- 19 Febbraio 2000
Grandi prati. Una trentina di bambini guidati da maestre si aggirano fra le spaziose costruzioni di una moderna azienda, guardano dentro attraverso enormi vetrate, lanciano gridolini riconoscendo mamme e papà al lavoro, raggiungono di corsa un parco giochi e poi si rifugiano in un asilo dove cominciano a disegnare sdraiati per terra.
In un’altra ala della costruzione si intravedono una decina di persone, uomini e donne, impegnate a muovere quelle macchine infernali che servono per tenersi in forma. Fitness. “Dobbiamo star bene noi e dobbiamo fare stare bene quelli che lavorano con noi. Dobbiamo guadagnare ma non a scapito dei dipendenti”. Due regolette semplici ma rivoluzionarie, almeno al giorno d’oggi.
Diego Della Valle, leader di uno dei gruppi più importanti (500 miliardi di fatturato) nel settore calzaturiero (Tod’s, Hoogan) e dell’accessorio, spiega così la sua filosofia che lo ha portato a costruire la sua ultima fabbrica in maniera così anticonvenzionale. Grandi spazi, soffitti alti, tanto verde, tanta luce. Verrebbe da dire: che spreco. In uno stanzone in cui siamo abituati a vedere trenta persone gomito a gomito, sguazzano sei dipendenti. Un’idea in fondo geniale. Nella campagna marchigiana aria, verde, luce non costano niente o quasi. E ci allontanano dallo stress. Veramente fuori del comune. Sulla facciata dell’azienda non c’è scritto niente. Understatement all’ultimo livello. Ci si ferma davanti al cancello e solo l’intuizione ci fa capire che siamo arrivati. Nemmeno sul campanello c’è scritto Della Valle. “D’accordo, siamo nel 2000, l’azienda è modernissima. Ma i bambini e la ginnastica che cosa c’entrano?”. Diego Della Valle continua sulla strada della semplicità.
Senza spremersi troppo il cervello e senza avere la presunzione di inventare nulla, era giusto pensare alla vita quotidiana di una persona mediamente giovane che comincia la mattina, si alza e pensa: dove vanno a finire i miei piccoli?
Dove vanno a finire?
Appunto. Se li portano qui in fabbrica. Escono insieme da casa dopo aver fatto colazione e non si separano nemmeno durante le ore di lavoro. I piccoli all’asilo nido, i genitori a cucire scarpe.
La fabbrica è diventata la nonna?
Qua le nonne hanno ancora una grande funzione di baby sitter. Il calore di una nonna in forma è insostituibile. Ma ci sono anche i nonni che lavorano. O i nonni non sempre disponibili. E allora molte mamme preferiscono portare qui i loro bambini. Sono più tranquille, se li sentono a 50 metri, nell’intervallo li vanno a trovare, e alla fine tornano a casa insieme.
E la palestra?
E’ un altro dei problemi delle coppie giovani. Un problema meno assillante, d’accordo, ma il miglioramento della qualità della vita passa anche attraverso un fisico a posto.
Una specie di fabbrica totalizzante: si entra la mattina, si esce il pomeriggio dopo aver mangiato, pensato al pupo e anche buttato giù la pancia. L’ideale per una donna con poco tempo.
Potrebbe sembrare un po’ paternalistico nel senso peggiore della parola. Ma è un rapporto molto normale tra noi e chi lavora. I risultati sono ottimi. La gente qui ci sta volentieri.
Fare i propri affarri ma non sulle spalle degli altri. Lo diceva prima.
E’ molto facile accumulare fortuna od avere successo se lo fai a tutti i costi. Se lo vuoi fare cercando di non disturbare il prossimo è un po’ più difficile ma dà molte più soddisfazioni. All’inizio io credevo che questa idea fosse solo una cosa di buon senso. Ma quando la prima volta da una di queste grandi finestre ho visto passare i bambini tenuti per mano dalle mamme che li portavano agli asili ho avuto un senso di soddisfazione completa. In un minuto mi sono reso conto di avere avuto la capacità e la fortuna di essere alla guida di un’azienda dove riusciamo a fare le cose che facciamo con questo clima e questo ambiente. E siamo un’azienda fra le quattro leader nel mondo nel suo settore.
La palestra quando è frequentata?
Nell’orario della mensa, oppure la sera, alla fine del lavoro. E’ molto frequentata dalle donne. Per molte è la prima volta. Le donne marchigiane non avevano questa abitudine. Il miglioramento estetico e del benessere: molte si sono accorte che nella logica della vita famigliare non guasta. Io mi ricordo che tanti anni fa molte donne che lavoravano nelle fabbriche erano come abbrutite dal lavoro: la famiglia da crescere, le otto nove ore di lavoro, fare da mangiare. Mantenevano in ordine la famiglia e in disordine ci andavano loro, esteticamente e psicologicamente.
A quanto mi risulta la sua è l’unica azienda con uso di palestra.
Gli imprenditori, soprattutto se di generazioni un po’ vecchie, pensano che in una fabbrica si lavora e non pensano che un’ora di ginnastica non cambia nulla all’impresame migliora la qualità della vita di chi ci sta.
Anche gli asili nido non sono così frequenti.
Ce ne sono, ma in poche aziende. Se ti vuoi tenere le persone brave, calcolando che fra pochi anni molti mestieri permetteranno alle persone di lavorar da casa, devi dar loro una situazione tale che tra stare a casa e stare qui non trovano differenze grandi. Altrimenti si mettono davanti al computer e lavorano da casa.
Asilo nido e palestra sono anche un risparmio.
Risparmiano soldi naturalmente ma è l’aspetto psicologico che è vincente. I genitori sono molto più tranquilli sapendo che i bambini sono a pochi metri da loro. E quando è bel tempo i bambini girano e vedono il padre o la madre che lavorano. Familiarizzano con l’ambiente. Servirà anche per non far avere in forte antipatia il posto di lavoro quando saranno grandi.
I bambini si abituano fin da piccoli che questa sarà la loro fabbrica?
Se si pensa di guidare la loro vita in questo modo, invece di fare del bene si fa del male. Io però credo che stando a contatto con un posto così non si fanno una brutta idea di quello che è un posto di lavoro. E quando toccherà a loro non ne avranno un pessimo ricordo.
Però le fabbriche non sono tutte così.
Qualche giorno fa ho visitato in Inghilterra una fabbrica di scarpe che volevo comprare. Tornando verso Londra mi sono detto: non la comprerò mai. Ho visto un degrado, un rapporto con le persone che lavorano, un ambiente di lavoro che in Italia non ho mai visto. Nemmeno cent’anni fa c’erano cose del genere da noi. Ambienti malsani, brutti, sporchi, a rischio, la gente abbrutita da un tipo di lavoro mai migliorato. Il vecchio concetto della miniera di cento anni fa.
Non si può fare roba di lusso come facciamo noi, frequentare negozi di lusso, strade di lusso, se non si è tranquilli su quello che c’è dietro tutto questo.
Tutto ciò diminuisce la conflittualità?
Non la diminuisce, ma certamente non la peggiora.
Quante donne lavorano da voi?
Circa 500.
Le donne lavorano meglio?
Sicuramente non peggio. Noi abbiamo un gruppo di donne, tra dipendenti e dirigenti, molto in gamba.
Lei che atteggiamento ha nei confronti delle donne?
Io posso essere definito il tipico maschio italiano. Vengo dalla provincia, frequentavo il Bar dello Sport dove si parlava di calcio e si raccontavano inesistenti conquiste femminili.
Quanto di peggio.
Esatto. Nonostanteciò ritengo che le donne abbiano le stesse chances nel lavoro degli uomini. Non mi viene mai in mente di pensare sul lavoro: questa è una donna.
Ma alla fine le donne qui da voi fanno carriera?
Nei nostri quadri dirigenziali c’è un bel gruppo di donne. Saranno il 40 per cento.
Sono tante.
Perché sono brave.
Ci sono donne migliori di altre?
Le ultime generazioni mi piacciono molto. Mi piace il loro atteggiamento verso le cose, le persone e il lavoro. Molto leale e diretto. Hanno una voglia di fare che prescinde dagli aspetti materiali.
Sono carrieriste le donne?
Come gli uomini. Non vedo nessuna differenza. Hanno le loro ambizioni e le portano avanti senza problemi.
Le donne devono lavorare?
Fa bene a tutti lavorare. L’ozio fa male. Capita spesso di vedere donne che non lavorano e che massacrano le famiglie, che hanno tempo da perdere e lo perdono male. Io credo che le donne debbano lavorare. L’ideale è fare un lavoro che piace.
Il lavoro rende la donna più indipendente.
Una donna senza un mestiere ha ottomila problemi più di un uomo nel momento in cui si dovesse reinventare la vita.
La casalinga quindi rimane a un livello inferiore?
La casalinga intelligente è reattiva come la donna che lavora. E’ l’eroina di casa perché sacrifica le possibilità che la vita le mette a disposizione. Però la donna che non lavora e che non ha interessi forti corre il rischio di avere il cervello che gli si ammoscia per strada.
Il mondo del lavoro è maschilista?
Ci sono dei settori, quelli legati alla creatività, dove ormai non c’è più alcuna differenza. In qualche altro settore e in qualche parte di Italia forse si. Nell’industria pesante, o in certe regioni, l’uomo prevarica ancora. Ma nelle aziende dove c’è gente giovane questo problema non esiste più.
L’uomo è infastidito di dover cedere il passo a una donna?
Una volta se avevi un capo donna tutti ti chiedevano: come ti trovi? Adesso è impensabile. Quindici anni fa faceva impressione anche a me incontrare il presidente di un grande gruppo americano e scoprire che era una donna. Poi, essendo un italiano, davo pure un’occhiata.
Ci sono casi di molestie sessuali nelle sue fabbriche?
Non mi è mai arrivata notizia. Ma queste sono zone dove episodi del genere, ove succedessero, sarebbero regolati dai mariti, dai fratelli. Non ti farebbero scrivere dall’avvocato. Ti aspetterebbero fuori dal cancello.
Quante coppie avete?
Non ne ho idea, molte si formano qua. Mi invitano spesso ai matrimoni.
Che rapporto ha lei con le donne?
Sano. Normale. Le donne mi piacciono. Mi piace avere un rapporto alla pari. Naturale.
Quali sono le donne mito della sua gioventù?
Come tipi di donne? Audrey Hepburn, Sophia Loren, Candice Bergen.
Mica male.
Ma bisogna ricordarsi che esistono anche donne come Rita Levi Montalcini e Margherita Hack.
Bisogna?
Molti di noi sono formati dalla vita del bar. E il bar, da questo punto di vista, forma male.
Ho capito. Quali donne le piacciono?
Mi piacciono le donne sane, con un gran bel carattere, con la faccia sorridente, eleganti. Jacqueline Bisset.
E tra la Cucinotta e la Ferilli chi preferisce?
Le conosco tutte e due bene: sono belle, intelligenti e simpatiche. Hanno le caratteristiche per piacere a tutti.
Le conosce bene? Vuoi far morire di invidia qualche milione di italiani?
Le conosco bene. Con amicizia. Sono due donne moderne, con i piedi per terra.
Come hai vissuto il femminismo?
E’ stata una rottura di scatole mondiale. Io non capivo perché ci fosse da incazzarsi così tanto. Io ho sempre pensato che una donna e un uomo, a parte la differenza estetica, dal punto di vista dei valori e dei principi dei diritti e dei doveri, fossero del tutto uguali. La cosa che mi ha dato più fastidio, in ogni caso, è stato quando il fenomeno è diventato una moda. Mi ricordo all’università: su ogni cosa si faceva dei distinguo. E io allora me ne andavo molto volentieri a giocare a biliardo.
Il femminismo le ha dato fastidio ma i risultati…
Il femminismo è stato un ottimo grimaldello. Sono gli eccessi che sono stati banali. Ma il principio di mettere a posto le cose non si può che condividerlo.
Le donne nella sua fabbrica guadagnano come gli uomini?
Più o meno si. Secondo le tariffe sindacali nazionali.
E le dirigenti?
Sono pagate per le qualità professionali che hanno. Le donne brave hanno un mercato del lavoro assolutamente equivalente a quello degli uomini.
Senta, siamo alla fine dell’intervista. Ci dica una cosa sincera, ma proprio sincera. Quanto le piacciono le donne? Fino a che punto?
E’ una domanda alla quale bisogna proprio rispondere?
Che fa, si appella al quinto emendamento?
Mi appello a tutto quello cui ci si può appellare.
Nessun commento.