Lidia Ravera - (letta 5.209 volte)

Era il 1974. Lidia Ravera era una ragazzina torinese piuttosto scapestrata, colta e intraprendente. Aveva 23 anni. Io la assunsi ad “Abc” e la mandai a fare cose orrende nei confessionali di tutta Italia, oppure a sedurre autonomi per conquistare documenti e scoop. Era una brava giornalista ma “Abc” chiuse e Lidia diventò una scrittrice. Prima con “Porci con le ali”, un libro che segnò una generazione, poi con romanzi meno traumatizzanti e rivelatori. Da allora 14 libri, 59 sceneggiature di film, centinia di articoli e una lunga mancanza di frequentazione fra di noi.
Oggi ci rincontriamo nel suo casale di Ansedonia. “Sette” ha appena pubblicato l’ultimo articolo della serie “Maledetta gioventu” nella quale Lidia Ravera, parlando con Claudio Rinaldi e Paolo Mieli, Gherardo Colombo e Fiamma Nirenstein, Barbara Palombelli e Maria Laura Rodotà, Elisabetta Rasy e Giorgio Montefoschi, Giampiero Mughini ed Ernesto Galli della Loggia, Giuliano Ferrara ed Alberto Ronchey, ha tracciato una specie di identikit della generazione che non vuole invecchiare, quella dei baby boomer, i nati tra il 1946 e il 1955, quelli che hanno fatto, o semplicemente hanno guardato, il movimento del ’68. Le faceva da linea guida il suo ultimo libro, “Maledetta gioventù”, appunto, nella quale ha raccontato la storia di un uomo, una donna, due figli e una giovane amante percorsi da opposte pulsioni ma omogenei nel maledire la giovinezza, quella propria e quella degli altri, quella rimpianta o quella dolorosamente vissuta. Gioventu come ricatto, alibi, debolezza, trincea, bene rifugio.
Alla fine delle sue interviste, sono ora io che intervisto lei, per consentirle un riassunto. Meglio, un’analisi, un riordinamento di idee. Aveva cominciato con Alberto Ronchey, un adulto vero, di quelli che non stanno vivendo patetici tempi supplementari (come ha definito Giuliano Ferrara la terza età). Alberto Ronchey che dirigeva la “Stampa” nel ’68, che ha lanciato la definizione di ”old boys net”, per individuare quel gruppo di sessantottini che oggi si spartiscono il potere nel mondo dei mass media appoggiandosi a vicenda – dice Ronchey – a prescindere dalle loro attuali posizioni politiche.

“Old boys net”: quasi a dire una forma di massoneria…

No, è un tipo di legame più fluido. Non è un patto criminoso. E’ una sorta di vecchia affinità.

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[csf ::: 09:49] [Commenti]
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Monica Maggioni - (letta 36.519 volte)

E’ stata l’unica giornalista italiana "embedded" al seguito dell’esercito americano in Iraq. Causando anche polemiche. E’ giusto che un giornalista segua una guerra praticamente arruolato in uno dei due eserciti? Monica Maggioni sostiene che non c’è tanto da scandalizzarsi. "Io raccontavo quello che volevo". Mezzi soldati e mezzi cronisti? "Vale per gli americani. A volte avevano comportamenti militari". Molti si vantavano di sparare. "Forse qualcuno".

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Sergio Cusani - (letta 5.303 volte)

Per qualche mese è stato il simbolo, diffuso quotidianamente per televisione, dell’Italia dalle mille corruzioni. Sergio Cusani era l’uomo che distribuiva miliardi ai politici per conto di Raul Gardini. Per Antonio Di Pietro era il grimaldello per processare tutta la classe politica italiana. Alla fine Cusani fu il solo a finire in galera. Oggi, a 51 anni, affidato ai servizi sociali, è libero purché torni a casa tutte le sere alle dieci. La sua nuova occupazione è la solidarietà, soprattutto assistere chi è in carcere. Un cambiamento radicale, di interessi e di immagine. Ieri le riunioni di lavoro con Raul Gardini per decidere a quali partiti dare le mazzette. Oggi i dibattiti con Giancarlo Caselli e i convegni con Gherardo Colombo. Di tutte le persone che abbiamo intervistato per questa inchiesta sulla “generazione che non sa invecchiare” è quello che più di tutti ha virato. Con lui parlo del ’68, che lo vedeva a capo del Movimento Studentesco alla Bocconi, della corruzione politica, del carcere. E del futuro.

Hai più sentito Craxi?

No.

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Lino Jannuzzi - (letta 9.884 volte)

"Titolare della vita più strampalata del secolo". La definizione è di Giancarlo Perna. Lino Jannuzzi è una specie di Ernest Hemingway con la pummarola ‘ncoppa. Nato dalle parti di Avellino, principe della goliardia, levatrice di grandi politici della Prima repubblica, consigliere di quelli della Seconda, giornalista autore di clamorosi scoop come lo scandalo Sifar, appassionato di corride, sceneggiatore di film di successo. Vini, poker, donne pazze, lussi sfrenati, auto sportive, sigari, Pamplona, Grand Hotel. Settant’anni di finzioni e di avventure, recita il titolo di un libro, Dell’Utri editore, 300 copie "su carta speciale Hahnemuhle", scritto da Mattia Feltri e accompagnato dai disegni di Vincino. Finzioni e avventure che Jannuzzi smentisce con poca convinzione e molto orgoglio. Tra la realtà e Lino c’è un rapporto ambiguo, giocato sul filo dell’ironia. È un agente del Kgb? Ha avuto una folle storia con Marina Ripa di Meana? Ha rapito Josephine Baker? Ha invaso San Marino e la Jugoslavia? È stato il maestro di Bettino Craxi? È l’uomo che consiglia Giuliano Ferrara, il consigliere di Silvio Berlusconi? Forse. La vita di Jannuzzi è la sceneggiatura di una storia a metà tra James Bond e Groucho Marx. È sempre Giancarlo Perna che parla: "Lino Jannuzzi ha passato i primi trent’anni a non fare un tubo, gli altri vent’anni a fare il giornalista e da 50 anni in poi ha fatto di tutto".

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Gianni Boncompagni - (letta 16.708 volte)

Lo avevo intervistato dieci anni fa, quando aveva appena compiuto 61 anni. Mi aveva detto: «La mia televisione è vuoto pneumatico». Gianni Boncompagni è l’autore di Pronto Raffaella, di Non è la Rai, di Macao. Adesso che ha passato la soglia dei 71 anni, è cambiato qualcosa nella sua televisione?
«Niente».
Sempre televisione vuota?
«Si faccia avanti chi pensa di fare cose che rimangono nella storia. La televisione è come il chewing-gum. La mastichi un po’, senti il sapore, poi la butti».
Non hai voglia di fare televisione impegnata?
«La televisione d’inchiesta è facilissima da fare. Difficile è fare quella stupida».
Il solito paradosso.
«Fare un programma che non si guarda non ci vuole niente. Metti cose incomprensibili. Fatta».
Magalli mi ha detto: sono meglio della televisione che faccio.

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Alessandro Cé - (letta 5.304 volte)

Faceva il medico e il dentista in provincia di Brescia. Poi ha scoperto Bossi. Oggi fa il bulldozer per conto della Lega. Ne ha per tutti: Casini, Follini, Giovanardi, Pisanu, La Russa, Volonté, Borghezio, Bondi. Capogruppo leghista alla Camera, Alessandro Cé incarna il politico verace che parla come mangia, combatte il politichese della Prima Repubblica criticando anche quelli della sua parte. «Io devo rendere conto solo ai miei elettori», dice.

Onorevole Cé, voi leghisti siete come Ghino di Tacco. Pochi voti, grande potere.
«Noi non siamo politici professionisti, noi diciamo sempre quello che pensiamo. Non abbiamo paura di perdere il seggio come tanti nostri alleati. La differenza sostanziale tra noi e An e l’Udc è che noi siamo un po’ matti. Ha presente l’Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam?».

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Francesco Storace - (letta 9.258 volte)

Quello che una volta incontravi nelle peggiori risse politiche dei quartieri popolari di Roma, oggi lo incontri in doppiopetto nella hall di un grande albergo di Fiuggi. Il governatore del Lazio, Francesco Storace, uno dei leader di An, ancora dieci anni or sono era sinonimo di picchiatore fascista.

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Giancarlo Magalli - (letta 11.576 volte)

Una specie di salvagente. Una trasmissione andava male? Pronti! Giancarlo Magalli la rimetteva a posto. Un conduttore dava forfait? Nessun problema. Arrivava Magalli. Più che un conduttore sembrava un idraulico pronto intervento, umile suddito del pianeta Rai oltre che creativo inventore di formule di successo, da Domenica In a Fantastica Italiana. Poi, poco più di un anno fa, Magalli è scomparso. Nessuna nuova trasmissione, nessun programma da «riparare».

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Jas Gawronski - (letta 10.593 volte)

C’è chi lo ricorda corrispondente dalle grandi capitali del mondo, chi impettito conduttore di Big Bang, chi portavoce di Silvio Berlusconi, chi intervistatore del Papa. Oggi Jas Gawronski è europarlamentare di Forza Italia. Pochi sanno che, se le cose fossero andate in maniera diversa durante il fascismo, oggi Jas sarebbe proprietario della Stampa di Torino.

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Francesco Cardella - (letta 18.920 volte)

Francesco Cardella molti lo ricordano editore porno, oppure guru arancione, oppure amico di Craxi, oppure sospettato di aver fatto uccidere il suo migliore amico, Mauro Rostagno, oppure organizzatore di falsi corsi di formazione, oppure latitante in Nicaragua dove viveva su un albero e faceva il pittore e il biscazziere. Io ho un ricordo molto vecchio di lui. Nel 1974 venne a trovarmi nella mia casa milanese in via Orti insieme a sua moglie Raffaella Savinelli, figlia del re delle pipe. Dissi loro di entrare. “Fai entrare anche tuo figlio”, dissi. “Non è mio figlio”, disse Cardella. “È Bobo”. “Fai entrare anche Bobo”, insistetti. Si materializzò davanti a me un piccolo scimpanzé, Bobo, vestito di tutto punto, pantaloni, camicia, cravatta. Andammo a mangiare in un ristorante di Brera, io, Raffaella, Francesco e Bobo. Francesco voleva affidarmi la direzione di “Abc”, mitico giornale della sinistra radicale, quello delle battaglie del divorzio e dell’aborto, in crisi di vendite.

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