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Il libro si chiama “Che cosa è la mafia”. Autore Gaetano Mosca, giurista, storico, professore universitario, deputato, senatore, sottosegretario. E’ stato stampato la prima volta nel 1949 ma contiene il testo di una conferenza pubblicata la prima volta sul Giornale degli economisti nel 1900. Eppure sembra scritto ieri. Come se nulla fosse cambiato in più di un secolo. Giancarlo Caselli, ex capo della Procura di Palermo, oggi procuratore generale a Torino, ne ha scritto una lunga prefazione, insieme ad Antonio Ingroia, sostituto procuratore dell’Antimafia a Palermo.

Caselli, un libro scritto cento anni fa sembra scritto oggi…

“Mosca già considerava fondamentale, cento anni fa, diffondere la cultura della legalità. Parlava di ruolo progressivo della cultura della legalità in grado di innescare una vera trasformazione psicologica così che dal rispetto per la legalità scaturisca il disgusto per le violenze. Considerazioni attualissime ancorché ancora disattese”.

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Sette anni a Palermo, a combattere la mafia. Vivendo una vita blindata. Lasciando a casa moglie, figli e nipotini. Così Giancarlo Caselli ha raccolto il testimone insanguinato lasciato, da Falcone e Borsellino. Sette anni di successi e di paure raccontati in un libro intervista, “L’eredità scomoda” (Feltrinelli editore). Duecentoventi pagine di domande fatte da Maurizio De Luca e di risposte date da Giancarlo Caselli e da Antonio Ingroia che è stato suo sostituto e che lavora ancora a Palermo.

Perché “eredità scomoda”?

Era il 1992, il nostro Paese era in ginocchio, sconvolto dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio, come se in ginocchio stesse aspettando il colpo alla nuca. La mafia sembrava più. Con due stragi di quella ferocia e potenza militare, a distanza di due mesi una dall’altra, lavorare a Palermo era sicuramente raccogliere una eredità scomoda.

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Vivere blindati. L’immagine è suggestiva. Vivere sempre circondati da uomini armati che ti accompagnano dovunque. Che ti spiegano che cosa puoi e che cosa non puoi fare. Vivere obbedendo a severissime norme di sicurezza che spesso ti mettono in imbarazzo con l’opinione pubblica, con gli amici, con i colleghi.
Gian Carlo Caselli, procuratore della Repubblica di Palermo, vive blindato da 22 anni. Prima perchè si occupava di terrorismo, adesso perchè si occupa di mafia. “Il problema della scorta è che bisogna doverosamente appiattirsi sulle richieste dei ragazzi, bisogna assolutamente obbedire. Non è in gioco solo la nostra vita, mia e dei miei famigliari. E’ in gioco la vita anche degli agenti. E sono loro che comandano e che decidono. A questi ragazzi io devo la massima gratitudine”. E’ sotto la presenza, discreta ed invisibile, dei ragazzi della scorta, che avviene questa chiacchierata, sull’emergenza, sulla mafia, sul terrorismo, con uno dei giudici più famosi d’Italia.

Girare sempre con la scorta può creare qualche problema…

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