- 31 Ottobre 2002
La satira sta bene? Bisogna porre limiti alla satira? La satira deve colpire a 360 gradi? Noia mortale. Quante inchieste su questi fondamentali interrogativi? Ma con Vincenzo Gallo, in arte Vincino, grande bambino di 56 anni, ci conosciamo troppo bene per cadere nel trabocchetto. Ci conosciamo da quando aveva fondato il Male. L’ho seguito in tutto il suo peregrinare di anarchico-radicale-cane sciolto da un giornale all’altro. Lotta Continua, L’Avventurista, Zut, Tango, Clandestino, Boxer. C’è stato anche un incontro ravvicinato, quando sono stato suo direttore a Cuore. Tanta amicizia, tanta simpatia, tanti scazzi, attività principale in tutti i giornali di satira.
Ora collabora al Corriere della Sera. Ma da quando manda le sue vignette anche al Foglio di Giuliano Ferrara la sinistra lo ha bollato: traditore, voltagabbana, destro. Come la mettiamo Vincino? Sei diventato berlusconiano? Sei libero come prima? Quando hanno bloccato lo speciale di Blob su Berlusconi hai urlato: «Censura!»?
Berlusconi è liberticida? C’è regime in Italia?
«Ma no. È solo il caso di un servo sciocco, Agostino Saccà, che pensa di acquistare benevolenza».
E il fatto che Luttazzi non sia più in Rai?
«Normale turn-over. Ci sono ben altri che mi mancano in Rai».
Tipo?
«Corrado Guzzanti e Serena Dandini».
Santoro e Biagi non sono un caso di censura?
«Santoro ha fatto programmi per la Rai e programmi per Mediaset. L’unico ad averlo licenziato è stato Enzo Siciliano. E anche Biagi è stato licenziato una sola volta, quando era direttore del Tg, dalla tanto rimpianta bella Dc di una volta. In Rai uno fa un programma per un anno, per due anni, poi finisce il programma. Ciclicità. Quanti sono quelli che dovrebbero gridare alla censura?».
La censura è più usata dalla destra o dalla sinistra?
«Da tutti. Ma la sinistra ha una capacità censoria enorme. Se diventi una voce discordante, subito si fa il vuoto intorno. Ti cacciano. Gli amici non ti salutano. Sei un traditore, uno schifoso, un pezzo di merda, uno stronzo. Come è successo a Forattini».
È successo anche a te. La sinistra non ti ama più.
«Non mi perdonano di collaborare al Foglio. Franca Rame, alla trasmissione di Santoro su Travaglio, mi disse: "Non ti considero più mio amico". Il giorno dopo andai a una manifestazione di sinistra e non mi volevano nemmeno fare entrare. Mi hanno fatto a pezzi. Più di tutti il mio caro amico Sergio Saviane che mi manca tantissimo. Fu terrificante. Il giorno dopo gli dissi: "Bravo Sergio, hai scritto una cosa bellissima. Un massacro così non me l’ha mai fatto nessuno"».
Sei un voltagabbana?
«Le mie vignette non sono cambiate. Al Foglio ho trovato spazi di libertà incredibili. Giuliano non mi ha mai censurato nulla».
Dici la verità?
«Semmai qualche problema me lo creano i redattori capo. Quando spingo sul sesso».
Esempio?
«Quando disegnai Carlo d’Inghilterra col pisello di fuori».
Eppure molti pensano che tu sia cambiato…
«Perfino i vecchi sodali del Male, perfino alcuni di Boxer mi ignorano. Quando io mi invento un nuovo giornale di satira chiamo tutti. Quando lo fanno loro, mi ignorano. Ma sai che ti dico? Chi se ne frega!»..
Forattini, secondo te, è cambiato?
«No, anche se può sembrare. La sinistra lo ha così massacrato che lui si è incarognito».
La satira è il contrario dell’adulazione?
«Non sempre. Spesso ha un disgraziato effetto positivo. Rende simpatico il personaggio. Berlusconi è più simpatico di Rutelli perché gli hanno fatto molta satira addosso».
Ti sembra di essere feroce nei confronti del governo?
«Ogni tanto sì. La satira non è feroce sempre. E non è sempre contro il governo. Il lavoro migliore lo feci quando entrai a Montecitorio e cominciai a disegnare i portaborse, le lobbies, tutto quello che stava dietro l’apparato. Per esempio misi a fuoco Miccicchè quando non era nessuno, quando era piccolo».
Disegnavi sempre Miccicchè mentre sniffava, mentre si faceva le canne.
«Mettiamo le cose in chiaro. Se io prendo in giro te perché sei gay, parto dal fatto che anch’io sono gay. Quelle vignette erano una chiamata in correità».
Ai politici dà fastidio la satira. Preferiscono l’adulazione.
«L’adulazione piace a tutti. Vedere Gasparri da Morandi è stato incredibile. Se fossi un autore di quella trasmissione mi dimetterei subito per la vergogna».
A Gasparri piace essere adulato?
«Sicuramente. Ma anche Zaccaria era uno così. Mi ha perfino querelato per una vignetta».
La querela è una forma di censura?
«È una intimidazione che funziona più sui direttori che sugli autori».
Di Pietro sembra che ne abbia fatte più di trecento.
«A una trasmissione televisiva io regalai una piccola Mercedes a Di Pietro. Lui fece il seccato ma alla fine del programma mi disse: "Posso tenerla?". In tv litigano tutti. Poi, spente le telecamere, tutti amici».
Qualche nome di adulatore?
«Io non capisco come faccia Berlusconi a mandare in tv Schifani. Ogni apparizione di Schifani è un disastro. Come Vito. Due disastri».
E a sinistra? Dicono: Velardi, Rondolino.
«Gli addetti stampa fanno il loro lavoro. Mi ricordo il pranzo per Rutelli, cuoco Vissani, organizzato da Velardi. Un milione per partecipare. Si mangiò malissimo. C’era quel poco di classe dirigente che ancora non era sicura della sconfitta. Un poco di Rai, un poco di Bingo, un poco di Iri. E D’Alema che alla fine dice: "Voi state salendo sul carro dei vincitori!"».
Tu hai pagato un milione?!
«Sì. M’ha mandato Il Foglio, fatto una pagina, pagato un milione. Il giorno dopo Velardi mi ha chiesto gli originali delle vignette. Gli ho detto: "Un milione, prego". E l’ha mollato».
Gli adulatori. Torniamo a loro.
«Anna La Rosa. Nemmeno in Romania potrebbe stare. È troppo esagerata. Ma anche Giovanna Botteri. Hai visto il servizio dall’Iraq per il referendum? Tutti contenti, tutti in festa».
Il vero adulatore deve adulare tutti?
«Guarda Paolo Limiti. Ci andava Rutelli, ci andava Pannella, ci andava La Russa. Tutti bravi, tutti belli. Vincenzo Mollica, Tg1: non c’è una canzone brutta, non c’è uno che non sia un grande. Naturalmente anche Bruno Vespa. Il giornalismo televisivo italiano è sempre così. Non ce n’è uno che in una intervista dica: "Guardi che lei ha detto una stronzata"».
I tg non ti piacciono.
«I telegiornali sono fatti per adulare. Sono dei teatrini. Avanspettacolo. L’unico che si salva è Emilio Fede perché l’avanspettacolo lo fa in maniera smaccata».
Sono più suscettibili i democristiani, i socialisti, Forza Italia, o i Ds?
«Nella mia esperienza, i Ds. Una volta disegnai cose di mazzette siciliane, cooperative rosse, miglioristi locali, sindacalisti. Mi si scagliò contro perfino il comitato di redazione del Tg3».
Forza Italia?
«Si è arrabbiata tutta la famiglia del mio amico Miccicchè quando ho raccontato la sua vita».
E i Dc?
«Le associazioni dei genitori cattolici spesso mi denunciano. Una volta pubblicai una vignetta in cui il Papa si alzava le sottane. Finii sotto processo a Civitavecchia. Il mio avvocato chiese di sentire come testimone il Papa. Mi prosciolsero all’istante».
Da ragazzo eri di estrema sinistra.
«Ero e sono anarchico. Quando capii che un po’ di organizzazione ci vuole, passai a Lotta Continua».
Quindi sei uno della lobby…
«Noi di Lotta Continua ci trovi dovunque. Anche agli estremi. Da Enrico Deaglio a Paolo Liguori. Tutti si rispettano».
Per chi voti?
«Radicale. Una volta ho votato per Rifondazione».
Lavorare in un giornale sostanzialmente finanziato da Berlusconi ti dà problemi?
«Il mio lavoro è al Corriere della Sera, ma quando mando le mie vignette al Foglio io non vedo un giornale finanziato da Berlusconi. Vedo un giornale di Giuliano Ferrara, finanziato dalla pubblicità».
Hai mai votato Berlusconi?
«No. Per una volta ho votato liberale al Senato».
Liberale?
«C’era mio padre che si presentava. Ma alla Camera ho votato Lotta Continua».
Un classico. Padre liberale, figlio di Lotta Continua.
«Mio padre era direttore dei cantieri navali di Palermo. Quando c’erano i grandi scioperi, mio padre e i capi dei sindacati se ne stavano un giorno intero a girare in auto con i vetri oscurati per Palermo, poi tornavano, facevano finta di litigare altre 24 ore e la finivano lì».
Ricordi i tuoi amori giovanili?
«Per un periodo frequentai l’Opus Dei. Avevo una relazione con una ragazza e lo raccontai al confessore. Lui disse che dovevo troncarla. Preferii troncare con l’Opus Dei».
Come mai l’Opus Dei?
«Mi ci portò mio fratello. C’era una villa al centro di Palermo in cui si facevano le meditazioni, la messa, le prime colazioni».
Con Lotta Continua, altre cose.
«Facevo il militante. A Gela mi arrestarono. Per fortuna: ero un pazzo scatenato. Rompevo le scatole in una maniera immonda. La mattina alle cinque ero alle fabbriche: a dare volantini. Albe tragiche, a volte gialle, a volte viola, a volte rosse, dipendeva dalla lavorazione di quel giorno del Petrolchimico. Dopo le fabbriche si andava fuori delle scuole e poi all’ufficio di collocamento, che era la parte più divertente. Ogni volta c’erano duecento persone per due posti che venivano dati ai soliti due raccomandati. E allora andavamo ad occupare il municipio. E lì mi buttavo sotto le camionette della polizia. Alla fine mi arrestarono».
Che cosa avevi fatto?
«C’era Guelfo Guelfi, poi un altro, un ricchissimo della famiglia Rocca di Milano, e anche qualcuno di Potere Operaio, Luigi Barzini e Aurora Pasqua Betti che poi è finita nelle Brigate rosse. Gli agenti cominciarono a menarci a freddo. Mi sono fatto un mese e mezzo dentro».Anche in Parlamento non ti è andata bene.«Facevo una striscia su Lotta Continua di cronaca parlamentare. Cominciai a raccontare l’attività dei lobbisti, dei velinari, il ruolo dei giornalisti. Mi dissero che era sconveniente. Che non ci si rompe le scatole tra di noi. Raccontai che dal tabaccaio della Camera dei deputati vendevano gli accendini di contrabbando. Raccontai l’uso improprio delle interrogazioni».
Morale?
«Mi vietarono l’ingresso. Allora presi un permesso per il pubblico. Sotto il cartello che diceva: "Vietato prendere appunti", mi misi a disegnare sul mio taccuino. Successe un casino. Nilde Iotti mi fece venire a prendere dai commessi. Io mi attaccai al cornicione rifiutandomi di consegnare il taccuino. I radicali urlavano: "Guardate lassù: c’è un giornalista che vuole fare il suo lavoro". I comunisti: "Macché giornalista, è un cialtrone". E cominciarono a picchiarsi. La Iotti interruppe la seduta. Un giornalista di Paese Sera mi urlò: "Io ti impiccherei". Mi dettero la loro solidarietà solo Onofrio Pirrotta e Clemente Mimun. Intervenne un radicale che mi liberò. Fortunatamente».
Perché fortunatamente?
«Perché se mi avessero perquisito sarebbe saltata fuori qualche canna».
Spinelli a gogò.
«Io sono uno della beat generation. Da giovane ho provato tutto. Una volta volevamo fare uno scherzo a Pertini. Ci aveva invitato a cena al Quirinale.
C’erano anche Vincenzo Sparagna, Giorgio Forattini, Gigi Melega, Gerardo Orsini. Noi avevamo concordato che alla fine della cena ci saremmo messi a fumare una canna. Una canna al Quirinale! Pertini fu delizioso. Continuava a rivolgersi al "compagno cameriere Aldo", a raccontare di quando era in esilio a Parigi, di come gli piacesse la satira. Poi cominciò a parlare di droga. Disse: "Droghe leggere, droghe pesanti, io darei a tutti la pena di morte". Ci riportammo lo spinello a casa».
Che opinione hai della politica?
«Il mio disprezzo per i politici è enorme. L’unico che stimo è Adriano Sofri. Trovo incredibile che nessun presidente della Repubblica, di destra o di sinistra, abbia ancora firmato una grazia motu proprio. Sono stupito che nessun governo, di sinistra o di destra, lo abbia tirato fuori di galera».
Ci sono delle sentenze…
«Basterebbe una mezza leggina. Se il potere politico non ha la forza di tirar fuori uno di galera che potere è?».
Fra tutti questi politici che non ti piacciono, ce ne sono alcuni che ti fanno più schifo di altri?
«I democristiani. Casini, Buttiglione, Castagnetti, Bindi, uno peggio dell’altro, terribili. Non ho nessun rimpianto della stagione democristiana».
Dicono: avevano senso dello Stato…
«Cominciarono a chiedere i soldi nel ’45. Tangentopoli parte praticamente dal dopoguerra. Per non parlare dei comunisti. Da ragazzini andavano a farsi le vacanze in Romania. E non capivano? Non vedevano?».
Salvi i socialisti?
«Peggio. Soprattutto le seconde e terze file. Salvo solo Craxi e Intini. Alla fine sono meglio questi di Forza Italia che hanno fatto la pubblicità fino a ieri. Sono pacchiani ma non stanno alle regole del gioco precedente, le ipocrisie, le bugie».
Facciamo il gioco della torre. Gasparri o La Russa?
«Butto Gasparri! Mi sembrava intelligente, poi è stato acchiappato dal virus del potere e adesso è un trionfo di volgarità. Si è montato la testa».
Vauro o Altan?
«Butto Altan, e salvo Vauro. È pieno di difetti ma sono difetti stupendi».
Feltri o Belpietro?
«Salvo Feltri. È un grande giornalista. Prende dei cadaveri e li resuscita».
Anche il Giornale di Belpietro va bene.
«Belpietro è meno indipendente di Feltri. Più opportunista».
Di Pietro o Travaglio?
«Butto Travaglio. È uno a cui piace il tintinnio delle manette. Gode della sofferenza altrui».
Flores o Moretti?
«Butto Moretti. È innamorato di se stesso, non sopporta le critiche. È senza fantasia. Io mi vergognerei di ripetere la stessa battuta a tre giornali diversi».
Cofferati o D’Alema?
«Butto Cofferati. Si sente troppo bello».
Gruber o Busi?
«Butto la Gruber. La Busi è insignificante, ma non sopporto la Gruber quando recita la parte dell’aggressiva».
Costanzo o Vespa?
«Vespa mi fa venire i brividi con quello sguardo ducesco. Ma butto Costanzo: sullo sgabellino è insopportabile».
Baldassarre o Saccà?
«Butto Saccà. È il campione della piaggeria. la dichiarazione di voto per Forza Italia a nome di tutta la famiglia era oscena».
Serra o Benni?
«Salvo Benni».
Ma Serra era il tuo direttore!
“Non lo sopporto quando fa il benpensante. E quando si vergogna di essere un po’ razzista».
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