- 31 Marzo 2005
Io già all’asilo facevo ridere. Facevo le facce, raccontavo le storie e i bambini ridevano. Poi da ragazzo ho deciso di suonare la batteria. Ma quando sono arrivato al Derby, il tempio del cabaret, ho capito che c’era qualcosa di magico. Mi sono detto: io voglio vivere qua. C’erano Paolo Villaggio proprio agli inizi, Cochi e Renato, i Gufi, Gianfranco Funari. Io suonavo la batteria, 5 mila lire al giorno, tutti i giorni, dalle nove di sera alle quattro del mattino, nel mio gruppo «La pattuglia azzurra»: io, mio fratello Fabio, Giulio Cavalli, Carlino Cecconi che oggi fa il fattorino al Corriere della Sera. Il capo del Derby era Gianni Bongiovanni.
Quando stavo con Villaggio e con Renato lo imitavo. Loro mi chiedevano: «Allora, Bongiovanni, com’è la scaletta stasera?».
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- 24 Marzo 2005
Non sono tante le donne che dirigono o hanno diretto un quotidiano. Flavia Perina è una delle poche. Dirige da qualche mese Il Secolo d’Italia, quotidiano di Alleanza Nazionale, un giornale che è sempre stato marginale, fuori dalle mazzette della gente che conta, ma che ha visto passare nelle sue stanze giovani che sarebbero diventati giornalisti famosi o potenti politici. «Il Secolo è stato una specie di scuola di partito, noi l’abbiamo soprannominata “Le Frattocchie de noantri”. Buona parte della classe dirigente del partito è passata da queste stanze. Da Fini a Gasparri a Buontempo. Ed anche molti intellettuali e giornalisti che si sono sparsi un po’ dovunque: Mazza, Socillo, Veneziani, Barbiellini Amidei, Pippo Marra, Massimo Magliaro…».
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- 17 Marzo 2005
Avevo raggiunto Ruggero Guarini, scrittore, giornalista, polemista, uomo di cultura, nella sua bella casa all’ultimo piano di via Ennio Quirino Visconti. Avevamo subito cominciato a parlare con grande complicità tra libri depositati ovunque e continue telefonate. Io domande e lui risposte. Coraggiose, non scontate. Interromperlo era un’impresa. Nei giorni precedenti era stato al centro delle polemiche sulla strage di Primavalle perché era stato lui che aveva contribuito alla stesura del libretto Primavalle: incendio a porte chiuse in cui si era cercato di gettare la colpa sui fascisti. Guarini allora aveva simpatia per l’ultrasinistra. E prima ancora aveva militato nel Pci. Abbiamo parlato veramente tanto, quattro ore, davanti a due registratori, un Sony e un Panasonic, e poi, si era fatto tardi, giù al ristorante, insieme a moglie e cognata, moglie di un giudice di Palermo. Tutti felici e contenti. Sbobino, scrivo, gli mando l’intervista perché gli dia un’occhiata e mi segnali eventuali imprecisioni. Come risposta, mentre il giornale sta per andare in stampa, ricevo il seguente telegramma: «La diffido dal pubblicare l’intervista di cui mi ha mandato copia perché mutila e tendenziosa e comunque non mi ci riconosco. Ruggero Guarini».
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- 3 Marzo 2005
Uomini quasi sconosciuti si muovono dietro il rutilante mondo dello spettacolo. Nomi che dicono poco alla gente: Presta, Mora, Caschetto, Franchino. La gente conosce la Ventura, conosce Bonolis, ma ignora che ogni loro mossa è consigliata, concordata, a volte imposta da questi Richelieu che poco appaiono e molto decidono. Sono i loro potentissimi agenti. Si dice che comandino più dei capistruttura e dei direttori di rete. Lele Mora è il più importante. Quando sono andato ad intervistarlo, in quelle due ore hanno telefonato una dozzina di star che più star non si può. Ero in mezzo ad un crocevia di visibilità e di successo. «Non ho tutto questo potere che dicono», si difende Lele. «Rappresento artisti di un certo valore ma non vado mai da un direttore generale a dire: “Ok, lei vuole Simona, però mi deve prendere due veline, due schedine, e Walter Nudo”. Io non faccio né pacchi né pacchetti come fa qualche mio collega».
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