- 16 Marzo 2006
Salotti romani. Il più famoso è quello di Maria Angiolillo. È il salotto del potere, del Palazzo, dove si fanno e disfano alleanze politiche ed affari ad altissimi livelli. Ma c’è un altro salotto, un salotto di sinistra, dove i ministri non entrano se sono della Casa delle Libertà. È l’attico e superattico di Sandra Verusio, in uno splendido angolo di una Roma antica ed elegante. Naturalmente la signora Verusio nega che sia un salotto.
Che cos’è allora un salotto?
«Ce ne sono due tipi. Quello con bellissime donne, il super manager, l’ultima star. Oppure la cosa mirata, con l’ambasciatore e la principessa. Da me non succede né l’una né l’altra cosa. Il mio non è un salotto».
Si dice sempre così: mi piace cenare con gli amici… vedere le persone che stimo…
«Io vedo gente alla quale mi accomuna la fede politica. Credo nella sinistra e mi diverte parlarne».
Però Lucio Villari ha detto: Sandra è una vera dama da intrattenimento.
«È stato molto carino. Però è una definizione da uomo del Sud. Solo in Calabria potrebbero dire “donna da intrattenimento”».
Villari dice anche che da Maria Angiolillo la conversazione è culturalmente più elevata.
«È una casa straordinaria, tutto è raffinatissimo, piatti, bicchieri, grandissima classe formale. Ma la cultura non mi sembra di rigore. C’è politica, ci sono affari».
Dicono che la sua cucina non sia il massimo.
«Gli amici si lamentavano: “Il solito brasato”, dicevano. Allora ho cambiato sistema. Sempre seduti ma ognuno sceglie quello che vuole da un buffet. Grande giro di mozzarelle e di gateaux di patate».
Perché solo persone di sinistra?
«Questione di affinità. Mi rimane difficile fare una conversazione libera con persone di destra. Non sono un mastino e trovo inutile farmi azzannare. Se incrocio gente normale, che so, Gianni Letta, quattro parole si fanno. Ma solo quattro parole. Niente di interessante».
Il massimo della destra che ha cenato da lei?
«Irene Pivetti quando era presidente della Camera».
Perché non le sono simpatici quelli di destra?
«Perché da loro trasuda una mentalità antica. Sono maschilisti. Fanno ironia volgare. Pensano che il massimo della vita sia far fessi gli altri».
C’è qualcuno a sinistra che la irrita?
«La sinistra radicale».
Tipo?
«Tipo Oliviero Diliberto, Marco Rizzo, gente pesante. Io mi trovo bene con Amato, con Fassino. Soprattutto con D’Alema. Con lui sono quasi sempre d’accordo. Mi diverte il modo “antipatico” tra virgolette di proporsi».
Può anche togliere le virgolette.
«D’Alema è simpaticissimo».
Buttafuoco ha scritto di lei «sedicente amica di D’Alema».
«È una sciocchezza. Io sono molto amica di Linda e di Massimo».
Si è occupata anche del look di Linda.
«Appunto».
L’ha kriziata.
«L’ho vestita con abiti di Krizia quando Massimo era presidente del Consiglio. Si metteva nelle mie mani e ne usciva come una perla».
Chi altre ha kriziato?
«Anna Serafini, la moglie di Fassino. E Lucia Annunziata».
La sinistra non dovrebbe essere vestita da Prada, la stilista «rossa»?
«Se qualcuna va da Prada l’ammazzo».
C’è qualcuno che non viene più da lei?
«Bevilacqua. Un giorno mi ha fatto una scenata per una cosa da niente, mi avevano chiesto chi erano i miei scrittori preferiti e non lo avevo citato. Non l’ho più visto».
Lei non è di Roma.
«Sono nata a Pisa in una famiglia di avvocati e di professori universitari. Mi sono sposata con un ufficiale di marina a diciassette anni. Mi sono separata prima di diventare maggiorenne. E sono tornata a casa dalla mamma».
Lei era uno schianto di ragazza.
«Facevo parte di un giro di una decina di ragazze bellissime. Facevamo impazzire gli spasimanti pisani».
Dopo Pisa?
«Mi innamorai del mio avvocato e lo sposai. Con lui venni a Roma, l’amore grandissimo della mia vita».
Suo marito?
«È un uomo schivo, appassionato di viaggi, non socievole, l’opposto mio».
Come è stato il suo arrivo a Roma?
«Mi piaceva l’aria, il successo, furono tutti molto carini con me. Avevo un quadro di Van Gogh in casa, Il giardiniere, e tutti volevano vederlo. Anche gente che non conoscevo. E poi diventavamo amici».
Venne anche l’avvocato Agnelli.
«Certo. Venne anche il critico d’arte Briganti. E, insomma…».
Insomma cosa?
«Dissero che il quadro era bellissimo, si emozionarono».
Ovvio.
«L’originale, quel giorno, era in banca. Quella era una copia».
Avere un Van Gogh e tenerlo in banca.
«Quando avevo una cena importante lo andavo a prendere. Alla fine lo abbiamo venduto. Per 600 milioni».
Torniamo al suo sbarco a Roma.
«All’inizio vedevo soprattutto artisti, Schifano, Angeli, Rotella. Frequentavamo il salotto di Luisa Spagnoli che è stata la regina incontrastata della socialità degli anni Settanta. Era una grande donna, statuaria, enorme, intelligentissima. Era un salotto aperto, senza inviti. Insieme ai pittori cominciarono ad arrivare anche i giornalisti, i politici “Scalfari, Pirani”».
Pirani vi chiamava «la compagnia Stabile».
«Esatto, la Stabile. C’era un capo riconosciuto, Eugenio Scalfari. Poi De Benedetti, Spadolini, Amato, Gambino, Furio Colombo. C’era anche la Stabile allargata, culturale, Moravia, Garboli, Siciliano, Arbasino, Franco Rosi.
Quando Scalfari si innamorò di De Mita la Stabile che fece?
«La Stabile lo seguiva sempre. Quando qualcuno prendeva delle posizioni personali rischiava di entrare nel famigerato cono d’ombra».
Lei è mai entrata nel cono d’ombra?
«No, quando facevo delle sciocchezze venivo perdonata».
Mi dica una sciocchezza.
«Qualche volta invitavo a cena qualcuno di sbagliato».
Un nome.
«Non furono contenti quando invitai Giuliana ex Olcese».
Una volta aveva anche lei un salotto di sinistra.
«Poi ha avuto una conversione a destra improvvisa. Non si è mai capito perché. Credo si sia fatta ispirare dal suo amico Adornato».
La Stabile è tremenda: come avviene la decapitazione?
«Con piccole frasi, battutine fredde e poi una telefonata tagliatesta».
Il tagliatore di teste è Scalfari?
«Sì, ma come tutti i grandi capi non lo fa personalmente».
E cioè?
«Scalfari fa capire e qualcun altro fa sapere».
Molte decapitazioni?
«Ricordo quella di Paolo Guzzanti. Era il beniamino di Scalfari. Con questo sistema è stato tenuto unito il gruppo, in ordine, pulito».
La Stabile esiste ancora?
«Sì ma è molto più tranquilla. Ha tirato i remi in barca. Chi c’è c’è. Non si include più nessuno».
Facciamo un tavolo della Stabile oggi?
«Scalfari, Reichlin, Siciliano, Manzella, Fabiani. Sono gli invitati di qualche domenica fa».
Lei ha una casa in centro a Roma, una sull’Appia, una in Sardegna, una in Maremma e una a Parigi. Che ci fa con tutte queste case?
«Mio marito vive sull’Appia. A lui piace il giardino. Io ci vado il fine settimana. Ma il lunedì torno qui. Là diventerei pazza. Io sono una donna di marciapiede».
E la casa in Maremma?
«L’affittiamo».
E la casa in Sardegna?
«Ci vado un mesetto d’estate».
E la casa a Parigi?
«Ci vado quando capita».
Suo marito sull’Appia, lei qui in centro. Gelosie?
«Il nostro è stato un rapporto più che altro di amicizia».
Cioè?
«Dopo 35 anni che ci si conosce e che si vive insieme l’unica salvezza è l’amicizia. Se uno perpetuasse per tanti anni il paradigma dell’incontro…».
Le attribuiscono tanti spasimanti…
«Sono stata una donna con molta vivacità, vitalità, allegria. Qualcuno l’ha apprezzata e qualcuno meno».
È mai stata rifiutata?
«Ci sono state cose facili e difficili. Non è che si può fare sempre goal a porta vuota».
Si è mai innamorata di uno di destra?
«Mai. Quelli di destra non mi piacciono. O sono arroganti o sono untuosi».
Per una persona che si occupa di moda, parole tipo eleganza, buon gusto, stile, classe che cosa vogliono dire?
«Vogliono dire Krizia».
Vergogna! Questa è pubblicità.
«Il buon gusto non è nella moda, è nella vita, nella misura, nel non prendersi sul serio».
Non le sembra di avere interessi, lessico e abitudini poco di sinistra?
«Ognuno fa parte di un mondo, perché negarlo? Io non posso avere le stesse sensazioni, gli stessi problemi, le stesse argomentazioni di un operaia. Sono una signora borghese, un po’ estrosa, che si diverte a fare la vita che le viene in mente e non quella che le vorrebbero imporre. Adopero le espressioni che sono proprie del mio gruppo».
E allora parliamo dell’eleganza. Mi dica le regole per l’uomo.
«Via i calzini corti. Mai giacche troppo avvitate. Mai parlare di belle signore».
Può chiarire?
«Quei complimenti di maniera. Tipo: “Ma che bella signora che è arrivata!”. Roba che mi viene l’orticaria».
Andiamo avanti.
«Poco elegante togliere la parola agli altri».
Le regole per la donna?
«Ricordarsi che ci sono anche le altre, che non sei la più bella, che non sei la meglio. Misurare il sorriso. Non sopporto i sorrisi esagerati».
I soci della Stabile. Mario Pirani…
«Grande carattere, intelligentissimo. Con qualche imbarazzo ebraico».
Cioè?
«Gli ebrei hanno sempre qualche complesso, qualche piccolo fardello di inferiorità, di non totale coerenza con se stesso».
Pregi e i difetti di Eugenio Scalfari?
«Grande forza e leggera prepotenza».
Lucia Annunziata?
«Una vera belva».
Fassino?
«Primissima qualità. Qualche volta è iroso. Si accende per sciocchezze, tipo quello che ti supera in macchina».
Ciampi?
«È il massimo delle perfezioni. Non ha difetti».
Amato?
«È il massimo della sottigliezza, qualche volta non vuole spiccare il volo. È un po’ troppo prudente».
Alcuni lo considerano un po’ troppo voltagabbana.
«Non sono d’accordo. È una persona molto leale».
Il massimo dei voltagabbana?
«Paolo Guzzanti».
Sono voltagabbana anche quelli che fanno il percorso inverso? Qualcuno sostiene che Furio Colombo, dalla Fiat all’Unità…
«Era uomo della Fiat in America e l’ha rappresentata in maniera egregia. Poi è venuto qua, ha fatto politica con fatica, con qualche delusione, ha fatto egregiamente il direttore dell’Unità. I voltagabbana veri sono altri. Quei terribili cirini pomicini…
Pera? Irene Pivetti?
«Pera è terribile. Era un mangiapreti e adesso è un sagrestano. La Pivetti no. È solo un pesce freddo. Un sushi».
C’è una cena che non dimenticherà mai?
«Quella in cui cercammo di metter pace fra Spadolini e Giorgio La Malfa. Un disastro. Li misi vicini e non si rivolsero nemmeno la parola. Mangiavano con il naso nel piatto, senza guardarsi».
Lei ha detto: «Una persona che non vorrei essere? Veronica Berlusconi».
«L’idea di poter avere come marito uno come Berlusconi mi atterrisce. Veronica mi fa pena».
Una volta la sinistra aveva l’antifascismo militante. Adesso c’è l’antiberlusconismo militante.
«I fascisti sono meglio di Berlusconi. Lui rappresenta l’italiano macchietta. Sembra uno di quelli che fanno il gioco delle tre carte. Io non so perché una persona intelligente come Veronica stia con un imbonitore come Berlusconi. Si sarà fatta lusingare dalla sua ricchezza».
Se lei dovesse fare un governo di persone eleganti, un governo di classe, di stile, diciamo un governo Krizia, chi prenderebbe?
«Sicuramente Giuliano Amato. E poi D’Alema, Fassino, Rutelli, ci stanno tutti benissimo in un governo di classe, anzi il loro problema è di essere anche troppo di classe. A loro manca un pizzico di sano populismo».
Prodi?
«Lo conosco poco e niente».
Troppo mortadella?
«Nel governo di classe non ci sta».
Gioco della torre. Veltroni o Rutelli?
«Veltroni non può non piacere, è un sindaco straordinario, però Rutelli è più coraggioso, ha pagato prezzi forti».
Mimun o Rossella?
«Salvo Rossella. È un mio amico…».
Vede che qualcuno di destra lo frequenta?
«Lui non è proprio di destra. È un buon direttore di Tg ed è una persona gentilissima. Di classe».
Mentana o Vespa?
«Salvo Mentana. Vespa è troppo di parte. Mentana fa Matrix su Canale 5, ma non è un lacchè».
Previti o Dell’Utri?
«Previti è più trasparente. La colpa gli si legge in faccia. Però l’untuosità di Dell’Utri che fa finta di essere uomo di cultura è peggio».
Briatore o Cavalli?
«Rappresentano entrambi il cattivo gusto. Forse è peggio Briatore con quelle sue babbucce viola finto indiane».
Santoro o Floris?
«Preferisco Floris. È più simpatico e più professionista. Non sopporto l’eccesso di captatio benevolantiae di Santoro, la perenne lamentela su se stesso, questo fare continuamente la vittima».
Biondi o Baget Bozzo?
«Baget Bozzo è spaventoso, sporco, unto, forforoso e tragico. Ma è intelligente».
Fini o Bossi?
«Bossi è una bestia, ma è simpatico».
Stefania o Bobo?
«Salvo Stefania. È una matta ma mi sembra più coerente».
Secondo lei, quindi, Craxi starebbe con Berlusconi se fosse vivo.
«Sarebbe abbarbicato a Berlusconi. Litigando. Ma lì starebbe. Magari senza lasciargli tutto lo spazio che Berlusconi si è preso».
Marzullo o Anna La Rosa?
«Salvo Marzullo. È carino, gentilissimo. Anna La Rosa è un fenomeno. È diventata magra, bella. Quando una donna riesce a migliorare il suo fisico è rispettabilissima».
Fa feste con mille potenti, dieci ministri, venti sottosegretari.
«Non ci sono mai andata».
Sono feste sponsorizzate. Lei si fa sponsorizzare le sue cene?
«Ma per carità. Per due mozzarelle e quattro carciofi alla romana?».
Carlucci o Santanché?
«Butto la Santanché».
Le darebbe un vestito Krizia?
«Lei non lo vorrebbe: ha un look più Versace, più Cavalli».
Pecoraro Scanio o Cecchi Paone?
«Non mi piace nessuno dei due. Niente a che fare con la categoria classe e stile».
Chi non le piace a sinistra?
«Le pare il momento?».
Allora le ricordo io: Di Pietro.
«È un tribuno, un populista. Non ne vado pazza, però lo rispetto».
Rutelli: lo ha chiamato ingrato.
«Rutelli non è bravo. È bravissimo. Se l’ho definito ingrato ritratto».
Ha definito Cacciari supponente. Ritratta?
«No, confermo. Ogni volta che qualcosa alla sinistra va bene, c’è subito l’intervistina di disturbo di Cacciari. Io sono stufa di quelli che amano talmente la sinistra che devono trovarle tutti i difetti».
Nessun commento.