione. Salvo Vespa».
Rispettoso o servile?
«Rispettoso, mi correggo, rispettoso».
Rispettoso – dicono – soprattutto coi potenti.
«E Costanzo no?».
Previti o Dotti?
«Berlusconi non ha licenziato mai nessuno. Se lo ha fatto con Dotti vuol dire che l’avveva combinata veramente grossa».
Milan o Juventus?
«Juventus».
Sarebbe meglio che tu tifassi Milan.
«La Juve non è mai finita in serie B».
Milan-Juventus. Vai alla partita insieme a Berlusconi. Come ti comporti?
«È successo. Ero in Publitalia. Al secondo goal di Schillaci cominciai a fare gesti di sfottò verso Berlusconi».
Sfottevi il Grande Capo?
«Mi poteva buttare fuori il giorno dopo».
Berlusconi non licenzia nessuno.
«Però mi disse una cosa giusta. Io ero fra i clienti di Publitalia. Sfotterlo davanti a loro non fu elegante».
Mastella o Pomicino?
«Pomicino. Si arrabatta in idee sempre uguali. Per Mastella ho simpatia. Ha seguito una strada che non era di tradimento».
Peggio Bossi?
«Se intendi quello del ‘94, non c’è dubbio. Il suo tradimento ci costò il governo. Ma se non lo faceva Bossi, succedeva lo stesso. In quell’occasione ci fu una sorta di rigetto di un corpo estraneo inserito in un organismo malato».
Fammi capire.
«Non eravamo accettati. La burocrazia dello Stato non ci rispondeva nemmeno al telefono. Eravamo i marziani».
Un esempio.
«Dopo esser stati eletti, Berlusconi nominò Tedeschi presidente dell’Iri. Poco dopo mandò Gigi Grillo da lui per chiedergli una cosa assolutamente legittima che tutti facciamo, assumere il capo ufficio-stampa della campagna elettorale, Filippo Pepe, in una società dell’Iri.Tedeschi disse no. Quello era il clima. Eravamo inermi».
Casini o Pera?
«Casini è il numero tre delle istituzioni perché Berlusconi l’ha voluto e adesso pensa di essere il numero uno. Dimentica che è Berlusconi che l’ha mandato lì».
Santanchè o Mussolini?
«Salvo la Mussolini. È una di sangue, di idee. La Santanchè sembra una di potere».
Vorresti la Mussolini in Forza Italia?
«Io non vorrei donne».
Sei misogino?
«Ho brutte esperienze con le donne in politica. Perfino con la Prestigiacomo a volte ho delle liti micidiali. Vogliono pari opportunità, quote di salvaguardia. In realtà poi alla fine loro possono fare i capricci. E io no. Sono invidioso».
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