- 30 Dicembre 2004
Per la diessina che lotta per le quote il Professore è il miglior leader dell’Ulivo. Per il futuro, però, sogna un Premier donna. L’ex militante dell’ultrasinistra, ex moglie di Renato Mannheimer (oggi sposata al dg della San Paolo Imi), critica sia la destra che la sinistra: «Nel mio partito ci sono ancora troppe pigrizie, arroganze e conservatorismi».
Barbara Pollastrini, coordinatrice delle donne diessine, è sempre attenta ai temi delle pari opportunità, dei diritti delle donne, della laicità della politica.
Se l’immaginava la destra liberale sulle barricate a difendere le radici cristiane dell’Europa?
«Berlusconi è in caduta di credibilità. Ferrara, Buttiglione, Pera, Adornato corrono in aiuto e tentano di costruire una piattaforma ideologica a un centrodestra in affanno. Si vuole dare ideologia al populismo di Berlusconi. Chi ne fa le spese sono le donne che devono fare un passo indietro».
Ma Bondi dice che Forza Italia è un partito femminile perché, come le donne, ha concretezza. E in più Forza Italia piazza le sue donne, Prestigiacomo, Gardini, Bertolini, Carlucci.
«Ma quelli che comandano sono Tremonti, Scajola, Berlusconi, Bondi, Cicchitto, Dell’Utri. Uomini. Non c’è una donna. Per loro le donne devono stare in adorazione del capo. Le donne a destra non contano nulla».
Ci sono eccezioni?
«Chiara Moroni, Margherita Boniver. Chiara Moroni è nel comitato dei referendum, Margherita Boniver ha detto no alla legge sulla fecondazione assistita, la legge burqa».
Miccichè dice che le donne in politica danno problemi, sono capricciose.
«Poveruomo».
Lei è favorevole alle quote rosa, il numero obbligatorio di candidature femminili alle elezioni?
«L’Italia è al 68° posto nel mondo come presenza di donne in Parlamento. Le quote sono poco eleganti ma necessarie. Le donne in Italia sono più avanti di quanto non vogliano riconoscere le classi dirigenti. Quante ricercatrici ci sono donne? Tantissime. Quante donne rettori? Nessuna. Quante donne giudici? Tantissime. Quante nei vertici della magistratuta? Nessuna».
Sono cose che succedono anche nel suo partito.
«Sul mio partito so essere severa, non si preoccupi».
Parliamone subito.
«Nulla è regalato alle donne. Nel mio partito, se siamo un passo in avanti rispetto agli altri, è perché ce lo siamo conquistato, molto banalmente».
Un partito di sinistra dovrebbe esprimere naturalmente questa tendenza.
«La differenza tra destra e sinistra è che a sinistra combatti, ottieni e sposti avanti l’asticella, dei valori, delle politiche».
Anche a sinistra le donne debbono combattere per ottenere quello che spetta? Chi è che si oppone? Contro chi dovete combattere?
«Non vorrei sembrare brutale: ogni posto che va ad una donna viene tolto ad un uomo».
Appunto. Come a destra.
«No, no…».
A sinistra si oppongono un po’ meno?
«Non solo ma la sinistra ha idee e programmi che, quando serve, con conflittualità, avanzano. Nel governo dell’Ulivo avevamo sei ministre. Turco, Bindi, Finocchiaro, Iervolino, Melandri, Belillo».
Berlusconi ne ha soltanto due.
«E di livello discutibile. Noi siamo il partito che ha più sindache, più donne nelle istituzioni e, soprattutto, una classe dirigente diffusa di donne più giovani».
Aveva detto che sarebbe stata severissima col suo partito.
«Ci sono ancora troppe pigrizie, arroganze e conservatorismi».
Una volta lei ha invitato la Prestigiacomo ad aprire gli occhi.
«Si trattava della fecondazione assistita. Apra gli occhi, lo ripeto. E capisca che il suo partito sta portando indietro le donne. Ma le donne che hanno votato Berlusconi si stanno svegliando. Hanno a che fare con la quotidianità, la spesa, il caro-casa. La Prestigiacomo non apre gli occhi, ma le sue elettrici sì».
Le donne sono più o meno corrotte?
«In Mani Pulite sono pochissime».
Avendo meno potere hanno avuto meno occasioni.
«Tutte le inchieste fatte sulle donne e la politica dicono che gli italiani ritengono le donne concrete e disinteressate».
Che cosa pensa dei voltagabbana?
«I trasformisti non mi piacciono, quindi non dedico loro molto tempo. Ma ci sono ovunque, in politica, come nel caso recente di Piero Borghini che è andato con Formigoni, ma anche nel giornalismo, nell’università. E gli intellettuali non sono meno dannosi. Hanno spacciato questo trasformismo come un nuovo riformismo. È patetico. Andare con Formigoni non è nuovo riformismo. È appoggiare il centro sinistra».
Lei, politicamente, ha cominciato con Servire il popolo, i maoisti guidati da Aldo Brandirali. Brandirali oggi sta con Cl. Lei in un partito riformista. Chi è il voltagabbana?
«Io sono rimasta di sinistra e sto nell’Ulivo. Lascio decidere a lei».
Quali sono le caratteristiche dei voltagabbana?
«Sono persone fragili culturalmente, poco interessanti. Prenda Adornato, per esempio, quando interviene si sente. È diventato molto ampolloso col principe. Si capisce che è una persona debole, intellettualmente».
Bertucci era di Forza Italia. È andato con Mastella. Poi è tornato a Forza Italia. Nel giro di pochi mesi.
«Questo è accattonaggio politico».
Martusciello, coordinatore campano di Forza Italia, sostiene che Pomicino è andato con Mastella perché lui non l’ha voluto candidare alle europee.
«Sono scelte. Sta poi alla gente che vota decidere cosa fare di loro».
Come è arrivata alla politica?
«Con il movimento degli studenti, all’università Bocconi. Sono anni che non rinnego, a differenza di molti miei coetanei che erano nel movimento studentesco come me e che dopo hanno dimenticato. Io faccio parte di quelli che dicono: anni formidabili».
È stata con il partito maoista italiano.
«È stata un’esperienza di gioventù. Da subito mi ero innamorata della classe operaia. Quando il movimento studentesco è andato un po’ in declino, ho scelto per qualche mese l’Unione dei marxisti leninisti perché ci si occupava delle grandi fabbriche. Andavo a volantinare alla Pirelli alle sei di mattina».
A quei tempi era sposata con Renato Mannheimer. Mi diceva che avevate imparato a fabbricare le bottiglie molotov.
«Io no davvero».
Lei è comunista ancora?
«Il Pci è parte della mia identità. Ma sto bene con i cambiamenti avvenuti».
Veltroni ha detto: mi sono iscritto al Pci ma non ero comunista, ero kennediano.
«Beh, non deve essere stato facile per lui. Io mi sono iscritta al Pci perché era il partito della classe operaia. Ma mantengo sempre un elemento minimo di estraneità rispetto ai miei leader. Loro hanno fatto la Fgci, io no».
Nel Pci fu coinvolta nella faccenda di Mani Pulite.
«Sono stati tre anni dolorosi, credevo di non farcela umanamente, ogni giorno ad aspettare di poter andare in quella famosa aula a fare la mia deposizione. Ogni rinvio per me era un castigo. Mi sono ritirata da tutto, sono stata in casa, sola, con mio marito, la mia famiglia, i miei amici. Poi il giorno dell’assoluzione è stato il più bello della mia vita. Non proverò mai un’emozione così. Mai».
Era stata accusata da uno del suo partito, Sergio Soave, esponente della destra migliorista.
«Preferirei non parlare di questa cosa perché è ancora dolorosa anche se è stata a lieto fine».
Capisco la sua ritrosia ma è un fatto politico, non personale. Nella federazione milanese del Pci si scatenò una serie di accuse tremende. Soave, accusato di corruzione, tirò in ballo lei, avversaria del suo gruppo politico.
«Allora avevo pensato che fosse questa la ragione».
Un altro avversario, Ludovico Festa…
«Avversario molto duro. Chiese le mie dimissioni più volte».
Festa mi ha detto: non voglio parlare della Pollastrini. È una carrierista, poco generosa.
«Adesso Festa lavora al Foglio. Io ho rotto con loro non per carrierismo, come insegna la mia vita, ma per motivi politici, sull’elezione di Achille Occhetto».
Risentimenti nei confronti dei giudici?
«Bisogna avere forza d’animo. Io ero e sarò sempre garantista ma continuo a difendere l’autonomia della magistratura».
Lei poteva anche fare quello che è successo ad altri, passare dall’altra parte.
«O anche cominciare a odiare. Io non volevo uscire da quella storia ripiegata e amareggiata. Cinica. Oppure anche più furba. No, io volevo uscirne ancora un po’ appassionata. E fiduciosa. E quindi il mio atteggiamento è stato: perdoniamo tutti. Ho lavorato molto sui sentimenti. Mi è andata bene, ma me lo meritavo».
C’era corruzione nel Pci?
«Alcune inchieste hanno detto di sì. Ma quasi nulla in confronto agli altri partiti. Nel Pci nessuno si è arricchito per sé».
Lei non se ne accorgeva?
«No, poverina, ero una beata innocente. Se dico così però poi mi prendono in giro. Diciamo che ero troppo innamorata di quel partito».
Lei, da giovane, amava gli operai. Adesso è sposata con Pietro Modiano, un alto esponente della finanza italiana. Prima contestava la Scala, adesso va alla prima.
«Quando con mio marito abbiamo iniziato ad “amoreggiare”, lui faceva l’impiegato al Credito italiano».
Capisco. Non se l’è sposato direttore generale della San Paolo Imi.
«Tutt’altro. Era più povero di me allora».
D’accordo. Però l’operaista…
«Mai stata operaista, ma dalla parte del mondo del lavoro e dei giovani. Mai andata in Autonomia Operaia e neanche in Lotta Continua».
Però è stata maoista.
«Per sei mesi. A fronte di quattro anni di Movimento Studentesco. E di trent’anni di militanza nel Pci-Ds».
È più di sinistra lei o suo marito?
«Forse io. Lui è più moderato di me. A lui piace Franco Debenedetti, a me no. È anche uno di quelli che dice della sinistra: "Unitevi e non fate tante storie, siate seri”».
Esistono donne che possano diventare presidente del Consiglio o della Repubblica?
«Con alcune deputate avevamo proposto Rosa Russo Jervolino. Io sono contentissima di Ciampi, ma anche Rosa sarebbe stata un ottimo presidente».
E una donna primo ministro?
«Ci vorrebbe una politica che sappia osare. Dirò di più. Bisogna avere l’ambizione di avere donne segretarie dei partiti».
Ma donna premier?
«Nomi non ne faccio. La danneggerei. Prodi a noi va benissimo».
Mica voglio contrapporla a Prodi.
«No…»
La verità è che non ci sono in Italia donne che possano fare il primo ministro.
«È più facile che il candidato premier sia un uomo perché tutti i segretari dei partiti sono uomini. Dobbiamo favorire al massimo la valorizzazione delle donne in tutti i punti della società, perché anche noi dobbiamo avere una platea più larga per la selezione».
Insomma, al momento non c’è una donna in grado di guidare il governo. La Melandri… se la immagina presidente del Consiglio?
«Magari ora no, tra qualche anno sì. La Turco perché no? La Bindi, la Finocchiaro. E tante altre. La Bresso intanto è candidata per guidare il Piemonte… Però insisto, c’è Romano Prodi. A lui chiedo una squadra di governo di donne e di uomini. Non mi piacciono i leader solitari.»
Vattimo non sarebbe per niente contento della Bresso. Gli ha fregato il posto alle europee.
«Pazienza… gliel’ho detto… ogni donna porta via un posto a un uomo…».
Vattimo ha reagito duramente.
«Non è stato un signore».
Fosse stato Gawronski…
«Non l’avrebbe fatto».
Per essere la coordinatrice delle donne del suo partito, la si vede molto poco in tv.
«Io sono autonoma e libera, quindi non ho grandi appoggi. Forse non sono mediatica».
Da Vespa vanno tutti.
«Io una sola volta».
Vespa sta con i potenti?
«È un signore «romano» e quindi sta dalla parte dei potenti».
Il risotto di D’Alema vale il contratto di Berlusconi.
«Non accetto confronti assurdi».
Chi è che le piace a destra?
«Hanno fatto dei disastri, come potrebbero piacermi?»
Piace Casini, a volte.
«Dopo quello che ha detto su Dell’Utri? Magari mi piace Biondi».
Lei è molto solidale nei confronti delle donne. Anche verso quelle di Forza Italia, tipo Isabella Bertolini che ogni giorno fa dichiarazioni insultando Fassino?
«Non sono tutte uguali le donne. Quando leggo cosa dice la Bertolini mi viene da piangere. Ma in genere con le donne sono più indulgente. E so che le donne qualche rischio di più lo corrono».
Però… anche Rosy Bindi… favorevole alla legge sulla fecondazione assistita…
«Con Rosy Bindi, su tutto il resto, vado d’accordo».
Una persona così attenta ai valori della libertà…
«Prima della libertà Rosy ritiene che ci sia un punto etico legato al cattolicesimo più intransigente».
È la posizione di Buttiglione.
«Sì, su questo punto è molto simile».
Gioco della torre. Voglio sapere una sola cosa: Prodi o Rutelli?
«Tengo Prodi. Ma voglio unire tutti».
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