Ernesto Galli della Loggia - (letta 11.107 volte)

Il libro di Pialuisa Bianco, Elogio del voltagabbana, sta girando l’Italia in una serie di presentazioni che coinvolgono Francesco Cossiga, Sergio Romano, Antonio Martino, Cesare Romiti. E sui quotidiani firme importanti. Paolo Mieli lo esalta sulla Stampa, Eugenio Scalfari lo rintuzza sulla Repubblica. Sullo stesso concetto di fondo, voltagabbana come sintomo di democrazia, si può discutere a lungo. Lo faccio con Ernesto Galli della Loggia, per fare un po’ d’ordine.

Partiamo dal titolo: Elogio del voltagabbana. Due parole di segno opposto, una è positiva, l’altra è negativa.
«Tutti cambiano idea. Il problema è il modo e l’intenzione».
Problema non da poco.
«Disgraziatamente l’intenzione è una di quelle cose che non si possono indagare».
Appunto.
«Quando Dario Fo ha smesso di essere un repubblichino di Salò ed è diventato un democratico, perché lo ha fatto?

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Fiorella Kostoris Padoa Schioppa - (letta 37.817 volte)

Fiorella Kostoris Padoa Schioppa, nome un po’ complesso che racconta radici straniere ma anche un matrimonio con Tommaso Padoa Schioppa, grande personaggio dell’economia e della finanza italiana. Non racconta, almeno finora, la carriera straordinaria di una donna arrivata ai vertici in un settore, quello dell’economia, tradizionalmente riservato al genere maschile. Docente universitaria, presidente dell’Isae, l’Istituto pubblico di analisi e previsioni economiche, consulente del gabinetto del premier francese Jospin, che le ha appena conferito la Legion d’honneur, ma anche della Fondazione tedesca Konrad Adenauer. Fiorella Kostoris Padoa Schioppa non compare quasi mai sui giornali. Il mese scorso, improvvisamente, e anche impropriamente, è entrata nelle cronache mondane in occasione dell’inaugurazione della sua nuova casa, attico e superattico nel ghetto di Roma. Raccontavano le cronache che il ministro Tremonti, arrivato con l’imbucato Bossi e trovandosi di fronte l’odiato Visco, avesse protestato con la padrona di casa bipartisan. E che, di rimando, Fiorella gli avesse contestato l’arrivo inaspettato di Bossi. Una querelle per ministri. Signora Kostoris Padoa Schioppa, parliamone.

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Piero Fassino - (letta 29.004 volte)

Prigioniero di una logica di apparato, incapace di accogliere fino in fondo la sfida dell’innovazione e della modernizzazione. Ecco il ritratto, in due righe, del prossimo segretario dei Ds. È stato Fabrizio Rondolino, ex uomo immagine di D’Alema, su Sette del 13 settembre, a scrivere questa impietosa definizione di Piero Fassino. Reagisce Fassino: burocrate a me? Espressione della nomenklatura a me? «Rondolino è un amico», dice. «Ma quello che ha detto è proprio falso. Tutta la mia storia politica testimonia continui atti di rottura».

Facciamo degli esempi?

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Lamberto Dini - (letta 19.049 volte)

Lamberto Dini è una presenza costante nelle interviste di questa inchiesta sui voltagabbana. Ministro berlusconiano prima. Poi presidente del Consiglio votato dalla sinistra. Infine candidato dell’Ulivo. «Il voltagabbana», dice, «è colui che è stato eletto in Parlamento con un partito e poi durante il mandato aderisce ad altri partiti». Appunto. Data questa definizione, lei come si collocherebbe?

«Io non ero un parlamentare quando sono entrato a far parte del governo berlusconiano».
Sembrerebbe un cavillo.
«Io non sono mai stato di Forza Italia. Venivo dalla cosiddetta Società Civile».

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Claudio Signorile - (letta 32.845 volte)

Claudio Signorile è stato uno dei grandi leader del Partito socialista, uno dei protagonisti della svolta del Midas che vide l’inizio dell’ascesa di Bettino Craxi. Quando il suo partito e stato travolto da Mani Pulite, si è chiamato fuori. Mentre la maggior parte dei suoi compagni migrava verso Arcore lui è rimasto socialista, anzi socialista di sinistra. Eppure entra nella galleria dei sospetti voltagabbana chiamato a gran voce da Lanfranco Pace, l’ex leader di Potere operaio. Pace, nell’intervista a Sette di qualche settimana fa, ricordando i contatti con i socialisti e i brigatisti per cercare di salvare la vita ad Aldo Moro, aveva definito Signorile un voltagabbana. «Prima mi coinvolse nel caso Moro e poi al giudice negò di avermi mai visto». Signorile non si tira indietro e per la prima volta racconta a un giornale i particolari di quei drammatici giorni.

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Adriana Faranda - (letta 23.510 volte)

Armeggia con macchine fotografiche e obiettivi. Il suo compagno, Gerald Bruneau, è un famoso fotografo e lei impara il mestiere facendogli da assistente. Ogni tanto qualcuno la riconosce. Come Francesco Cossiga che, durante un servizio fotografico, le disse: «Ma lei è Adriana Faranda!». «Sapeva tutto di me», ricorda l’ex brigatista rossa. «La mia storia, la mia dissociazione. Fu cortese e signorile. Mi disse che aveva il desiderio di parlare con me di alcune cose. Ma non è più successo». Una domanda però ce l’ho io: ha ragione Lanfranco Pace quando ha rivelato a Sette che a sparare ad Aldo Moro fu Germano Maccari e non Mario Moretti? «Parlare di Maccari mi costa molto. Preferirei evitarlo».
Ma col giudice hai parlato dicendo che a sparare fu Germanao Maccari.
«Dissi quello che sapevo. E non posso che confermarlo. Ma non ce la faccio a scendere in particolari».
Perché tirate fuori a pezzetti la verità sull’omicidio di Aldo Moro?

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Pietro Taricone - (letta 10.637 volte)

«Eleonora? Quella bionda che hanno mandato via e poi riammesso? È splendida». Pietro Taricone, veterano del Grande Fratello, guarda su Stream il Grande Fratello numero due e non ha dubbi: «Con lei ci avrei provato sicuramente». E gli altri? «Il biondo con i tatuaggi di Arezzo è troppo bello.

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Grazia Volo - (letta 27.772 volte)

Ha difeso Silvia Baraldini e Cesare Previti. È amica di quelli del Manifesto e di quelli del Foglio. È la compagna di Paolo Liguori, il giornalista che ha compiuto la lunga marcia da Lotta Continua a Berlusconi. C’è un comune denominatore nelle scelte di Grazia Volo, la donna che ha fatto assolvere Musotto e Calogero Mannino?

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Anna La Rosa - (letta 13.141 volte)

A seguire le cronache rosa del gossip giornalistico italiano sembra quasi che sia stata una delle protagoniste di questa estate. Anna La Rosa, giornalista, popolare autrice e conduttrice di TeleCamere, la trasmissione che ci svela tutte le domeniche la vita privata dei politici, l’abbiamo vista sullo yacht vipparolo di Flavio Briatore. Poi al Billionaire, il locale dove calciatori e letterine spendono 100 mila lire per una minerale non gassata. E subito dopo al centro della festa di TeleCamere zeppa di vip politici, economici e mondani, alla quale i giornali hanno dedicato più spazio che alla festa di Ciampi. C’erano proprio tutti, da Briatore a Gifuni, da Tatò a Gasparri. Potenza dei media che riescono perfino a trasformare una giornalista parlamentare in un personaggio da passerella? Lei non ci sta a questo gioco dei pettegolezzi, a passare dal Parlamento direttamente su Novella 2000. E ricorda la sua professionalità giornalistica, i suoi molti anni passati tra i palazzi del potere a scarpinare, a faticare, a riportare come un segugio notizie esclusive all’Adn Kronos o al Tg2. «Vedi come sono i meccanismi della stampa? Passo per una che ha fatto un’estate vip e invece ho fatte le vacanze con mia figlia Allegra e con mia mamma. A Porto Cervo non c’ero mai stata e ci sono rimasta due soli giorni.

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Teodoro Buontempo - (letta 25.357 volte)

Chissà perché, lo chiamano «Er pecora». Lui, Teodoro Buontempo, sostiene che si tratta di una operazione studiata a tavolino dal suo grande nemico, Francesco Rutelli. Non potendo attaccare Gianfranco Fini, educato, elegante, di buone maniere Rutelli attaccava Teodoro Buontempo, l’uomo più famoso della destra romana, mettendone in luce le origini umili. La cosa funzionò.

«Er pecora» era un buon soprannome. Prese piede. I primi tempi fu un piacere fatto al nemico. «Er pecora» rendeva più popolare Buontempo. Le feste-bene romane se lo strappavano. Tutti volevano vedere come parlava e come si comportava. I salotti televisivi lo invitavano. Poi si accorsero che era un uomo normale, che non si metteva le dita nel naso e che mangiava con coltello e forchetta. Anzi aveva una moglie raffinata ed elegante e tre figli talmente educati che Berlusconi, incontrandoli, li definì «tre piccoli lord». Dopo un po’cominciarono i periodi difficili. Nel suo stesso partito si vergognavano di lui e quando qualcuno lo nominava gli altri alzavano gli occhi al cielo come dire: «Che ci possiamo fare?». Racconta «er pecora»: «Rutelli è una persona cattiva d’animo. Con la complicità del mio partito ha cercato di farmi del male sul serio. Rutelli è l’unica persona per la quale serbo rancore e ostilità»

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