- 30 Settembre 2004
Una gaffe dietro l’altra. Francesco Giorgino, volto emergente del Tg1, non se ne risparmiava una. Prima, al festival di Sanremo: un colpo di adulazione a favore del direttore del Tg2, Clemente Mimun, che sarebbe diventato suo direttore al Tg1. Poi la rissa in diretta con Enrico Mentana durante la quale si autodefinì «il volto di punta del Tg1». Infine l’autopubblicità, sempre al Tg1, della sua comparsata nel film Natale in India. Molti si chiedevano: ma da dove arriva? Come nasce? Chi lo raccomanda? Io avevo cominciato a inserirlo nel Gioco della Torre. «Chi butti, Giorgino o Marzullo?» Buttavano sempre lui. E lui cominciò a innervosirsi. Ogni tanto mi arrivavano messaggi trasversali. Giorgino è seccato, diceva la catena di sant’Antonio del gossip. «Che c’entro io con Marzullo?», si chiedeva. Gli intervistati spesso rispondevano brutalmente, come Serena Dandini («è vivo da due minuti e si sente il più grande giornalista d’Italia»), Iva Zanicchi («è sempre impettito, sembra che abbia ingoiato una scopa»), Antonio Polito («Diventerà direttore: ha la vaselina nel sangue»). Poi un giorno decidemmo di intervistarlo. Ma venni raggiunto da una inquietante telefonata femminile: «Sono l’assistente del professor Giorgino. Il professore non è interessato all’intervista». Pazienza, ce ne faremo una ragione. E Giorgino continuò a salire insieme a Marzullo sulla Torre. Fino al giorno in cui, complice la Mursia, editrice di Dietro le notizie, l’ultimo sforzo accademico del professor Giorgino, arrivò il nuovo messaggio: contrordine compagni, Francesco Giorgino non solo è disponibile, è addirittura lieto. Ed eccomi qui, nel bell’appartamento romano che dà su Largo di Torre Argentina, armato di registratore, davanti al professore che, ve lo dico subito, è simpatico. E sta al gioco. Al Gioco della Torre.
Chi buttiamo? Giorgino o Marzullo?
«Non posso che buttare Giorgino».
Ti è antipatico?
«No, mi è molto simpatico. Ma è caduto talmente tante volte dalla Torre senza farsi male che lo butto tranquillamente».
Non ti sei fatto male nemmeno quando Marco Rizzo ha detto che sei un raccomandato?
«Gli ho telefonato: “Come fa a dire che sono un raccomandato?”. E lui: “Me lo ha detto qualcuno, ma non ricordo chi”. È finita con un invito a pranzo. Per ora solo l’invito».
Non ti sei fatto male nemmeno quando Vattimo ha detto che sei un bel ragazzotto?
«Questo mi ha un po’ preoccupato».
Capezzone ha raccontato l’episodio della lezione all’università durante la quale hai invitato le studentesse ad usare il vibratore.
«Capezzone è un taroccatore. Io avevo invitato le ragazze a spegnere le suonerie dei cellulari ed usare la “vibrazione”».
Continuiamo il Gioco della Torre. Mimun o Mentana?
«Mi piacerebbe vedere Mentana alle prese con l’ammiraglia della Rai. Vorrei vedere quanto resiste».
Vi siete sentiti dopo il litigio in diretta a Quelli che il calcio?
«Ci siamo chiariti: io ho ammesso che la mia reazione è stata eccessiva. Però il suo è stato un intervento a gamba tesa. Non ha avuto molto stile».
Mentana aveva solo detto che Vespa è meglio di te.
«Io sono uno degli ultimi arrivati dal punto di vista anagrafico, però proprio perché sono molto più giovane di Vespa il paragone era assolutamente insignificante».
Hai detto a Mentana: «Non puoi colpire un volto di punta del Tg1»!
«La mia poteva sembrare una reazione dettata dalla superbia ma in realtà era solo un messaggio a Mentana. Lui sapeva che sarei andato a condurre alle otto, in diretta concorrenza con lui. Ti devo anche dire che mi è dispiaciuto che l’arbitro non abbia fischiato il fallo».
Simona Ventura? Ha detto di te: «Come uomo non mi piace».
«Neanche lei a me come donna piace».
Butti la Ventura o la Carrà?
«La Carrà è una persona che adoro. Se avessi fatto con lei il Festival avrei imparato di più. Ha molta più esperienza della Ventura».
Siamo sempre sulla Torre: Vespa o Costanzo?
«Butto Costanzo, ma solo perché Vespa è stato il mio primo direttore. Mi mandò a Uno Mattina che era un po’ la nave scuola per i giovani».
Dopo Vespa?
«Albino Longhi. Mi mandò a seguire le bombe al Velabro e a San Giovanni. Feci l’edizione del mattino. E rimasi fino all’edizione della sera. Capo cronista era Bruno Mobrici. Mi chiamò e mi disse: “Longhi è molto contento. Vuole assumerti”. Il giorno dopo perfino Repubblica mi citò in positivo. È stata la prima e ultima volta. Da allora mi ha sempre criticato».
Su Repubblica Sebastiano Messina ha scritto che tu hai due sole espressioni: una con gli occhiali e l’altra senza occhiali.
«Io ho una sola espressione: senza occhiali. Gli occhiali li porto solo a casa».
Longhi ti ha assunto?
«No, sono arrivati i professori, Demattè, Locatelli e hanno tagliato tutti i contrattisti. Io sono finito all’ufficio stampa del ministro del Commercio Estero, Giorgio Bernini, durante il primo governo Berlusconi».
Poi direttore del Tg1 diventò Carlo Rossella. E tornasti in Rai.
«Fiumi di collegamenti dalle autostrade per raccontare i maxi esodi. Centinaia di interviste ai caselli: signora dove sta andando? lo sa che troverà traffico? cosa prova in questo momento? Non ti mandavano a quel paese solo perché c’erano le telecamere».
Quante ore di casello hai fatto?
«Tante. Il periodo del casellante è stato durissimo».
Quale casello preferivi?
«Il casello di Napoli era il più interessante. Vendono di tutto. Una volta ho comprato un videoregistratore di legno compensato».
Dopo Rossella venne Marcello Sorgi e ti assunse.
«Sorgi mi fece fare l’inviato. Mi mandò cinquanta giorni a Brindisi per raccontare l’esodo degli albanesi in Puglia».
E tu hai taroccato un servizio, secondo Striscia la notizia.
«E l’unica cosa che Striscia è riuscita a trovare su di me».
Si vedeva un albanese col mitra. Invece era un finanziere italiano col passamontagna.
«Ma il servizio diceva: "Scene come questa…”. Era un’esagerazione, d’accordo, un lavoro fatto male del quale non vado orgoglioso. Ma un po’ come quando per commentare un servizio sull’usura fai vedere dei soldi che passano di mano. Mica è importante che siano le mani di un vero usuraio».
Poi Brancoli.
«Stette pochissimo. Il tempo di difendermi da una protesta di Giorgio Napolitano, ministro degli Interni, che si era lamentato di una domanda che aveva giudicato scomoda».
Ormai ai politici viene consentito tutto. Leggere le domande prima, scegliere gli argomenti, rifiutare gli intervistatori sgraditi.
«Mettiamoci nei loro panni. Perché non dovrebbero farlo? Sono i giornalisti che non devono permetterlo».
Poi arrivò Giulio Borrelli.
«Mi nominò capo servizio, vice caporedattore. Mi nominò anche conduttore dell’una e trenta ma fu sostituito con Gad Lerner. Lerner non mi conosceva per niente. Sbagliava il mio cognome: invece di Giorgino mi chiamava Paolino. Ma mi confermò la conduzione: “Il direttore generale Pierluigi Celli parla molto bene di te”. Presi quindici giorni per fare piccoli corsi di comportamento in video, prove di velocità, di ritmo».
Avevi qualche difetto di postura?
«No, io non ho mai avuto posizioni gruberine».
Quante posture ci sono secondo te?
«Tre: quella di sbieco famosa della Gruber, quella con le braccia sospese di Sassoli e quella classica che adotto io, con gli avambracci sul tavolo».
Com’è quella sassoliana con le braccia sospese?
«Sta bello dritto, più alto rispetto alla scrivania sulla quale appoggia solo le mani».
La direzione di Gad finì malamente…
«Io non ho trovato di buon gusto utilizzare il Tg1 delle otto per rivelare un fatto privato. Però debbo dire che con Lerner si volava alto. Le sue riunioni di redazione erano molto stimolanti. La sua gestione fu completamente nuova, linguaggi nuovi, attenzioni nuove che non c’erano mai state prima. Fu una rottura rispetto alla tradizione del Tg. Dopo di lui Longhi riportò tutto nell’alveo naturale. Poi arrivò Mimun».
E tu, prima ancora che arrivasse, gli facesti una sviolinata incredibile a Sanremo.
«Te lo giuro su mio nonno Francesco: fu la Ventura che fece la sviolinata a Mimun. Io stavo sul palcoscenico e mi associai. Ma Mimun lo conoscevo bene, non avevo bisogno di accreditarmi».
Mimun, appena arrivato, ti promosse al Tg1 della sera.
«Io volevo rimanere all’una e trenta per non sovraespormi. Lui mi disse che non potevo scegliere».
L’Unità racconta di un Berlusconi che arriva al Tg1, fa pat pat sulle tue spalle e dice al direttore: «Questo ragazzo lo facciamo uscire dall’anonimato?».
«Totalmente falso. L’episodio risale al 1996, gestione Sorgi. Berlusconi mi salutò perché mi aveva conosciuto quando lavoravo con Bernini. Il resto è leggenda».
Oltre Rizzo anche Magalli mi ha detto che sei raccomandato. Che tuo padre sarebbe un portatore di voti di Forza Italia in Puglia.
«La cosa più falsa e cattiva che poteva dire. Mio padre non ha mai conosciuto Berlusconi, non ha mai fatto parte di Forza Italia. Mio padre è un signore di 68 anni, è un avvocato con la A maiuscola».
Come possono nascere falsi del genere?
«Nascono quando succedono episodi come quello della signora Marinella Venegoni della Stampa che a Sanremo in piena conferenza stampa mi chiese: “È vero che lei conduce il Dopofestival perché è fidanzato con la figlia di Agostino Saccà, direttore di Rai Uno?”».
La verità: eri il fidanzato della figlia di Saccà?
«Non ho mai conosciuto la figlia di Saccà, la quale è sposata e ha due figli».
Di chi eri fidanzato?
«Per sette anni ho convissuto con Stefania, una ragazza di Andria».
Perché è finita?
«Ero molto concentrato sul lavoro. Avevo perso la capacità di ascolto. E lei mi ha mollato».
Maria Novella Oppo sull’Unità ti ha chiamato «Re Giorgino Zero».
«Ha scritto delle cose al limite delle decenza. Non capisco perché vengo identificato continuamente con il berlusconesimo. Colpiscono me perché ho un direttore considerato berlusconiano di ferro».
Ma tu sei berlusconiano?
«No. Sono un giornalista».
Il mondo non si divide in giornalisti e berlusconiani.
«Non si divide neanche in berlusconiani e non berlusconiani».
Dimmi almeno per chi hai votato.
«Un giornalista del servizio pubblico non deve dire per chi vota».
Nemmeno un’idea?
«Sono un moderato. Sarei a mio agio nella Dc se ci fosse ancora».
Torre: Gruber o Santoro?
«Salvo la Gruber. È una che sa gestire benissimo la sua immagine. Di fronte a lei, chapeau».
E di fronte a Santoro?
«Santoro ci ha marciato un po’ sulla sua vicenda, ho visto quello che guadagna, è imbarazzante se penso ai tanti precari. E mi risulta che gli siano state date tante opportunità che ha respinto. Detto questo, io non lo avrei mandato via, avrei semplicemente aggiunto una campana diversa».
Quali sono i tuoi difetti?
«Ne ho tanti».
Abbiamo tempo.
«Sono permaloso».
E narcisista?
«Siamo tutti narcisi noi giornalisti. Però non sono eccessivamente vanesio. Quando mi rivedo…».
Alt. Ti rivedi?
«Lo facevo soprattutto le prime volte, per capire come porgevo le notizie, come pronunciavo le parole, come gesticolavo, per studiare il coordinamento tra il linguaggio del corpo e il linguaggio verbale».
Ai tempi del Festival di Sanremo sei stato tentato di imboccare la via di Cocuzza-Timperi-Giletti?
«Sì, confesso, sono stato tentato anche perché – parliamoci chiaro – lo stipendio è completamente diverso. Da uno a 50 come minimo».
Ti ha offerto qualche cosa Del Noce?
«Il rapporto con Del Noce è finito il giorno in cui ho letto sul Tempo che Del Noce aveva detto: “Via Giorgino da Rai Uno”. Da quel momento non c’è stata più comunicazione».
Su Gente ho letto una tua dichiarazione: «Forse i miei occhi azzurri accrescono il feeling con il pubblico, ma spero che il pubblico mi apprezzi per la mia sensibilità, cioè per il fatto di sorridere e di commuoversi davanti a certi argomenti».
«Possibile che io abbia detto questa stronzata?»
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