- 1 Gennaio 1980
Da una parte Massimo Scalia, uno dei leader dei verdi. Dall’altra il presidente dell’Enel, l’ambientalista Chicco Testa e il ministro dell’Ambiente, il verde Edo Ronchi. Si scambiano accuse sulla nuova centrale elettrica a carbone di Brindisi Sud. Il che dimostra – se non altro – che non tutti i verdi la pensano nella stessa maniera.
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"Ancora una volta ha prevalso la logica dell’area culturale se non di quella politica. E al di là del valore delle persone scelte, manca qualsiasi competenza sulla televisione del futuro, sulle nuove tecnologie, sui grandi rapporti internazionali". Gianni Locatelli, direttore generale della Rai Tv dal luglio 1993 all’agosto del 1994, ai tempi dei "professori", commenta la nomina dei nuovi cinque consiglieri da parte dell’Ulivo. Anche i "professori", ai loro tempi, ebbero un’accoglienza simile: non capivano nulla di tv (all’inizio) ed erano troppo di sinistra (alla fine). Nominati dai presidenti delle Camere Giovanni Spadolini e Giorgio Napolitano, quando presidente del consiglio era Ciampi e presidente dell’Iri Prodi, i "professori" vennero travolti dalla nuova ondata berlusconiana, impersonata da Letizia Moratti, la donna che ha risanato la Rai.
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Sembra di stare un un grande souk. Uno sterminato palinsesto fatto di innumerevoli bancarelle dove ognuno vende la sua mercanzia. Questa è la televisione oggi. Gianni Ippoliti è provocatorio come al solito. Esagerazioni? Paradossi? ."Non è il caso di drammattizare. Ma su qualsiasi canale ti sintonizzi trovi televisione promozione. Tutto è televendita. Telegiornali compresi. Il 70 per cento delle produzioni vivono di ospiti in tour promozionale. Lo spazio per la creatività e per le idee? Dov’è?".
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E’ la fine dei misteri del caso Moro? “Io vorrei, ma non è così. Dietro le Brigate Rosse restano ancora molte ombre. Cinque processi non sono bastati a dissolverle”.
Alberto Franceschini, fondatore delle Brigate Rosse insieme a Renato Curcio, non ci sta a chiudere la storia degli anni di piombo senza aver completato l’operazione trasparenza. Mentre tutti, dai politici ai terroristi, sembra abbiano una voglia matta di archiviare, lui continua a porre domande. L’occasione gliela dà la conclusione del quinto processo Moro: Maccari è stato condannato all’ergastolo dopo aver confessato di essere il famoso ing. Altobelli, “quarto uomo” della prigione di via Montalcini dove insieme a Mario Moretti, Anna Laura Braghetti e Prospero Gallinari ha sequestrato, interrogato, condannato e infine ucciso il presidente della Dc Aldo Moro.
Allora Franceschini che cosa c’è che non la convince ancora?
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Con l’Ulivo come gli dice la passione politica oppure con Berlusconi come gli dice la professione? “Né con il Polo né con l’Ulivo”, chiarisce Maurizio Costanzo. “Ho votato Ulivo, lo sanno tutti. Ma lavoro da anni con Berlusconi in assoluta libertà. Quando Berlusconi disse: “Se fossi a Roma voterei Fini”, io non ci misi un secondo a dichiarare: “Io a Roma ci sono e voto Rutelli”. E non successe nulla, neppure una piccola lamentela”. E’ passato un anno da quando ha votato Ulivo. E’ sempre così convinto?
“Debbo essere sincero. Così come sono riuscito a ritagliarmi la mia libertà, debbo dire che vivo nei confronti dell’Ulivo varie delusioni. E’ vero che hanno trovato una situazione difficile, ma è sempre così, per tutti. Lamentarsi non serve a niente. Bisogna fare”.
Chi ha fatto e chi non ha fatto?
“Bersani e Bassanini han fatto bene”.
E chi ha fatto male?
“Andreatta. Nei giorni di Pasqua a Brindisi non c’era lo straccio di un ministro. C’era solo Berlusconi. Andreatta era a Genova per una mostra. Io sono lieto che Andreatta abbia interesse per la cultura. Ma era nel posto sbagliato, quel giorno”.
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"Una nuova razza di donne, alla fine degli anni Novanta, è impegnatissima a imbastire relazioni erotiche rivestite di quei tranelli vittoriani per liberarsi dai quali le sorelle maggiori si erano battute tanto eroicamente. Se prevarranno, faranno regredire i costumi sessuali al paleolitico".
Così Nate Penn e Lawrence LaRose cominciano il loro libro "The code", tradotto da Rizzoli col titolo "Le sregole", un libro che cerca di garantire "il successo nei rapporti con le donne, senza che dobbiate sottoscrivere accordi legali vincolanti, o perdervi una sola partita della Juve, o acquistare gioielli per il valore di una Maserati". Un libro umoristico, insomma, che pone il problema dei rapporti fra sessi dal punto di vista inedito del ritorno di un neovittorianesimo, praticato da "molte donne che hanno ripreso a credere che mantenendovi affamati, riusciranno più facilmente a incastrarvi per sempre". Un punto di vista totalmente inedito o una colossale baggianata?
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Non è un prete accomodante. Quando prende la parola non fa sconti a nessuno. Don Luigi Ciotti, 50 anni, fondatore del gruppo Abele, comunità di recupero di tossicodipendenti, della Lila, lega per la lotta all’Aids, di Libera, associazione per contrastare le mafie italiane, è un vero duro. Il suo ultimo grande successo è la legge per la confisca dei beni mafiosi e il loro uso a fini sociali. La sua ultima provocazione è la proposta per stimolare la “dissociazione” tra la manovalanza della criminalità organizzata. Come risulutato ha la polizia 24 ore su 24 sotto il suo portone e tre uomini di scorta che lo seguono dovunque.
Don Luigi, la sua proposta non ha avuto un grande successo…
“E’ una proposta scomoda. Molti hanno criticato senza nemmeno leggerla. Alcuni hanno commentato: ma che vogliono questi qui da Torino? Lo sa quale è stato il primo consiglio comunale sciolto per mafia? Bardonecchia, Piemonte.”
E allora chiariamo. Lei vuole aiutare i mafiosi?
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Vivere blindati. L’immagine è suggestiva. Vivere sempre circondati da uomini armati che ti accompagnano dovunque. Che ti spiegano che cosa puoi e che cosa non puoi fare. Vivere obbedendo a severissime norme di sicurezza che spesso ti mettono in imbarazzo con l’opinione pubblica, con gli amici, con i colleghi.
Gian Carlo Caselli, procuratore della Repubblica di Palermo, vive blindato da 22 anni. Prima perchè si occupava di terrorismo, adesso perchè si occupa di mafia. “Il problema della scorta è che bisogna doverosamente appiattirsi sulle richieste dei ragazzi, bisogna assolutamente obbedire. Non è in gioco solo la nostra vita, mia e dei miei famigliari. E’ in gioco la vita anche degli agenti. E sono loro che comandano e che decidono. A questi ragazzi io devo la massima gratitudine”. E’ sotto la presenza, discreta ed invisibile, dei ragazzi della scorta, che avviene questa chiacchierata, sull’emergenza, sulla mafia, sul terrorismo, con uno dei giudici più famosi d’Italia.
Girare sempre con la scorta può creare qualche problema…
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Per i sinceri democratici era come il diavolo. Grande capo della Rai negli anni fra il 1961 e il 1974 era considerato un censore, un sessuofobo, un accentratore, un oscurantista, un dittatore. Oggi, che ha 71 anni, lo rivalutano tutti, quelli della sinistra in testa, da Walter Veltroni ad Andrea Barbato.
"Bisogna stare attenti", dice prudentemente Bernabei che oggi dirige una società di produzione di programmi televisivi, la Lux. "Parlano bene della mia televisione solo per parlar male di quella di oggi". Con "Sette" Bernabei ha accettato di parlare delle differenze fra la tv di ieri e quella di oggi. E soprattutto di ciò che non gli piace nei programmi che vanno in onda attualmente.
Oggi c’è troppo sesso e c’è troppa violenza.
Perché?
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Si è rifiutato di fare lo specchietto per le allodole ed ha scatenato un putiferio. La radio potrà fare a meno di Renzo Arbore? Secondo Enzo Siciliano, presidente della Rai, no. E ce la sta mettendo tutta per farlo tornare sulla sua decisione di mollare l’incarico di direttore artistico della rete radiofonica nazionale. L’ultimo tentativo l’ha fatto prima di prendere l’aereo per Torino, con una telefonata strappacore.
Renzo, sei tornato sulle tue decisioni?
No. La decisione è definitiva. Siciliano molto affettuosamente ha ricordato la nostra amicizia, ma ha ammesso che io sono stato corretto. Il mio rammarico è di fare un piccolo torto a lui.
Insomma, non ha detto: “Arbore chi?”
Siciliano è gentile ed educato. E’ stato uno dei primi intellettuali ad apprezzare il mio lavoro. Non è piaggeria se dico che in fondo parliamo fra artisti. Io artista giullare, lui artista letterato. C’è una consonanza che risale ad antica e ammirazione, quando ci frequentavamo con godimento reciproco.
Siciliano ha usato armi “scorrette”?
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