- 18 Maggio 2006
«Era come stare in mezzo a due cicloni. Dovevo trovare il modo di governare la barca per non affondare. Io sono molto amico di Della Valle, per me è come se fosse un fratello. Ma ho un rapporto di amicizia molto profondo anche con Berlusconi, sono anni che lavoro con lui». Dramma di un uomo di fronte al litigio di due cari amici. Carlo Rossella, direttore del Tg5, ex direttore del Tg1, della Stampa e di Panorama, ex comunista cossuttiano, oggi simpatizzante del centro destra, quando ha visto Della Valle e Berlusconi litigare aspramente, si è sentito morire.
Avevi paura di dover scegliere.
«Io non ho mai pensato di dovere fare una scelta. Se Berlusconi mi avesse detto: “Tu esci con Della Valle e io ti licenzio”, io avrei continuato ad uscire con Della Valle».
Berlusconi te l’ha mai detto?
«No, ma molti gli andavano a soffiare all’orecchio: “Guarda che Rossella è amico di Della Valle… chissà come si comporterà in campagna elettorale… prenderà ordini da lui”».
Una carta velina tra due fuochi.
«Ho detto chiaramente a Berlusconi: “Io sono amico di Della Valle e sono amico tuo. Non tradisco nessuna delle due amicizie. Me le tengo tutte e due”».
E Berlusconi che cosa ha detto?
«Ha detto: “Vabbé”».
Tutto qui?
«Mi ha detto anche: “Dovresti dire al tuo amico Della Valle di smetterla di esser polemico con me”».
Tu lo dicevi a Della Valle?
«Certo. Gli dicevo: “Ambasciator non porta pena”. E lui si metteva a ridere. Ho trasformato questo mio ruolo in una specie di war game. In fondo si trattava di arrivare alle elezioni vivo. E ce l’ho fatta».
Quando uscivi con Della Valle, ti mascheravi?
«Ho sempre fatto tutto alla luce del sole. A Natale sono andato con lui a Sharm el Sheik, dove, in un altro albergo, c’era anche Bonaiuti. Lo andavo a trovare tutte le mattine».
Vivere pericolosamente…
«È un’arte quella di passare attraverso la cruna dell’ago. Occorre rimpicciolirsi molto, come Gulliver».
Berlusconi si è mai lamentato del tuo Tg5?
«Ogni tanto c’era qualcosa che non gli piaceva ma non me lo diceva lui direttamente. Me lo mandava a dire».
Tipo?
«Lui non ama avere la penultima parola, vuole sempre avere l’ultima».
È il problema del panino…
«Non ho mai applicato il metodo del panino, maggioranza-opposizione-governo. Ho adottato il sistema binario, da una parte maggioranza e governo, dall’altra opposizione».
Però lui voleva essere quello che chiudeva.
«Voleva essere The Master of the Game».
L’attacco di Della Valle è apparso un po’ a freddo.
«All’inizio lui aveva simpatia per Berlusconi, poi piano piano questa simpatia è calata. Come quando due pianeti prima si avvicinano e poi si allontanano».
Poi gli ha sferrato un attacco violento.
«Quando Berlusconi fece un elogio pubblico di Fazio, a Della Valle girarono le scatole. Lui aveva fatto un giustissima battaglia contro Fazio e tutti i furbetti del quartierino tipo Ricucci. Dovrebbero fargli un monumento a Diego. Dedicargli un viale. “Viale Diego Della Valle, combattente contro i furbetti del quartierino”».
Come si fa ad essere amico di due nemici?
«Io sono una persona moderata. Mi trovo bene in una posizione di centro. Vorrei scrivere una commedia autobiografica: The man in the middle».
L’uomo nel mezzo.
«Purché non in mezzo ai casini. Non mi piace litigare. L’odio genera odio. Io, anche quando stavo nel Pci, non ho mai creduto nell’odio di classe».
Hai tenuto i piedi in due scarpe, le Tod’s e le Clarks.
«È una polemica inventata. Io uso sempre le Tod’s. Ma avevo un’infezione al piede sinistro che avevo sbattuto contro uno spigolo e non riuscivo più a infilarmi nessun tipo di scarpa. Allora ho messo un vecchio paio di Clarks che uso quando mi capita di andare nel deserto. Poi sono andato da Linari al Testaccio a bere un caffè con Giuliano Ferrara. Giuliano si accorse che avevo ai piedi queste Clarks e lo raccontò in redazione: “Rossella ha paura di farsi vedere con le Tod’s a Mediaset”. Qualcuno lo riferì a Mattia Feltri che lo scrisse sulla Stampa. Così tutti si convinsero che io avevo abbandonato le Tod’s».
E non è vero?
«Ho sempre usato le Tod’s e continuo a usarle. Le Clarks non me le metto nemmeno morto. Ma ho dovuto fare una intervista con Barbara Palombelli e farmi fotografare da Chi circondato da decine di scarpe di Della Valle per tappare la bocca ai miei nemici. Non capisco perché ho così tanti nemici».
Chi sono?
«Sono nemici occulti. Tutti mi fanno sempre dei gran complimenti e poi mi tirano dei siluri alle spalle».
Non conosci un nemico?
«Nemici sono quelli del mensile Prima Comunicazione che mi attaccano sempre. Nell’ultimo numero si augurano che mi caccino via a pedate nel culo. Non capisco perché. Io di loro non ho mai parlato male».
E Michela Rocco di Torrepadula, la moglie di Mentana?
«Mi ha trattato molto male. Quando ho preso il posto di suo marito al Tg5 ha detto pubblicamente, da Chiambretti, che sono un amico di merda».
Perché Mentana non se l’è presa e Michela sì?
«Noi uomini siamo diplomatici, magari ipocriti. Lei no. Poi, alla fine, chi se ne frega».
Ritorniamo alle Tod’s.
«L’altro giorno, per strada, un signore mi fa: “Dottor Rossella, lei porta ancora le Tod’s?”. “Certo che porto ancora le Tod’s, e lei?”. “No, io non le porto più, io sono di destra!”. “Fa malissimo! Si rimetta subito le Tod’s! Le Tod’s a quelli di destra stanno benissimo”».
Gad Lerner…
«Gad Lerner l’ha buttata subito in politica. Ha dichiarato che passava alle Tod’s anche lui. Non gli pareva vero di entrare nel mondo della moda, dove non è mai riuscito ad entrare».
Ha detto che le compra col 30 per cento di sconto.
«Ha fatto la scena e poi è tornato alle Clarks. Lui ha pochissime Tod’s e ha una collezione di Clarks mentre io ho una collezione di Tod’s».
Quante Tod’s hai?
«40 paia».
È bello essere amici di Della Valle.
«Io le compro».
Non ci credo nemmeno se lo giuri su Berlusconi.
«Ogni tanto me le regala, ma quasi sempre le compro. Con lo sconto Lerner, 30 per cento».
Tu e Della Valle fate parte del Club di Berlino.
«Il Club di Berlino non esiste più, si è dissolto».
Lo scherzo più bello del Club di Berlino?
«Quando io fui nominato direttore del Tg1. Verso le nove di sera suonò il telefono: “Buongiorno dottor Rossella”, “Mi dica!”, “Sono Pregadio, dell’Osservatore Romano”, “Buonasera!”, “Dottor Rossella, il Tg1 è un po’ il nostro telegiornale, la nostra tradizione, molto vicino al Vaticano, molto vicino ai nostri valori”. Ed io: “I vostri valori sono anche i miei”. E via con una conversazione tutta etico-religiosa. Alla fine: “Dottor Rossella, lei ha tutte queste buone intenzioni, però poi va in giro di notte con Della Valle, con Montezemolo, e non mi sembra una cosa molto coerente con i principi”. Ed io: “Non è vero, io non vado in giro di notte con Della Valle. Solo di giorno”. A questo punto Pregadio si rivelò come Della Valle e mi urlò: “Traditore”».
Lavoravi con la destra e giocavi con la sinistra. Almeno stai tentando di farli riappacificare?
«Ci provo in continuazione. Credo che nel giro di un paio di mesi Berlusconi e Della Valle si rivedranno. Magari una sera a cena, qui a casa mia».
Inviti anche me?
«Sì, però ti nascondi nell’armadio».
Politicamente come la metti con Della Valle?
«Le idee di Diego non sono le mie. Ma conviviamo benissimo».
Chi ti piace a sinistra?
«Con D’Alema ho un antico rapporto, lo stimo molto e avrei voluto che diventasse Presidente della Repubblica. Ed ho ancora molto affetto per il vecchio Cossutta».
Alla destra piace anche Bertinotti.
«Piace anche a me ma non gli affiderei mai i miei interessi. Ha dedicato la sua vittoria agli operai. Io non faccio l’operaio e quindi non mi rappresenta».
Dove vai in vacanza con Della Valle?
«Quasi sempre in Grecia, prima sul Candida, adesso sull’Altair. C’è anche Luigi Abete».
Che cosa dicono di Berlusconi?
«Gli contestano soprattutto il conflitto d’interessi».
E tu lo difendi?
«Il conflitto di interessi è una cosa sulla quale a volte si fa fatica a difendere Berlusconi. Ma bisogna farlo. Io lo faccio e lo farò sempre».
Sei mai andato in vacanza con Berlusconi?
«Purtroppo non frequento Berlusconi nel tempo libero. Ma gli voglio molto bene. E gli sono riconoscente».
Al Tg1 ti chiamò la Moratti.
«Ma ci fu ovviamente il placet di Berlusconi, e la segnalazione di qualcun altro».
Qualcun altro chi?
«Fabrizio Del Noce, Giuliano Ferrara. L’incontro decisivo con la Moratti l’ho avuto in casa di Giampiero Cantoni, che è stato un mio sponsor».
A quei tempi dicesti: «Una volta al giorno sento al telefono Mentana, Montezemolo, Mieli, Rinaldi, Della Valle, Cantoni e Lucia Annunziata».
«Lucia Annunziata la sento ancora. Ma sento anche Ferrara e con una certa frequenza Montezemolo. E poi, tutte le sere, Diego».
Francesco Specchia, su Libero, ha scritto: «Solo gli stupidi non cambiano idea. Quindi Carlo Rossella è intelligentissimo».
«Facciamo una bella cosa, chiariamo. Io sono stato comunista, punto. Cossuttiano, punto».
Ma anche extraparlamentare, punto. Di Lotta Continua, punto.
«Frequentavo gli ambienti extraparlamentari perché mi incuriosivano e vi trovavo splendide fidanzate. Mi piaceva un certo modo con cui Lotta Continua faceva informazione. Mi affascinava Adriano Sofri».
Poi sei uscito dal Pci.
«Io non sono uscito dal Partito Comunista, è il Partito Comunista che è uscito da me. Comunque il comunismo è finito, non bisognerebbe nemmeno più parlarne».
Dillo al tuo amato leader.
«Cosa gli dico? Il comunismo non è alle porte, ma alle poste».
Per chi hai votato alle ultime elezioni?
«Voto Forza Italia dal 1994. E prima, fino al 1992, ho votato Pci».
Litighi mai?
«Ho litigato solo con Lamberto Sposini».
Raccontami di Sposini. Da cronista obiettivo.
«Quando sono arrivato al Tg5 lui disse che sarebbe stato a vedere come mi sarei comportato e si mise in aspettativa. Poi tornò e si autonominò garante del mentanismo contro il rossellismo».
Definisci mentanismo e rossellismo.
«Rossellismo è giornalismo non protagonista, fatto dai redattori, dalla divisione del lavoro. Mentanismo è un giornalismo molto caricato su una persona, è un one-man show. La continuazione del mentanismo senza Mentana è senza senso. E Sposini non è Mentana, per essere chiari. Però mentaneggiava. Questa cosa è andata avanti un anno».
Ed è esplosa per le elezioni.
«La campagna elettorale è stata pesante per me. Da destra un sacco di gente mi rompeva le scatole accusandomi di dellavallismo. Da sinistra Sposini diceva: “Bisogna mettere questo! Bisogna mettere quello! Par condicio! Due minuti! Tre minuti!”. La par condicio è una legge fetente. Toglie al giornalista qualunque autonomia. Mi alzavo al mattino con l’incubo della par condicio».
E Sposini?
«Era il difensore di questo incubo, cronometro alla mano. Un giorno Prodi dette del delinquente politico a Tremonti. Tremonti rispose. Bonaiuti rispose. Sposini era nervoso. Il Tg5 aveva dato conto di tutto ma a Sposini non bastava. In chiusura del Tg arrivò trafelato con in mano il comunicato di Cuillo, il portavoce di Fassino. Allora sono esploso. “Metti questo comunicato, dopo di che basta! Non ne posso più di te! Mi hai rotto i coglioni!”, ho urlato dando un pugno sul tavolo così forte che mi sono pure fatto male».
E lui?
«Mi disse: “Io sono un giornalista. Tu ti fai fare la scaletta da Bonaiuti!”. Da quel momento scazzi e robe pesanti».
Ti fai fare la scaletta da Bonaiuti?
«Parlo normalmente con lui. E lo faccio pubblicamente, seduto in mezzo alla redazione. Le telefonate che faccio le sentono tutti. E Bonaiuti è mio amico da 25 anni».
Poi che cosa è successo?
«Sposini ha cercato la riappacificazione e io ho detto di no. È la prima volta in vita mia che non esercito la virtù cristiana del perdono».
Tu sei obiettivo?
«Che cosa vuol dire essere obiettivo?».
Per esempio criticare Della Valle o Berlusconi.
«Non sono obiettivo. Non faccio critiche né a Della Valle né a Berlusconi. E nemmeno a Montezemolo!».
Qualcuno ti chiama Zelig…
«E qualcuno Forrest Gump, come fossi un cazzone che è diventato direttore di importanti giornali senza meriti».
Meglio Zelig…
«In Zelig mi riconosco perché siamo tutti dei comedians? Il mondo è un grande palcoscenico, ognuno recita il suo ruolo. Importante è essere protagonisti di commedie, non di tragedie».
Un tuo errore?
«Aver mandato al Tg1 per intero la cassetta inviata da Berlusconi. È stata una mia ingenuità. Facevo il direttore del telegiornale da poco».
E quando hai fatto disegnare i capelli al Cavaliere per la copertina di Panorama?
«È stata una provocazione politica».
Ma va’?
«La sinistra gli toglieva i capelli e io glieli aggiunsi. In fondo ho anticipato i tempi. Dopo un po’ i capelli gli sono miracolosamente ricresciuti a dispetto dei suoi odiatori».
Hai visto Barbara Berlusconi dalla Bignardi?
«Sì».
Lei criticava le trasmissioni di Mediaset.
«Che ti devo dire? So’ ragazzi… come dicono a Roma».
Una volta hai detto: «Amo molto lo Spirito Santo».
«È vero. Lo Spirito Santo c’è ed io lo amo. Io credo nello Spirito Santo. Nella Santa Chiesa cattolica, nella comunione dei santi, nella remissione dei peccati, nella risurrezione dai morti, nella vita eterna. Amen».
Tu e Baget Bozzo.
«Lascia perdere Baget Bozzo. He’s not my cup of tea. Ma amiamo tutti e due lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è importante nella vita di un cristiano. Lo Spirito Santo ti assiste nel tuo lavoro e ti aiuta a vincere tentazioni».
Sei dell’Opus Dei?
«Ho molta simpatia per l’Opus Dei. Ma non sono dell’Opus Dei perché l’Opus Dei richiede un impegno molto forte. Non è il mio genere».
Alex Stille non ti ha trattato bene in Citizen Berlusconi.
«Secondo Stille io ricevo tutti i giorni ordini da Silvio Berlusconi».
E non è vero?
«Berlusconi non dà ordini. Enuncia delle tematiche, segnala delle cose. Poi sta a te».
Un giorno Berlusconi ha enunciato una sua tematica, che Biagi, Luttazzi e Santoro facevano uso criminoso della tv. E subito sono stati licenziati.
«Ci sono quelli che sono più realisti del re, ma io non faccio parte di questa categoria. Io non li avrei mai cacciati. Li avrei messi tutti e tre dentro Rete Tre».
Tutti nel ghetto della Rete Tre.
«Non un ghetto, la zebratura. La forza della Rai è sempre stata la zebratura. Metodo Biagio Agnes. Era un genio».
Tentiamo di fare il gioco della torre?
«The man in the middle non può scegliere. Inutile provarci. E poi caro Sabelli, cambia gioco. Basta con la torre. L’hanno copiata tutti. Fai il gioco del doppio gioco. Nella Roma di adesso è molto praticato».
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