Donatella Versace - (letta 11.696 volte)

“Non si fa aspettare una signora”. Mi arrampico sugli specchi: il taxi, il traffico. Ma ha ragione lei. Non si fa aspettare una signora. Il ritardo non ha scuse. La guardo negli occhi e lei sta sorridendo. Mi sta prendendo in giro. Donatella Versace, tra Parigi e Milano, tra un consiglio di amministrazione e una sfilata, si siede su un divano e si sottopone al rito dell’intervista.

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Diego Della Valle - (letta 19.304 volte)

Grandi prati. Una trentina di bambini guidati da maestre si aggirano fra le spaziose costruzioni di una moderna azienda, guardano dentro attraverso enormi vetrate, lanciano gridolini riconoscendo mamme e papà al lavoro, raggiungono di corsa un parco giochi e poi si rifugiano in un asilo dove cominciano a disegnare sdraiati per terra.
In un’altra ala della costruzione si intravedono una decina di persone, uomini e donne, impegnate a muovere quelle macchine infernali che servono per tenersi in forma. Fitness. “Dobbiamo star bene noi e dobbiamo fare stare bene quelli che lavorano con noi. Dobbiamo guadagnare ma non a scapito dei dipendenti”. Due regolette semplici ma rivoluzionarie, almeno al giorno d’oggi.
Diego Della Valle, leader di uno dei gruppi più importanti (500 miliardi di fatturato) nel settore calzaturiero (Tod’s, Hoogan) e dell’accessorio, spiega così la sua filosofia che lo ha portato a costruire la sua ultima fabbrica in maniera così anticonvenzionale. Grandi spazi, soffitti alti, tanto verde, tanta luce. Verrebbe da dire: che spreco. In uno stanzone in cui siamo abituati a vedere trenta persone gomito a gomito, sguazzano sei dipendenti.

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Mimmo Cándito - (letta 5.170 volte)

C’è un plotone che va in guerra e non fa la guerra. Ha i suoi eroi, le sue vittime, le sue canaglie. Sono i reporter di guerra, professione inventata da William Russel che nel 1854 fu inviato dal Times, l’autorevole quotidiano di Londra, alla guerra di Crimea. Scriveva con la penna d’oca. Oggi, l’ultimo inviato di guerra sta scrivendo da qualche sperduta area africana e manda i suoi pezzi con un modernissimo telefono satellitare. Ci sono migliaia di reporter di guerra. Solo quelli italiani impegnati nell’ex jugoslavia erano ottanta. Per la guerra del Golfo si era arrivati a quota 150. Alcune di queste guerre hanno anche fatto molti morti fra la truppa dell’informazione. 64 morti in Vietnam, 48 a Beirut, 86 nella ex Jugoslavia. "I reporter di guerra sono dei figurini che mangiano a sbafo le razioni dei soldati", diceva sir Carnet Wolseley nel 1869 per protestare contro l’intrusione dei giornalisti in quella che doveva essere solo una questione fra militari. Oggi non è più così. Oggi la stampa è ammessa al fronte, ma non sempre la verità trionfa. "La prima vittima della guerra è la verità", diceva Arthur Ponsonby in "Menzogne in tempo di guerra". Ne parlo con Mimmo Cándito, inviato della Stampa, docente di linguaggio giornalistico all’Università di Torino, uno che di guerre ne ha fatte proprio tante.

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