Serena Dandini - (letta 25.488 volte)

Decine di comici in libreria, vignette su tutti i quotidiani, umorismo in televisione, al cinema, alla radio. Teatri esauriti. Overdose di risate ovunque. È vitalità o crisi? Il fatto che ci siano molti comici vuol dire che c’è molta buona comicità in giro? E soprattutto: che cosa c’è da ridere? Serena Dandini, autrice comica, conduttrice tv, direttore artistico dell’Ambra Jovinelli, spiega: «Più i tempi sono duri, più l’evasione di una risata ti aiuta. Questa guerra infinita, queste elezioni infinite, questo buco dell’ozono infinito, quest’ansia infinita spingono alla risata».
Il livello è basso.
«Certo. Uno fa il provino. Ha un buon tormentone. Viene subito preso e sbattuto in televisione. Quando non funziona più si butta. Usa e getta. E si creano dei disadattati. Aldo, Giovanni e Giacomo hanno fatto una gavetta di anni.

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Ottaviano Del Turco - (letta 6.283 volte)

Quasi sempre il Grande Sindacalista, all’apice della carriera, sceglie di buttarsi in politica. Ed è subito flop. Dagli altari dei grandi problemi sociali passa al tran tran della politica di tutti i giorni. Dai titoloni su trattative che fanno storia scende alle cinque righe di brevi. Alla regola non è sfuggito Ottaviano Del Turco. Lasciato il sindacato (era leader della corrente socialista della Cgil), dopo una breve parentesi da segretario del Psi (quello ormai in disarmo), dopo quattro anni di presidenza alla Commissione antimafia e dopo una veloce esperienza come ministro delle Finanze, pochi giorni fa è stato eletto deputato europeo. Del Turco, perché i grandi sindacalisti non diventano mai grandi politici?

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Franco Bechis - (letta 30.354 volte)

Attenzione: se lo incontrate per strada non raccontategli nulla di riservato. Franco Bechis, 42 anni, è uno di quei giornalisti per i quali la notizia è un mito e non c’è regola morale. Spesso ha un registratore in tasca e un microfono nascosto sotto la manica della giacca. Nel suo ufficio di direttore di Tempo, mi mostra tutti i marchingegni elettronici, suoi complici in decine di scoop. Ne parla come un latin lover delle sue conquiste femminili. "Quando ero capo della redazione romana di Milano Finanza", ricorda, "lo studio personale di Andreotti, primo ministro, era al piano di sotto. Il portiere mi avvisava se arrivavano personaggi importanti e io correvo ad aspettarli in ascensore. Avevo sempre dei registratori nascosti addosso. Praticamente vivevo in ascensore".

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Mario Giordano - (letta 31.119 volte)

Faccia da bel bambino e vocetta stridula. Da stroncare la carriera a chiunque volesse cimentarsi con la tv. Invece Mario Giordano, 38 anni, è un personaggio televisivo popolare, di buona audience, sia col suo tg, Studio Aperto, che con le trasmissioni, Lucignolo e l’Alieno. Quando lavorava a Pinocchio con Gad Lerner, era diventato il Grillo Parlante, quello che aveva da ridire su tutti. Vado da lui nella speranza che sia rimasto quello di un tempo.

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Nerio Nesi - (letta 9.964 volte)

Lo chiamavano il banchiere rosso, Nerio Nesi. Pur essendo un manager affermato, era notoriamente di sinistra. Socialista lombardiano. Nel ’96 venne perfino eletto nelle liste di Rifondazione che più a sinistra non si può. È stato presidente della Banca Nazionale del Lavoro, ha lavorato alla Rai di Torino, all’Olivetti del mitico Adriano. È stato ministro dei Lavori Pubblici. Era uno di quelli che si chiamano «boiardi di Stato», ma affezionato alla bandiera rossa. Ci tiene a dire che è l’unico Cavaliere del Lavoro di sinistra. Per salvare il centro-sinistra ha partecipato alla scissione dei cossuttiani.
Oggi ha abbandonato anche i Comunisti italiani.

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Raffaella Carrà - (letta 36.055 volte)

La mamma di Raffaella Carrà, Iris Pelloni, disse una volta: “Raffaella ama molto i bambini ma credo che non si sposerà. A volte scherzando mi dice: “Vorrei avere un bambino. Fammelo tu che non ho tempo”. Ha avuto molti flirt: è molto volubile in campo sentimentale. E’ una donna che sarà infelice da vecchia. E’ destinata a restare sola”. Una predizione. Oggi Raffaella è alla guida della trasmissione televisiva più orientata sulla famiglia che ci sia.

Lei è sicuro che mia mamma abbia detto questo?

C’è scritto su un giornale.

Mia madre era molto restia a concedere interviste.

Però era preveggente.

Io non ho mai incontrato, se non nella fase adolescenziale, grandi amori che volevano assolutamente sposarmi…

Il calciatore della Juventus, Gino Tacchini…

Non mi sono mai sentita di legarmi. Io non vorrei dare la colpa a mia madre. Ma l’esempio che avevo in casa non era di quelli che ti spingevano al matrimonio. Lei sognava per me quello che non aveva avuto lei. Ma io in amore non ho mai avuto l’incontro fulminante. Il primo amore vero l’ho incontrato a 26 anni, Gianni Boncompagni.

Piaceva a sua madre?

Scherza? Fuoco e fiamme! Gianni mi ha insegnato tutto: l’autoironia, il senso dell’umorismo, il sarcasmo, e anche un po’ di cinismo. Mia madre non era d’accordo: Gianni era separato, aveva tre figlie.

E perché niente figli con Gianni?

Avere un figlio quando c’erano già tre bambine non era proprio una esigenza primaria. Io prima dovevo soddisfare egoisticamente il mio rapporto d’amore. In quel momento è esplosa una carriera internazionale molto forte. Non ebbi la forza di dire mettiamo su famiglia. Era più forte quest’altra. Sono passati gli anni e ho incontrato Sergio. Ed è nato tutto un altro rapporto. I 18 anni della mano nella mano, degli sguardi dolci che non avevo mai vissuto. Anche lui aveva una bambina ed era separato.

Non ce ne sono tanti di uomini liberi e senza figli sul mercato.

Ma quando io avevo 16 anni ce ne erano. Ma non mi piacevano perché io avevo bisogno di un uomo.

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[csf ::: 20:47] [Commenti]
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Massimo Gramellini - (letta 50.920 volte)

Qualcuno lo considera l’erede di Michele Serra. La rubrica di Massimo Gramellini, dieci righe, ogni giorno sulla prima pagina della Stampa, è di quelle che possono uccidere. Guai a quel politico che entra nel suo mirino. Non importa essere di destra o di sinistra. Gramellini non sta da nessuna parte. Ma si diverte di più con la sinistra. Certa destra, dice, fa satira da sola. Basta guardarla per ridere. La sinistra no, si prende sul serio, è permalosa. Veltroni, per esempio…

Veltroni è la tua vittima sacrificale.

I personaggi pubblici sono dei simboli che mi aiutano a raccontare il mondo. Veltroni non è Walter Veltroni. Veltroni è il veltronismo, quel mondo a metà tra cinema, politica, spettacolo, quel cazzeggione superficiale che dice la prima cosa che gli viene in mente. Tu non diresti mai “Va’ dove ti porta il cuore”. Lui invece non se ne vergogna.

L’ha detto veramente?

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[csf ::: 15:19] [Commenti]
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Alla festa per i dieci anni di Forza Italia c’erano tutti attorno a Silvio Berlusconi. Gli ideatori, i fondatori, gli ideologi, i primi parlamentari. Tutti quelli che avevano compiuto il miracolo di creare dal nulla un partito e portarlo al successo in pochi mesi seguendo fedelmente l’intuizione del signore delle televisioni. A fare gli onori di casa era stata scelta lei, la più bella, Stefania Prestigiacomo, la giovane imprenditrice di Siracusa, ministro delle Pari Opportunità. Tutto attorno un’atmosfera di festa e di adorazione per il capo.

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[csf ::: 00:00] [Commenti]
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Vittorio Feltri - (letta 1.566 volte)

A Bergamo c’erano due giornali, uno degli industriali e uno della Curia. Vittorio Feltri finì in quello della Curia. Faceva il critico cinematografico. Erano i tempi di Pietrino Bianchi, critico del Giorno, Giovanni Grazzini, del Corriere della Sera, Alberico Sala, del Corriere d’Informazione. C’era già Morando Morandini alla Notte. Pietrino Bianchi una volta arrivò a Bergamo e disse a Feltri: “Come critico sei una schiappa. Ma sei un grande cronista”. Feltri ci rimase male. Ma Bianchi aveva visto giusto. Sono ricordi di 40 anni fa.

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[csf ::: 20:12] [Commenti]
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Marco Rizzo - (letta 9.201 volte)

Per Piero Fassino è un mascalzone. Per i comunisti italiani è il numero due, dopo Oliviero Diliberto. Per i vecchi amici è Yul, a causa della sua testa pelata come Yul Brinner. Maria Laura Rodotà, quelli con la testa lucida come lui (Velardi, Rondolino, Minniti, La Torre) li chiamava Lothar. Sull’onda, la pelata era diventata trendy e si era diffusa, ma Marco Rizzo, 43 anni, rivendica la primogenitura. «Mi sono rasato a zero 22 anni fa al campeggio». Ma non era un look da fascista? «Un po’. Una volta dei compagni che non mi conoscevano, a una manifestazione, mi volevano picchiare. Erano gli anni Settanta. Io ero del Movimento studentesco torinese».

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[csf ::: 00:00] [Commenti]
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