- 2 Marzo 2006
Trambusto, polemiche, rivoluzioni. Un anno vivace per il calcio televisivo dopo la perdita dei diritti televisivi da parte della Rai. Tra le vittime rimaste sul campo, Enrico Varriale. Su Rai Due, fino allo scorso anno, conduceva Stadio Sprint. Quest’anno, scomparsa Stadio Sprint, ha sostituito nella trasmissione della Ventura Massimo Caputi impegnato nell’Isola dei Famosi.
«E per sette settimane l’ho fatto, con soddisfazione, mia, degli autori, della Ventura stessa», racconta Varriale. Ma poi qualcosa è successo. Non si è capito bene cosa. Ordini e contrordini. Confusione. Qui pro quo. Dichiarazioni dei consiglieri di amministrazione Rai, contrasti tra rete e struttura sportiva, interventi del sindacato. Inizialmente il problema sembrava solo far tornare Caputi al suo posto ma poi la situazione si è complicata. Caputi era sotto inchiesta per aver pubblicizzato le magliette «Gatta ci cueva» della moglie, fatto che era stato denunciato da Striscia la notizia. «Una cosa francamente da mettersi le mani tra i capelli dal punto di vista della deontologia professionale», ricorda Varriale. E ricorda anche le denunce di Gigi Moncalvo, capostruttura di Rai Due, contro la Ventura che si presentava al lancio del telegiornale con le tute Adidas. Insomma una grande confusione. Che ne dici, Enrico, delle accuse di Moncalvo? «Non lo so». Però? «Però se lo dice uno come lui…». E Caputi? Come è finita con le magliette? «Una settimana di sospensione con il dieci per cento dello stipendio. Ridicolo se pensi che Mazzocchi, l’anno scorso, per aver fatto pubblicità non occulta a dei condizionatori d’aria sulle radio romane, è stato sospeso per due mesi dalla Domenica Sportiva». In effetti i giornalisti non devono fare pubblicità. «Ma allora Venier, Ventura, Bonolis non devono fare interviste. Noi la smettiamo di fare pubblicità, loro la smettano di fare i giornalisti».
Enrico, ti secca di essere stato fatto fuori da Quelli che il calcio?
«Mi sono sentito come uno cacciato da casa. Io sono un giornalista Rai e chi mi ha mandato via, Simona Ventura, è di passaggio».
Sei cascato in piedi. Ora fai Sabato Sprint.
«Bella trasmissione, vincente sulla concorrenza. Però, la domenica è un’altra cosa.
Tu sei uomo di Moncalvo?
«Non ho niente a che vedere con lui. Anzi, quando l’ho conosciuto non mi piaceva. Aveva scritto che se avessero messo me a fare la Domenica Sportiva avrei fatto la “Domenica Sportiva all’amatriciana”».
Perché Simona Ventura ti voleva male?
«Non lo so. Il vero problema potrebbe essere stato Lele Mora. In quel momento era contemporaneamente agente della Ventura e di Caputi. E ha imposto una scelta contraria a quella di Moncalvo che privilegiava un giornalista interno Rai».
Cacciato te, Galeazzi al posto tuo.
«Bisteccone è buono per tutte le stagioni».
Sono potenti i giornalisti sportivi?
«Direi di no. Gianni Brera mi raccontava che i giornalisti sportivi erano importanti, facevano le formazioni delle nazionali».
Tu hai litigato con Zoff.
«L’Italia aveva giocato in Bielorussia e non era andata oltre uno stentatissimo zero a zero, giocando veramente male. Però aveva ottenuto la qualificazione all’europeo. Io mi sono avvicinato a Zoff e gli ho detto: “Di questa partita dobbiamo salvare la qualificazione, perché la prestazione è stata modesta”».
Errore. Dovevi dire: «Mister, come va?».
«Qualche giornalista che fa domande vere si trova. Ma non siamo maggioranza».
Piccinini?
«Sì, è uno che fa il giornalista. Un’altra che fa le domande vere è Donatella Scarnati».
Hai litigato anche con Moggi.
«Non è così negativo come appare. È dotato di una certa umanità. Ma ha l’atteggiamento del boss del calcio italiano. Se non gli piace una domanda dice: “Questa è una domanda sciocca”. Io gli ho sempre risposto: “Vediamo se le tue risposte sono allo stesso livello!”. Un giorno mi ha detto: “Devi fare le domande su ciò che riguarda le partite e non su altro». E tu?
«Io gli ho detto: “Moggi, quando sarai direttore della Rai mi verrai a dire come debbo fare la trasmissione. Per adesso fa’ il tuo mestiere”. In redazione ci fu un’ovazione».
Quelli del calcio sono come i politici. Vogliono visibilità ma non critiche.
«Basta non consentirglielo».
Parliamo di pubblicità occulta. Chi la denuncia fa una brutta fine. Prima di Moncalvo, anche Oliviero Beha.
«Anche Paolo Francia. Denunciò alla commissione parlamentare di vigilanza che c’era una proliferazione di maratone con grande esposizione di marchi e con ascolti che non giustificavano l’investimento. Fu rimosso da direttore di Rai Sport».
Ce n’è molta di pubblicità occulta?
«I controlli sono più efficaci in Mediaset che in Rai».
E i calciatori che si tolgono la maglietta e sotto hanno un prodotto da pubblicizzare?
«Tipo Vieri con la sua maglietta. Il quale poi ha fatto la linea pubblicitaria con Maldini. Ma adesso i giocatori che si levano la maglietta vengono ammoniti».
Io vedo anche molti berretti…
«Se mi presento a bordo campo di una partita della Nazionale e ho un bel berrettone con scritto Nike, chi me lo viene a levare?».
Gli sponsor fanno bene allo sport? Non si impicciano un po’ troppo?
«Ai mondiali americani Baggio giocò la finale in condizioni non straordinarie. Si disse che lo sponsor Diadora si era impuntato perché non poteva perdere quella vetrina».
Oppure Ronaldo.
«La mattina della finale dei mondiali in Francia aveva avuto un collasso. Ma giocò lo stesso perché la Nike non poteva rinunciare a quella finestra planetaria».
Poi ci sono i conflitti tra sponsor personali e ufficiali.
«Ma questo è legittimo. Se tu guardi l’ultima foto della squadra nazionale vedi Buffon e Cassano con le scarpe Puma, sponsor ufficiale e gli altri con Diadora o con Adidas, sponsor personali. Hai visto i nuovi palloni coloratissimi? Buffon si è lamentato perché creano difficoltà ai portieri soprattutto di notte. Sono palloni Nike. Qualcuno ha attribuito la sua protesta al fatto che lui è sponsorizzato dalla Puma».
Il calcio andava benissimo quando non c’era la televisione.
«Pure meglio. Oggi il problema sono i costi».
Che lievitano a causa della televisione. Il gatto si morde la coda.
«Poi si gioca troppo per esigenze televisive. C’è calcio tutte le sere. È mostruoso. Le squadre grandi hanno due o tre formazioni, le piccole non ce la fanno e perdono».
C’è anche troppo calcio parlato?
«Il mercato lo richiede. Novantesimo minuto faceva il 30 per cento di share. Stadio Sprint faceva il 18 per cento».
E adesso che i diritti ce li ha Mediaset?
«Mentana fa il 24, Domenica Stadio il 6. La nostra professionalità è uscita vincente dal confronto».
La gente si è rotta di tutto questo calcio.
«Può essere. Ma io penso che abbia inteso manifestare il suo dissenso sul modo in cui è avvenuta questa perdita. Perché noi i diritti li avevamo presi, c’era stata la stretta di mano tra il mio direttore e Galliani».
Galliani…
«Galliani giocava tre ruoli. La mattina era Mediaset, il pomeriggio era Milan e la sera Lega».
Fregoli.
«Appunto. In ogni caso le nostre trasmissioni erano migliori di quelle di adesso. Piccinini è bravo, e non a caso Controcampo va bene, ma non sono tutti Piccinini».
Meglio Piccinini o Mazzocchi?
«Da due anni la Domenica Sportiva perde rispetto a Controcampo nonostante abbia il miglior opinionista di calcio, Giorgio Tosatti».
Mazzocchi…
«Piccinini ha una grande credibilità…».
Mazzocchi…
«Mazzocchi fa l’Isola dei Famosi e va a ballare dalla Carlucci. Poi conduce la Domenica Sportiva. E la credibilità? Il calcio ha una liturgia precisa».
Quindi Galeazzi…
«Galeazzi è simpatico, ha la battuta pronta, racconta barzellette. Ma quando ha cominciato a fare l’uomo di spettacolo ha esagerato».
I figli di Moggi, di Callieri, di Tanzi, di Cragnotti, di Geronzi. Un conflitto di interessi grande come una casa.
«In effetti troppi figli. Come fai ad andare a trattare con tuo padre?».
Quando uno diventa presidente dice sempre che lo fa per il bene della città?
«Si diventa presidenti perché il calcio è un grandissimo e rapidissimo veicolo di popolarità. Berlusconi il salto di popolarità lo ha fatto col Milan. Cairo chi lo conosceva prima che diventasse presidente del Torino?».
I dirigenti Rai dello sport sono sempre di destra, Francia, Bruno, Maffei…
«La sinistra ha lasciato campo libero, sottovalutando il valore simbolico e politico dello sport, la sua capacità di creare consenso».
Tu sei di sinistra.
«Sono socialista, non craxiano…».
Dicono tutti così.
«La prova è che non sono andato in Forza Italia. Ero un socialista lombardiano…».
Sei stato raccomandato per entrare in Rai?
«Ho iniziato da precario, a Napoli. Ero stato indicato come uno che aveva un amico socialista, Giulio Di Donato».
Si sente in Rai la transumanza in attesa della presunta vittoria della sinistra?
«Si sente dai discorsi, dalle presenze alle riunioni sindacali, dalle dichiarazioni ai giornali. C’è gente che fino a poco fa era molto attenta a Berlusconi e al Milan. Oggi gli senti dire che spera che il Milan perda».
A sinistra chi non ti piace?
«Quelli che inciuciano e strizzano troppo l’occhio alla destra. Tipo i riformisti alla Debenedetti. E quelli come Claudio Velardi che fu l’uomo macchina del primo premier Ds della storia, D’Alema, e oggi fa il consulente per tutti, leghisti compresi».
Gioco della torre: La Rosa o Marzullo?
«Salvo Marzullo. Anna La Rosa fa un programma inutile».
Bobo o Stefania?
«Butto Stefania. I socialisti non possono stare a destra. Con i leghisti».
Vespa o Costanzo?
«Salvo Costanzo, ma quello di Bontà Loro. Ormai si nutre solo di Costantini».
De Filippi o Ventura?
«Ti sorprendo: salvo la Ventura. Tranne Amici, le cose che fa la De Filippi… i tronisti…uomini e donne….sono indecenti. La Ventura è un grandissimo animale televisivo. Però…».
Però?
«Ormai è convinta di essere la Rete Due. Mi ha raccontato un collega che un giorno il Tg2 mandò un’intervista a Bettarini e lei telefonò al direttore arrabbiata: “Queste cose nella mia rete non le voglio sentire!”».
Mentana o Ferrara?
«Salvo Ferrara. Mentana aveva detto che non avrebbe imitato Porta a Porta ma poi, dopo qualche puntata, ha ceduto al cognismo»
Mughini o Mosca?
«Mughini è uomo di cultura. Mosca è un personaggio da cabaret. Ma non è l’unico. Franco Melli, quando fa la spalla di Max Giusti che imita il presidente Lotito dovrebbe ricordarsi che è un giornalista».
Bonolis o il Penombra?
«Il Penombra certamente è cupo, ombroso. Il soprannome è azzeccato. In quella vicenda mi sono piaciuti i colleghi di Mediaset».
Hanno espulso Bonolis.
«Hanno detto: a casa nostra non ci vieni ad insultare. E si sono schierati a falange con il loro direttore. E hanno vinto».
Anche a te ti hanno difeso.
«Però hanno perso. In Mediaset sono stati più bravi che in Rai»
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