- 2 Giugno 2005
Se siano stati molti milioni di euro a spingere Paolo Bonolis a lasciare la Rai o una questione di principio, o uno sgarbo, o un futuro più roseo, non lo sapremo mai con certezza e in fondo possiamo anche farcene una ragione. Una sola cosa è certa. Dietro tutto questo c’è un ragazzo di 45 anni, un ex ballerino calabrese dalle idee chiare e dalle maniere decise che ha portato in pochi anni l’artista Bonolis da Bim Bum Bam al gradino più alto della televisione italiana. Sempre rimanendo nell’ombra e lontano dai fari della popolarità. In cambio ha avuto il 15 per cento dei guadagni di Bonolis e si è conquistato la fama di personaggio misterioso e potente.
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- 26 Maggio 2005
Si chiama Lavinia Borromeo la fanciulla, nobildonna, ultima entrata a far parte della grande famiglia Agnelli. A 28 anni, ha sposato John, figlio di Margherita, figlia di Giovanni Agnelli, l’avvocato. John Elkann, che oggi, a 29 anni, è vicepresidente della Fiat, non so se mi spiego. Il loro matrimonio, alle Isole Borromee è stato uno degli eventi mondani di cui si è molto parlato: settecento invitati, il gotha del potere pubblico e privato in Italia. Bella, giovane, elegante, ormai ricchissima, Lavinia si è messa subito a lavorare, cosa che aveva fatto soltanto saltuariamente prima, e ha creato una borsa per Trussardi. Si chiamerà La Vie (vi dice qualcosa La Vie, Lavinia) e magari potrebbe diventare una nuova Kelly, la borsa di Hermès resa famosa da Grace Kelly. Lavorare? Perché mai? Non certo per bisogno di soldi. Lavinia, una volta gli aristocratici aristocravano. Cioè non lavoravano finché le finanze lo consentivano. Lei ha un marito diciamo benestante. Che succede nel mondo? Perché lavorano anche quelli che potrebbero evitarlo?
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- 19 Maggio 2005
Bettino Craxi stava già molto male. Di lì a poco sarebbe morto. Improvvisamente sui muri di Milano e di Roma comparvero singolari scritte: "Viva Craxi", "Bettino torna". Realizzate con vernice rossa proveniente da bombolette spray, le scritte erano apparse proprio in luoghi "craxiani", via Foppa, dove Bettino aveva abitato, via Melloni, dove era nato. Se qualcuno avesse avuto tempo e voglia di cogliere sul fatto il misterioso graffitista avrebbe avuto una sorpresa. Era Umberto Cicconi, fotografo personale di Bettino, suo parente acquisito (Bobo aveva sposato Scintilla, la sorella di Umberto). E perché lo aveva fatto? Amore? Passione politica? Amicizia? No, per obbedienza. Il mandante era Bettino Craxi, leader morente ad Hammamet, il quale voleva che un bel giorno gli italiani si svegliassero con la sorpresa di quelle scritte sui muri.
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- 12 Maggio 2005
Ricordate la fine del processo Andreotti a Palermo? Il suo avvocato, una giovane donna, alzò lo sguardo al cielo e urlò: «E vai!». E anche in appello, sempre assoluzione, sempre lei, Giulia Bongiorno, scaricò la tensione urlando: «Assolto, assolto, assolto!». In poco tempo le si aprirono le porte di molti altri processi importanti, Pacini Battaglia, Cragnotti, Piero Angela, Totti, Bettarini, Forleo fino al caso Impregiro. Ma tutto era cominciato quando, giovanissima, era stata associata dall’avvocato Sbacchi e dal professor Coppi alla difesa del senatore a vita, il divino Giulio, impelagato in due processi da brivido. «La mia vita si divide in due parti», dice Giulia Bongiorno. «Prima e dopo Andreotti».
Un processo costato miliardi.
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- 5 Maggio 2005
Da ragazzo era un giovane fascista che faceva politica nel Fuan e partecipava a manifestazioni e scontri. Poi nel Msi faceva la fronda ad Almirante e Fini, veniva eletto consigliere comunale, scriveva articoli, fondava giornali, dava la solidarietà a Adriano Sofri. Poi uscì dal Msi («Quattro anni prima di Fini», scherza) e fece qualche giro dalle parti dei Verdi, dei Radicali, della Rete, dell’Asinello. Infine, per i casi della vita, è diventato direttore editoriale di una casa editrice storica sulla via del fallimento, la Vallecchi che sta riportanto agli antichi fasti.
Oggi, di Umberto Croppi, 49 anni, si dice che potrebbe diventare consigliere di amministrazione della Rai, in quota An, al posto di Marcello Veneziani.
Umberto, dicono di te che sei il fascista più comunista del dopoguerra.
«Per me, ma anche per molti altri, il Msi è stata un’esperienza di sinistra».
Con tutta la buona volontà…
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- 28 Aprile 2005
La «jena», una volta, non si sapeva chi fosse. Scriveva sul manifesto piccolissimi corsivi, quasi delle battute, e faceva arrabbiare molta gente. Adesso si sa che è Riccardo Barenghi, ex direttore del Manifesto, oggi approdato alla Stampa. Dal quotidiano comunista a quello della Fiat. Jena voltagabbana?
Hai fatto il percorso inverso di Furio Colombo.
«Non mi fa impressione. Non ho mai pensato di passare tutta la mia vita al manifesto. E non ho mai desiderato andare in un altro giornale militante, tipo Liberazione o l’Unità. Volevo andare in un giornale vero, con un editore vero».
Ti hanno accusato di avere tradito?
«No, ho sentito molto affetto anche da parte di chi, nell’ultimo anno, mi ha combattuto».
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- 21 Aprile 2005
Fu chiamato il «notaio della crisi» perché, capogruppo di Rifondazione, spiegò in Parlamento, pur essendo lui contrario, i motivi per cui il suo partito ritirava la fiducia al governo Prodi. Era il ‘97. Oliviero Diliberto, oggi segretario dei Comunisti Italiani, ricorda. «Sono passati tanti anni, posso rivelare come andò. La notte prima si riunì la segreteria di Rifondazione e io fui l’unico a schierarsi contro la crisi. Bertinotti, Giordano, Ferrero erano favorevoli. Rizzo, Cossutta, Marino la pensavano come me. Ma per ragioni di opportunità non si dichiararono».
L’unico contro la crisi spiegò perché si apriva la crisi.
«Càpita, quando ricopri un ruolo di portavoce. Appena pronunciato l’intervento iniziai a lavorare per ricucire. Nel giro di due giorni la crisi rientrò. Io mi beccai una malattia psicosomatica della pelle, la pitiriasi, e mi ricoprii di orribili bolle rosse».
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- 14 Aprile 2005
Il figlio di Ignazio La Russa si chiama Geronimo e ha due fratelli che si chiamano Kocis e Apache. Sfrenata passione familiare per gli indiani d’America. Ha 25 anni ma ha avuto già alcuni momenti di grande visibilità. Prima per le fidanzate che gli sono state attribuite, spesso a torto (la figlia di Versace, la nipote di Missoni, Flavia Vento, Miss Italia), poi per una botta di carriera notevole (appena laureato, è stato nominato consigliere di amministrazione della Premafin, finanziaria del gruppo Ligresti) e infine per una iniziativa benefica per aiutare le vittime dello tsunami (insieme ad un piccolo parterre de roi di figli famosi, Moratti, Ligresti, Berlusconi, Tronchetti Provera, Versace). Quando hanno visto in tv bambini senza casa, famiglia, ospedale, scuola, lui e la sua amica Micol Sabadini hanno convocato i loro amici e tutti insieme si sono dati da fare. E così è nata «Milano Young». Nove ragazzi, quasi tutti ventenni, Paolo Ligresti, Geronimo La Russa, Giovanni Tronchetti Provera, Barbara Berlusconi, Gilda Moratti, Francesca Versace, Natalie Dompè, Nicolò Cardi, Micol Sabadini hanno organizzato una festa pubblica e alla fine hanno consegnato all’Unicef un assegno di 72 mila euro per contribuire a costruire un orfanotrofio.
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- 7 Aprile 2005
Sergio Scalpelli era un dirigente emergente del Pci milanese, direttore della Casa della Cultura. Poi, piano piano, la deriva di destra: sguardo verso Craxi, passaggio nei radicali, attenzione a Berlusconi, creazione del Foglio, assessorato nella giunta Albertini. Da qualche anno la retromarcia: critiche al centro destra, abbandono della politica, qualche giro dalle parti di Formigoni insieme a Tognoli, occhiate sempre più insistenti a sinistra. Voltagabbana? Opportunista? Trasformista? Terzista?
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- 31 Marzo 2005
Io già all’asilo facevo ridere. Facevo le facce, raccontavo le storie e i bambini ridevano. Poi da ragazzo ho deciso di suonare la batteria. Ma quando sono arrivato al Derby, il tempio del cabaret, ho capito che c’era qualcosa di magico. Mi sono detto: io voglio vivere qua. C’erano Paolo Villaggio proprio agli inizi, Cochi e Renato, i Gufi, Gianfranco Funari. Io suonavo la batteria, 5 mila lire al giorno, tutti i giorni, dalle nove di sera alle quattro del mattino, nel mio gruppo «La pattuglia azzurra»: io, mio fratello Fabio, Giulio Cavalli, Carlino Cecconi che oggi fa il fattorino al Corriere della Sera. Il capo del Derby era Gianni Bongiovanni.
Quando stavo con Villaggio e con Renato lo imitavo. Loro mi chiedevano: «Allora, Bongiovanni, com’è la scaletta stasera?».
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